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 2013  novembre 10 Domenica calendario

PD, PREGIUDICATI DEMOCRATICI


Questa è una piccola storia locale, ma dà la misura di quel che è diventata la politica. Tutta. Perché – per dirla col Papa – “la corruzione dà dipendenza, come la droga”. E brucia non solo i miliardi, ma anche i cervelli. Dunque a Torino, nel congresso più pazzo del mondo, un tal Vincenzo Iatì viene eletto segretario del circolo Pd più glorioso e numeroso della città, quello della Barriera di Milano, che oggi conta ben 745 iscritti (più che raddoppiati dal 10 ottobre, quand’erano 346). Chi è Iatì? Un ex ragazzo del Sud che negli anni 90, nel paesone periferico di Borgaro, s’è arrabattato tra furti d’auto e ricettazioni, collezionando più di una condanna e più di un soggiorno nelle patrie galere. L’ultima volta l’hanno arrestato in flagranza di reato perché picchiava la moglie, che prima lo denunciò e poi ritirò la querela. Forte di questo curriculum, ottenuta pure la riabilitazione del Tribunale di sorveglianza (istituto previsto per i pregiudicati che non commettano più reati nei successivi 20 anni), Iatì si dà alla politica. E a cosa, se no? Parte da destra, infatti nel 2009 viene intercettato al telefono con Antonio Mungo, in lista col Pdl per il Comune di Borgaro e sostenuto – secondo gli inquirenti – da Benvenuto Praticò, considerato un “quartino” (cioè un vice-boss) della ‘ndrangheta, che lui stesso avrebbe messo in contatto col candidato. Poi passa ai Moderati, cioè agli ex berlusconiani trasvolati nel centrosinistra. Infine si butta a sinistra (si fa per dire), con i Verdi e poi con il Pd. Dei 700 iscritti in Barriera di Milano, 245 votano per lui, schierato con la corrente del sindaco Piero Fassino. Il quale, va detto, è un tipo accogliente ed ecumenico. Senza puzza sotto il naso, nel senso che non la sente proprio. Il suo braccio destro in Comune è l’ex Pci Giancarlo Quagliotti, condannato per una tangente dalla Fiat. La longa manus dei fassiniani invece è l’ex craxiano Salvatore Gallo, anche lui pregiudicato per mazzette ospedaliere, dunque padrone di un quarto delle tessere del Pd sotto la Mole e padre di un assessore della giunta Fassino e di un dirigente dell’azienda comunale dei trasporti. E un alleato di ferro del compagno sindaco è un altro ex socialista, Giusy La Ganga, che ha patteggiato per Tangentopoli. Siccome non c’è il tre senza il quattro, è arrivato anche Iatì. Un anno fa Fassino e tutto il cucuzzaro stavano con Bersani favorito su Renzi. Ora, con agile balzo, stanno con Renzi favorito su Cuperlo. Hanno appena fatto eleggere segretario provinciale Fabrizio Morri, finito in un mare di polemiche per il caso Iatì. Ma lui si difende dicendo: “Non lo conosco”.

Cioè: il nuovo leader del Pd torinese, che bazzica la federazione da 30 anni, non conosce il segretario della prima sezione della città: ma dov’è stato in tutti questi anni, in letargo? E chi dovrebbe conoscerlo, Iatì, se non lui? Ora però, grazie ai giornali, conosce almeno il suo casellario giudiziale: dunque lo caccia, commissaria la sezione che l’ha eletto e annulla la votazione? No, anzi: si accontenta dell’“autosospensione” di Iatì (che non vuol dire dimissioni) e lo dipinge vittima di “inquietanti dossieraggi interni”. Come se la fedina penale di un politico fosse un gossip che lede la privacy. “Io sono garantista e non sono un poliziotto”, aggiunge il Morri. Ma avrebbe potuto dire pure “io sono vegano e non sono un rugbista”, perché il garantismo non c’entra nulla con i pregiudicati in politica e i poliziotti con Iatì han già fatto il loro lavoro. L’unico che, in questo dibattito lunare, ci fa un figurone è proprio Iatì: “Si tratta di fatti vecchi – precisa – e non ho mai ucciso nessuno”. In effetti qualche furtarello e un paio di ceffoni alla moglie non sono certo più gravi delle tangenti, specialità dei fedelissimi di Fassino. A questo punto manca soltanto che salti su Berlusconi a obiettare: ma l’unico condannato che volete cacciare dalla politica sono io? Ma allora ditelo che il mio problema non è che sono pregiudicato, ma che sto nel partito sbagliato.