Danilo Taino, Corriere della Sera - La Lettura 10/11/2013, 10 novembre 2013
AIUTI UMANITARI , L’AVARO CALICE
La discussione sull’efficacia degli aiuti allo sviluppo è piuttosto vecchia e in un certo senso si sta risolvendo da sola. Negli scorsi vent’anni la povertà estrema nel mondo si è dimezzata, grazie soprattutto alla crescita economica straordinaria della Cina, ma anche dell’India e di altri Paesi emergenti. Gli aiuti dei Paesi ricchi hanno avuto un ruolo marginale in questo straordinario risultato: molto di più hanno contato la crescita del commercio internazionale, l’apertura delle economie una volta protette, i flussi di investimento globali, il miglioramento della governance e l’ampliamento della democrazia in una serie di Paesi. Gli stessi molto criticati investimenti cinesi in Africa sono probabilmente una delle ragioni della crescita robusta che si registra in alcuni Paesi del continente, più dell’assistenza allo sviluppo che raramente ha creato le basi della crescita economica. Esistono però aree — vaste — nelle quali gli aiuti sono e saranno importanti.
L’assistenza umanitaria — cioè quella indirizzata ad aiutare le popolazioni colpite da catastrofi naturali o create dall’uomo, sia come emergenza che come intervento di medio periodo — resta uno dei compiti principali della comunità internazionale. Ed è ancora insufficiente: la crisi economica degli ultimi anni, anzi, l’ha resa ancora più inadeguata.
Il rapporto 2013 di Global Humanitarian Assistance — un’iniziativa che produce informazioni in questo campo — indica che negli ultimi anni le necessità di interventi umanitari sono state coperte dagli aiuti internazionali in misura sempre minore, dal 72,4% del 2007 al 62,7% del 2012. Quest’anno la copertura dei bisogni potrebbe non arrivare al 50%. Si tratta di interventi su terremoti e inondazioni, a favore di popolazioni profughe, di programmi di assistenza alla ricostruzione di Paesi colpiti da catastrofi o dalla guerra. Noi italiani siamo un po’ avari: nonostante facciamo parte del G8, nel decennio 2003-2012 siamo stati solo tredicesimi nella classifica dei maggiori donatori. L’anno scorso, ognuno di noi ha contribuito per 5 dollari (meno di 4 euro) agli aiuti umanitari: cifra che si confronta con i 101 dollari dei norvegesi e con i 14 dei turchi. Sarebbe interessante un referendum per sapere se siamo pronti a dare di più, oltre a commuoverci dei profughi che arrivano a Lampedusa.