Mattia Feltri, La Stampa 10/11/2013, 10 novembre 2013
FRATELLI COLTELLI: LA NUOVA DESTRA PROVA A RISORGERE DALLE SPOGLIE DI AN
La Destra più Io Sud più Fiamma tricolore più qualcosa di Futuro e libertà più altre sigle di non grande risonanza (Sovranità nazionale, Tradizione e libertà, Libertà e futuro, Tradizione e futuro, Nuova alleanza...) è un’addizione il cui totale dovrebbe dare An. A far le somme si sono messi ieri i leader dei suddetti partiti - o movimenti - all’Hotel Parco dei Principi di Roma, vicino a Villa Borghese. E dunque il battagliero Francesco Storace, Adriana Poli Bortone, Luca Romagnoli. E il povero Roberto Menia, in rappresentanza di Futuro e libertà, intanto che i fondatori del partito futurista sono dispersi per il mondo: di Gianfranco Fini diremo, Benedetto Della Vedova è senatore di Scelta civica, Italo Bocchino lavora col vecchio amico costruttore Alfredo Romeo, Flavia Perina ne ha semplicemente le tasche piene. E però non è che i conti tornino tanto; è anche una questione di poche ore e di pochi chilometri di distanza.
Ieri mattina, all’Hotel Nazionale, a fianco di Montecitorio, altri rimasugli di Futuro e libertà si sono riuniti per fondare Mit-Modernizzare l’Italia, dove Mit significa Movimento per l’Italia, nome curiosamente già scelto anni fa da Daniela Santanchè in una delle tappe della sua vivace carriera politica. Qui i boss sono Enzo Raisi, Angela Napoli e Maurizio Saia, non protagonisti di primissimo piano della storia nostra politica. Oggi terzo appuntamento: all’Hotel Minerva, dietro al Pantheon, si vedono quelli di F.lli d’Italia per lanciare l’Officina per l’Italia a cui aderisce Gianni Alemanno con Prima l’Italia (perdonate le rime: ma è colpa della non funambolica fantasia ex missina) oltre all’ex casiniano Luciano Ciocchetti. A consegnare un po’ di tono al meeting ci sarà la visita interessata di due curiosoni come Marcello Pera e Giulio Tremonti, che quand’era ministro dell’Economia le sentiva su ogni giorno da Guido Crosetto, oggi segretario di F.lli d’Italia. Officina per l’Italia si distinguerebbe dalla nuova An di Storace perché, ha detto ieri Ignazio La Russa, «partiamo dai principi di Fiuggi (dove fu sepolto il Movimento sociale) per andare oltre An». Il vero rischio è che a questo punto i lettori siano afflitti da emicrania.
Ripartiamo da capo: Storace e gli altri, venerdì sera, hanno depositato da un notaio l’atto fondativo (due articoletti) del Movimento per Alleanza nazionale. Il nome classico, An, con cui sperano di presentarsi alle Europee per «mettere in minoranza l’Europa di Angela Merkel», come ha detto ieri Storace, non può essere usato. Appartiene alla Fondazione An e in un’intervista al Tempo il presidente Franco Mugnai ha ricordato che anche l’uso del simbolo va concordato con la Fondazione medesima. Fosse solo quello. La Fondazione amministra un patrimonio prossimo, si dice, ai 250 milioni di euro. Attorno a certe cifre il fair play si annacqua, e una settimana fa Maurizio Gasparri e Storace hanno fatto un numero su twitter. Gasparri ha definito la nuova An un partitino «che prepara il ritorno del cognato di Tulliani». Bella ruspante la risposta di Storace: «Restituiteci il simbolo e tenetevi il bottino». Storace non s’è fermato più: «Sono stati spesi 26 milioni» e non si sa in cosa, ha scritto. E ha concluso: «An era pulita, non ripulita». Parole buone per rinvigorire il vecchio orgoglio di destra. Ieri all’Hotel Parco dei principi erano in circa duemila, pronti a far fuoco alle parole d’ordine. No ai matrimoni gay, non all’eutanasia, aiutiamo gli immigrati a casa loro eccetera. E che splendido boato quando Giuliana De’ Medici, figlia di donna Assunta Almirante (peraltro contraria all’operazione storaciana: «Non mi piaceva neanche la prima, di An. Figuriamoci la seconda») e presidente della Fondazione omonima, ha detto che sarebbe meglio se il nuovo partito si chiamasse direttamente Movimento sociale.
È chiaro che in un posto così Fini ci poteva stare venti anni fa, e infatti ci stava e comandava. Ora non più. Ma che a casa si annoi e cerchi di rimettersi in pista è abbastanza evidente e lui lo ha confermato proprio ieri. Come molti sanno, è uscito il suo libro (Il Ventennio, Rizzoli) da cui ci si aspettava del sale e del pepe. Invece niente. A Fini non va di litigare. Lo si rivede in tv a parlare del libro e del futuro della destra italiana. Da twitter era scomparso il 21 febbraio, tre giorni prima delle elezioni per lui disastrose, e dopo il seguente tragico messaggio: «Grazie a tutti i militanti per la passione e l’orgoglio che quotidianamente dimostrate. Siete la nostra forza». Poi latitanza fino al 27 ottobre, e da lì il diluvio. Indica i valori della destra. I nuovi orizzonti. Garantisce di non cercare una candidatura. Soprattutto si interroga sulla tempra di Angelino Alfano: «Fino a quando potrà dirsi diversamente berlusconiano?». «La prossima vittima del metodo Boffo? Alfano stia attento». E a chiudere, ieri, l’Intervista all’Unità in cui, alla domanda «con Alfano può esserci un confronto?», ha risposto: «Sentiamo come la pensa». Insomma, è di nuovo in mezzo a noi e, in tutto questo, stavamo trascurando di ricordare quel paio di ex colonnelli finiani - Gasparri e Altero Matteoli - ora in Forza Italia con Silvio Berlusconi. Per dire che magari An davvero rinasce, ma sarebbe figlia di enne enne.