Cristina Cimato, MilanoFinanza 9/11/2013, 9 novembre 2013
IL FUMO VA IN FUMO
Sono spuntati come funghi in tutte le città e ora stanno chiudendo a domino. I negozi di vendita delle sigarette elettroniche hanno vissuto un momento di fulgore ma adesso, complice anche la tassazione al 58,5% che dovrebbe entrare in vigore dall’1 gennaio 2014, molti stanno serrando le saracinesche. A venire in aiuto alla e-cigarette è però una delle figure scientifiche più in vista, Umberto Veronesi, che porta alla comunità i risultati di un piccolo studio pilota condotto da Carlo Cipolla, direttore della Cardiologia all’Istituto europeo di oncologia, e che ha coinvolto anche il San Raffaele e il Centro cardiologico Monzino. Sono stati arruolati 65 pazienti fra i malati affetti da tumore o infarto del miocardio, fumatori di almeno 10 sigarette da almeno 10 anni, che nonostante la salute precaria non riuscivano a smettere di fumare. Dopo sei mesi il 60% di coloro che hanno utilizzato una sigaretta (che non conteneva nicotina) non ha ricominciato, contro il 32% di chi non l’ha utilizzata. E coloro che non hanno smesso, hanno quantomeno ridotto maggiormente la quantità di fumo tradizionale rispetto agli altri pazienti. «Se tutti coloro che fumano sigarette tradizionali utilizzassero quelle senza tabacco salveremmo almeno 30 mila vite all’anno in Italia e 500 milioni nel mondo. Il dibattito sulla sigaretta elettronica si è concentrato su molti fattori: chi le deve vendere, quali interessi nascondono e se lo Stato ci deve o può guadagnare. Pochi si sono concentrati sulla salute dei cittadini. Il nostro Stato sulla tragedia del tumore causato dal fumo lucra, invece di combatterla con ogni mezzo». In virtù di questi dati, parziali perché riferiti a un lasso di tempo breve per trarre conclusioni definitive e su un gruppo troppo esiguo di pazienti, sta per partire allo Ieo un nuovo studio molto più ampio, che coinvolgerà 200 fumatori seguiti per sei mesi, valutati dopo un anno e poi monitorati fino a cinque anni. Questi verranno divisi in tre gruppi. Uno assumerà sigaretta elettronica senza nicotina, un altro lo stesso strumento con nicotina, un terzo nulla.
e-sigaretta, ma la nicotina? Anche all’interno di Ieo nno ci sono visioni univoche rispetto a questi strumenti che dovrebbero, almeno così si auspicano gli scienziati, facilitare l’interruzione del fumo. Carlo Cipolla, che ha condotto lo studio pilota, non è favorevole all’utilizzo della sigaretta elettronica contenente nicotina perché, se non provoca tumori, nuoce comunque all’apparato cardiocircolatorio. Un recente studio randomizzato e condotto all’Università di Auckland ha osservato un gruppo di adulti per verificare se il consumo di sigaretta elettronica sia più efficace dei cerotti con nicotina per aiutare i fumatori a smettere. A sei mesi i dati hanno mostrato un’astinenza lievemente maggiore in coloro cui era stata somministrata la sigaretta elettronica con nicotina rispetto al cerotto e al dispositivo senza nicotina. Ma gli stessi ricercatori indicano un’insufficiente potere statistico per affermare la superiorità delle sigarette elettroniche con nicotina rispetto agli altri strumenti, auspicando nuovi approfondimenti scientifici.
Vie in fiamme. Sui possibili danni delle sigarette senza tabacco si stanno concentrando alcuni studi tra cui quelli di Costantin Vardavas, ricercatore del Center for global tobacco control alla Harvard School of medical health, che nel 2011 ha verificato in una piccola indagine i danni alle vie aeree provocati da questi dispositivi. I ricercatori avevano verificato che dopo soli cinque minuti di inalazioni si potevano notare i segni di costrizione delle vie aeree e infiammazione. Gli esperti hanno affermato la necessità di ulteriori studi, soprattutto atti a valutare gli effetti a lungo termine di questi stati infiammatori.
C’è aria di fumo. L’Istituto nazionale dei tumori di Milano, in collaborazione con l’University of Southern California e con la Cornell University di New York, ha avviato uno studio, di cui si avranno i risultati entro fine anno, che sta valutando la presenza di particelle tossiche emesse dalla sigaretta elettronica (con e senza nicotina) e di quelle contenute nel fumo di tabacco, mettendole a confronto. L’analisi riguarda le polveri fini e ultrafini, i composti organici volatili, gli idrocarburi policiclici aromatici, il monossido di carbonio, i metalli pesanti e la nicotina. «In un ambiente confinato si verifica in tre diverse situazioni, ossia in presenza di fumo tradizionale, sigarette elettroniche con nicotina e dispositivi che ne sono privi, l’emissione di agenti inquinanti, tossici e potenzialmente cancerogeni», spiega Roberto Boffi, responsabile del Centro antifumo dell’INT, «l’analisi viene effettuata sulle sostanze emesse attraverso il fumo e il vapore liberato dal dispositivo. Confidiamo che questo studio dia qualche certezza in più rispetto all’innocuità o meno delle sigarette elettroniche».
Allarme al femminile. Il vizio del fumo coinvolge 10,2 milioni di italiani ed è l’unico fattore di rischio certo per lo sviluppo del cancro al polmone, responsabile di quasi il 30% dei decessi fra le forme tumorali conosciute. Per sensibilizzare la popolazione sul tema novembre è diventato il Lung cancer awareness month. In questa occasione l’associazione Walce Italia (Women against lung cancer), grazie al contributo di Lilly Italia ha commissionato un’indagine di Gfk Eurisko sulle abitudini al fumo degli italiani, svolta accedendo a un patrimonio di dati di 15 anni (quasi 10 mila persone da 18 anni in su) e con un focus particolare sulle donne e il fumo. Negli ultimi 15 anni è calato il numero di fumatori in Italia (dal 31% del 1997 al 21% nel 2013), ma sono oggi ancora oltre 10 milioni le persone che fumano mediamente oltre 14 sigarette al giorno. «Il fumo è il fattore con la più stretta correlazione con il rischio di malattia. Se si eliminasse quello, il carcinoma al polmone diventerebbe una patologia rara», commenta Silvia Novello, pneumo-oncologa presso il dipartimento di oncologia, Università di Torino, AOU San Luigi Orbassano e presidente Walce onlus, «invece l’incidenza è addirittura in aumento. Uno dei problemi è che a livello europeo non esistono fondi stanziati per campagne di sensibilizzazione destinate ai giovani, ossia coloro su cui è fondamentale agire», continua Novello, «un approccio che sembra invece efficace, se in California e nello stato di New York dove le campagne contro il fumo sono state incisive e capillari si è verificata una riduzione di mortalità in tutte le fasce, mentre in altri stati, soprattutto del sud degli Stati Uniti, senza una buona campagna la situazione non è migliorata». Anche per le donne sembra rendersi necessaria una specifica attività di sensibilizzazione considerato che, dai dati a disposizione oggi, la percentuale di fumatrici appare in crescita rispetto ai maschi. E le donne fanno fatica a smettere anche in momenti delicati come la gravidanza.