Andrea Montanari, MilanoFinanza 9/11/2013, 9 novembre 2013
RIZZOLI, QUANTI AUTOGOL
Ci mancava solo l’inchiesta per appropriazione indebita aperta giovedì 7 novembre dal procuratore aggiunto Francesco Greco, uno dei magistrati più tosti del pool di Milano. Il buco nei conti di Rcs Sport, si dice di 10-13 milioni, denunciato con un esposto da Rcs Mediagroup che si ritiene parte lesa - nella trimestrale che verrà approvata mercoledì 13 figurerà una riserva di quasi 10 milioni - è solo l’ultima tegola caduta sulla testa di soci e soprattutto manager dell’azienda di via Rizzoli negli anni recenti. Al punto che nella serata di venerdì 8 il sito del Corriere.it ha anticipato la lettera inoltrata da Diego Della Valle (8,99%) al presidente Angelo Provasoli nella quale tra le altre cose si chiede l’azzeramento del cda.
L’escalation è iniziata almeno un anno fa con il duro confronto sull’efficacia e sulla valenza del patto di sindacato, sciolto nelle settimane scorse per la gioia di molti (a partire dallo stesso Della Valle). E’ poi proseguita con la diatriba sull’aumento di capitale, completato in estate, fondamentale per tappare la falla del profondo rosso di bilancio legato alle svalutazioni dell’asset spagnolo Unidad Editorial. Questo tema è tornato d’attualità dopo il confronto tra azionisti, dirigenti, sindacati dei giornalisti e pure l’Ordine nazionale della categoria che ha presentato un esposto ad hoc in Procura.
Poi la guerra sulla vendita degli immobili di via San Marco e via Solferino, sedi rispettivamente della Gazzetta dello Sport e del Corriere della Sera, che ha visto contrari Intesa Sanpaolo (6,5%), in particolare nella figura del presidente del consiglio di sorveglianza Giovanni Bazoli, Pandette (3,38%) che ha votato contro in cda e Urbano Cairo (2,84%). Ed è su questo tema che si concentrano gran parte delle accuse della missiva che mr Tod’s ha indirizzato a Provasoli.
I dubbi di tutti questi soci, come ha sintetizzato a MF-Milano Finanza Claudio Calabi, ex manager Rcs e ora presidente di Pandette, sono: il tempismo non perfetto e soprattutto la reale valenza della cessione, per 120 milioni, al fondo Blackstone, molto esposto con Intesa. Ragioni ancora tutte da svelare visto che il gruppo guidato dall’ad Pietro Scott Jovane si è garantito la permanenza delle redazioni e dei poligrafici in loco a un affitto elevato, per qualcuno addirittura fuori mercato. Vendere a 4 mila euro al metro quadrato due immobili di pregio, in centro a Milano, non è una mossa delle più azzeccate in questa fase di mercato. Ma come mai si è arrivati a questa soluzione invece di vendere i giornali (El Mundo e Marca) spagnoli, che interessano a imprenditori quali Cesar Alierta di Telefonica ed Emilio Botin del Santander?
I motivi, come ha ricostruito MF-Milano Finanza, sarebbero due: uno finanziario, l’altro più di politico. Nonostante i conti in rosso che saranno presentati mercoledì 13 (c’è il fondato rischio che la crisi della raccolta pubblicitaria sulla stampa, italiana e spagnola, incida sui margini ed estenda la perdita), la società non aveva urgenza di cassa per dover concludere a tutti i costi l’affare. Piuttosto ci sarebbero state condizioni contrattuali da rispettare, relative al rifinanziamento e alla ristrutturazione del debito concessi da Intesa, Unicredit, Mediobanca, Ubi, Bpm. In particolare uno di questi istituti avrebbe messo nero su bianco l’obbligo di cedere gli asset per abbassare l’esposizione, altrimenti Rcs e le stesse banche si sarebbero dovute sedere nuovamente a tavolino per studiare un nuovo intervento patrimoniale.
L’altra motivazione che ha spinto il board ad approvare a maggioranza (due i voti contrari) è appunto politica: Jovane, forte del sostegno di Fiat (20,55%) e del suo presidente John Elkann, ha voluto dare un segnale di forza e di affermazione del ruolo. A ben guardare, in effetti, la mancata vendita avrebbe potuto creargli qualche problema visto che il top manager aveva sempre ribadito la volontà di cedere le proprietà. Argomento che ora, dopo il j’accuse di Della Valle, sarà di competenza del complesso assetto azionario. Anche perché, in seguito ai tanti comunicati di denuncia dei comitati di redazione di CorSera e Gazzetta dello Sport, la questione potrebbe finire sotto il faro della Consob, che per questo nei giorni scorsi ha ascoltato l’ad Jovane.
Ma il ballo del mattone non è che l’ultimo incidente di percorso, perché ora il mercato teme conseguenze dopo l’apertura dell’inchiesta sugli ammanchi di cassa di Rcs Sport, la società ricca e solida, che organizzata eventi (ciclismo, basket, motori, calcio, tennis, podistica) professionistici (il Giro d’Italia è il fiore all’occhiello) e dilettantistici. Silla controllata, oggetto di un forte rimescolamento di dirigenti e incarichi, sono in corso approfonditi audit di Ernst&Young. Il problema da finanziario si è trasformato in legale e rischia di sfociare in un autogol per la casa editrice, che negli ultimi anni aveva già portato a termine due audit sulla stessa Rcs Sport, i cui bilanci sono certificati da sindaci e revisori dei conti proprio come quelli della capogruppo quotata. Anche se c’è il sospetto che il buco sia riferibile tutto al 2012.