Ferruccio Sansa; Davide Vecchi, Il Fatto Quotidiano 9/11/2013, 9 novembre 2013
CARIGE, DA CASSAFORTE DELLA LIGURIA A BANCA DEGLI AMICI
Non molleranno l’osso, la settima banca italiana con una capitalizzazione di 3,29 miliardi. Carige è la cassaforte della Liguria, quella che decide che cosa si deve finanziare e cosa no. Trema la Liguria del potere: prima Bankitalia, poi due procure – Genova e Savona – indagano su Carige dopo decenni in cui pochi avevano osato metterci becco. Ma oggi scricchiola Carige e tutto il sistema di potere. Perché la Liguria è diventata il porto franco dove gli amici degli amici di tutti i partiti fanno affari, lontano dai riflettori di Roma. Centrosinistra di area dalemiana riposizionata su Renzi, centrodestra di Claudio Scajola e Luigi Grillo, amici della Curia romana (non a caso lo Ior aveva tentato di mettere radici nella Carige). Con l’aggiunta dei Furbetti del Quartierino, vedi Gianpiero Fiorani che voleva reinvestire i proventi delle sue scalate. E l’ex governatore Antonio Fazio aveva qui sponde, a partire da Luigi Grillo. Così il cappio ha strozzato la regione, l’ha portata al collasso. Un po’ come a Siena per il Monte dei Paschi, anche se la situazione ligure pare meno allarmante.
In Liguria come in Toscana, i problemi degli istituti di credito emergono quando il sistema politico si sfalda. Tutto è in un’immagine: la Finanza che ieri torna in Regione dove quasi la metà dei consiglieri è indagata. Dove due vice-presidenti della Giunta si sono dimessi per gli scandali. E intanto Burlando lancia la kermesse stile Leopolda, cioè i vecchi volti del Pd ridipinti da renziani.
La crisi della politica, della finanza: della città
Crisi della politica, della finanza. Della città. Genova, ormai deindustrializzata, con le partecipazioni statali defunte da un pezzo e con gli ultimi residui (Ansaldo Energia, Ansaldo Sts, Fincantieri) in vendita o in difficoltà; con l’eclissi dei grandi industriali, con banche e aziende storiche traslocate o morte. Genova rimasta anche senza guide morali: dopo Fabrizio De Andrè anche don Andrea Gallo. La Liguria, insomma, con le spalle strette. Rossa da sessant’anni, ma soltanto di nome, perché nei fatti la ricetta Burlando-Scajola ne ha fatto un laboratorio di un inciucio a 360 gradi prima che la formula fosse consacrata dal governo Letta. Carige era un parlamentino parallelo, di equilibri studiati con il bilancino. Banca dove alle assemblee si parla genovese.
A tenere la barra del timone fino a pochi giorni fa Giovanni Berneschi (banca) e Flavio Repetto (Fondazione). Berneschi, ragioniere entrato in banca mezzo secolo fa e arrivato al comando, gradino dopo gradino. Alto, asciutto, capelli da “pianista folle”. Manager ruvido che trasforma i propri limiti in vanto, che i fine settimana si chiude nella tenuta in val di Magra: canottiera bucata, cappellaccio, pantaloncini corti alla guida del trattore. Repetto, self made man cattolico che crea il business delle mense. Poi rileva la Dufour, compra la Novi e la Baratti & Milano.
Beneschi e Repetto, garanti dell’alleanza partitica
Berneschi e Repetto, a lungo amici, garanti dell’alleanza benedetta dai partiti. Basta vedere chi sedeva nel cda dell’epoca Berneschi (assolto dall’accusa di aggiotaggio per la scalata Unipol-Bnl). Accanto a lui il fratello di Scajola, Alessandro, (vicepresidente). Nella fondazione anche il consuocero. Vicepresidente della Fondazione era Pierluigi Vinai, scajoliano, candidato sindaco Pdl a Genova con l’appoggio del cardinale Angelo Bagnasco. Nella controllata Carisa (Savona) ecco Luciano Pasquale definito da Claudio Scajola “manager di grande caratura”. Nella Carige c’era anche Luca Bonsignore, figlio dell’europarlamentare Vito (Udc poi Pdl, nominato nelle intercettazioni telefoniche di Massimo D’Alema ai tempi dei furbetti del quartierino). Poi ecco Alessandro Re-petto, già presidente della Provincia di Genova (centrosinistra). Sì, anche il Pd fa sentire la sua voce: nel consiglio di indirizzo della Fondazione ex onorevoli come Graziano Mazzarello ed ex assessori come Massimiliano Morettini (toccato dall’inchiesta Mensopoli, prosciolto). E poi storici tesorieri del Pci ligure a guidare le banche del gruppo. Ma soprattutto le Coop, socie di Carige. Nel cda della banca Bruno Cordazzo, presidente di Legacoop Liguria. Non poteva mancare la Curia, cui la Regione di Burlando lasciò il posto che le spettava nel cda della Fondazione. Dalla banca transita anche Marco Simeon, pupillo di Tarcisio Bertone e Angelo Bagnasco, poi volato a Roma (Rai).
Intanto la banca finanziava operazioni gradite all’establishment: come la cittadella degli Erzelli, ideata dall’imprenditore Carlo Castellano (ex membro dell’assemblea nazionale Pd) e sostenuta dal centrosinistra. Ma nelle carte di Bankitalia si parla anche dei finanziamenti al patron del Genoa, Enrico Preziosi, alla famiglia Orsero, i re della frutta. Per non dire delle operazioni immobiliari della famiglia Spinelli (ex patron del Genoa, poi del Livorno) e della Curia di Savona. Infine l’imprenditore Andrea Nucera (latitante ad Abu Dhabi), re del mattone in Liguria amato da sindaci e architetti del centrosinistra.
Intanto per la fondazione si fanno nomi di Paolo Odone (gradito al Pdl), dell’ex sindaco Beppe Pericu, Pd, e di Enzo Roppo anch’egli vicino da sempre al centrosinistra. Che nessuno porti scompiglio nella sala dei bottoni.