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 2013  novembre 09 Sabato calendario

BERLUSCONISMO ROSSO


Leonardo Domenici, per dieci anni sindaco di Firenze e ora eurodeputato del Pd, ha scritto una lunga lettera al Corriere per commentare la sentenza di primo grado che ha assolto quasi tutti gli imputati dello scandalo urbanistico dell’area “Castello-Fonsai”. Secondo l’accusa, alcuni suoi assessori avevano favorito il proprietario dell’area, Salvatore Ligresti, in cambio di favori. Infatti erano accusati di corruzione. Ma l’accusa, almeno in Tribunale, è caduta. Tanto basta a Domenici per tuonare contro la Procura e i giornali che l’avrebbero colpito con un “attacco mediatico molto violento”. Dopodiché, scrive, “è arrivata l’assoluzione di tutti gli imputati dall’accusa di corruzione”. Il che è vero, ma dimentica di aggiungere che il suo ex assessore all’Urbanistica Gianni Biagi è stato condannato per abuso d’ufficio e turbativa d’asta. Non è poco, per chi – come l’ex sindaco – giunse a incatenarsi sotto la sede del gruppo Espresso per rivendicare l’assoluta trasparenza della sua giunta. Segue la solita geremiade per la “profonda amarezza”, le “sofferenze gratuite”, il “rilievo mediatico”, l’“uso cinico che si è fatto dell’inchiesta per rimuovere l’esperienza di 10 anni di governo della città”. Domenici cita addirittura “l’Unione sovietica di Stalin”, che “cancellava” le immagini dei gerarchi epurati com’è accaduto anche a lui. E qui, davvero, viene da scompisciarsi. Chi parla è un signore nato nel 1955 che fa politica da 37 anni ed è a carico della collettività da 23: consigliere comunale a 35, deputato a 39 per due legislature, sindaco a 44 per due mandati, ora parlamentare europeo. Non male come epurazione di stampo sovietico. Nell’indagine, non ha ricevuto nemmeno un avviso di garanzia. È stato intercettato indirettamente, ma solo perché parlava al telefono con l’indagato Biagi. E non parlava del sole e della pioggia, ma del cuore dello scandalo: il cambio di destinazione dei terreni ligrestiani da parco verde (come da convenzione da lui siglata) a sede del nuovo stadio della Fiorentina.
“Io – diceva – il parco lo voglio toccare non per dare ragione a Della Valle, ma perché mi fa cagare da sempre”. E perché allora aveva firmato la convenzione per il parco? Per discutere di quel mega-affare, Domenici aveva incontrato Ligresti e Della Valle in gran segreto (“riservato, ma non segreto” dice lui, spiritoso) all’hotel Hassler di Roma. Nulla di illecito, ma trasparenza vorrebbe che un sindaco incontri due grossi imprenditori per parlare della destinazione di una parte della città nel suo ufficio a Palazzo Vecchio, con tanto di fascia tricolore, e alla fine emetta un comunicato per farlo sapere ai suoi concittadini. I quali invece non avrebbero mai saputo nulla di quel vertice top secret, se quel telefono non fosse stato intercettato. I sospetti degli inquirenti erano aumentati quando avevano ascoltato un altro ex assessore, Graziano Cioni detto “lo sceriffo” (ora assolto) chiedere al manager ligrestiano Rapisarda promozioni per il figlio dipendente di Fondiaria e una casa per un’amica. Ora, fermo restando il rispetto per la sentenza, peraltro ancora provvisoria (la Procura ha fatto appello), non si capisce di che si lamenti Domenici. Né quali riforme delle intercettazioni, del “ruolo del pm” e del “malfunzionamento del sistema giudiziario” vada cercando con linguaggio tipicamente berlusconiano. Non è certo un’assoluzione in primo grado a dimostrare che il sistema non funziona: anzi, i processi si fanno proprio per stabilire se uno è colpevole o innocente, altrimenti tanto vale far scrivere le sentenze ai pm. Ma, quella sì, sarebbe roba da Stalin. Se poi un sindaco non vuol finire in uno scandalo, magari dà una controllatina a quel che fanno i suoi assessori ed evita di incontrare aumma aumma costruttori interessati alle scelte della sua giunta. Che, reati o non reati, ha lasciato scorrazzare per Firenze gli speculatori nei dieci anni di sindacatura Domenici. Sulla quale, con buona pace dell’ex sindaco, è meglio stendere un velo pietoso.