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 2013  novembre 09 Sabato calendario

LA LEADERSHIP CINESE PRONTA A VARARE LE GRANDI RIFORME


Dai proclami ora si passa ai fatti. I 376 componenti della Terza Plenaria del 18esimo Comitato centrale del Partito comunista che si apre oggi per concludersi martedì 12 nelle sale dello Jinxi Hotel - architettura di stampo sovietico e provette receptionist multilingue - si ritroveranno tra le mani un ponderoso studio dello State Council Development Research Centre.
È questo think thank ad avere messo a punto il cosiddetto Piano 383, uno schema di riforma che sembra sfidare la numerologia e invece vuol tracciare una mappa economica e sociale delle riforme da fare. L’ha voluto Xi Jinping in persona, con l’intento di fornire una traccia di riflessione per l’assise più importante degli ultimi anni.
Ci hanno lavorato intensamente personaggi del calibro di Li Wei, direttore del Development Research Center dello State Council e Liu He, viceministro del National Development and Reform Commission. Si tratta di due laboratori di idee cruciali per adeguare la teoria tradizionale alle esigenze della Cina contemporanea.
Dopo il discorso di apertura del presidente Xi Jinping, chairman del Partito comunista e Capo supremo militare - in pratica la carica più alta del Paese, la seconda è il primo ministro Li Keqiang -, i delegati si metteranno al lavoro.
Il Piano 383 traccia un percorso di lavoro che si snoda su tre filoni di riforme e otto aree di intervento, per concretizzarsi in tre step temporali di intervento concreto, da attuare a partire dal 2013 al 2014, dal 2015 al 2017 e dal 2018 al 2020.
Un timing perfettamente in linea con la vocazione alla pianificazione della tradizione comunista.
Un bell’impegno di riflessione per il Terzo Plenum, 205 componenti effettivi e 167 supplenti, che entrano in un conclave laico blindatissimo, considerato il banco di prova della nuova leadership: è passato un anno, infatti, dal laborioso rinnovo decennale dei vertici del potere cinese. Ma ad essere messe sotto esame sono anche le riforme economiche, ormai ineludibili, molte delle quali preluderebbero a cambiamenti anche nel campo della politica.
La crescita sostenibile è un retaggio dei predecessori Hu Jintao e Wen Jabao, che hanno però preferito concentrarsi nel decennio in cui hanno governato sulla crescita economica tout court, con gli effetti che sono sotto gli occhi di tutti: un Paese in sovraccapacità, in lotta con le disuguaglianze e l’inquinamento, un Paese che deve prendere, subito, decisioni importanti. Per la Cina e per il mondo.
In questi giorni sono stati più volte rievocati altri snodi importanti, il Plenum del 1978 quando Deng Xiaoping dette inizio alla prima grande svolta dell’economia cinese, a tre anni appena dalla morte di Mao. Ma anche quello del 1993, quando il presidente Jiang Zemin aprì le porte alle riforme che hanno poi schiuso le porte del mondo alla Cina permettendole di entrare nell’Organizzazione mondiale del commercio.
Negli ultimi tempi è risuonata spesso anche la frase lanciata da Yu Zhengsheng, uno dei sette componenti dello Standing committee del Politburo che ha promesso riforme economiche e sociali mai viste finora, destinate a creare cambiamenti profondi a livello sociale economico e non solo.
Basteranno quattro giorni per invertire la rotta? No di certo. Il Terzo Plenum è, con tutta probabilità, solo l’antifona di un processo che si prospetta lungo, laborioso, denso di segnali che andranno colti per intuizione. Nel più puro stile delle metafore cinesi.