Luca Bergamin, Corriere della Sera 9/11/2013, 9 novembre 2013
QUEL PARADISO «AMAZZONICO» SUL TEVERE AMATO DA PONTECORVO NAZZANO
«La prima cosa che mi ha colpito quando sono arrivata qui sono stati i profumi, soprattutto quello del gelsomino che tutti, anche nelle abitazioni più modeste, curano con amore: si spande per le vie di questo borgo, citato per la prima volta da Gregorio VII in una bolla dell’XI secolo in cui si legge che la sua proprietà passava dai monaci benedettini dell’Abbazia di Farfa a quelli di San Paolo fuori le Mura di Roma. E poi i roseti e le rondini che ci sorvolano sopra i tetti e la sera, d’estate, ti sfiorano, non hanno alcun timore dell’uomo. L’aria è pulita. La nebbia sta a mezza costa, viene voglia di dipingere, mentre a mio marito Francesco Drago, che insegna economia geopolitica all’Università Cattolica di Roma, da quando ci siamo trasferiti piace moltissimo scrivere…». Maria Casini, 71 anni portati con lo splendore e la baldanza di una cinquantenne, ex docente e ricercatore presso l’Istituto di Paletnologia alla Sapienza di Roma, è arrivata a Nazzano dopo dieci anni trascorsi al Cairo in qualità di responsabile della sezione archeologica dell’ambasciata italiana in Egitto, dove ha collaborato a lungo con Zahi Hawass, il discusso archeologo soprannominato l’«Indiana Jones delle piramidi». Non poteva scegliere meglio di questo paese di 1.300 abitanti che, sebbene disti da Roma poco più di 40 chilometri, sembra lontano anni luce dalla caput mundi.
«Appisolato» su di una collina alta 220 metri, incorniciato dai monti Tangia, Pizzuto e Soratte, al confine tra la Sabina e il Reatino, Nazzano, che sulla carta dell’Italia si trova praticamente al centro della penisola, è un belvedere sull’ansa più scenografica del Tevere: la «fiasca», ovvero un’immensa curva a «esse», con isolotti ricoperti di vegetazione e flora palustre (si avvistano a occhio nudo germano reali, falchi pescatori, aironi bianchi che sorvolano i canneti e i salici, sostituiti più in alto da boschi di ontani, alloro, aceri, carpini, lecci dove si rintanano gatti selvatici, istrici, tassi e cinghiali) che fanno assomigliare, in questo tratto protetto dalla Riserva naturale Tevere Farfa, il fiume laziale al Rio delle Amazzoni.
Tutt’intorno, campi coltivati (sui terreni di sua proprietà, il Comune ha istituito l’Università agraria che si occupa della coltivazione a mais e ne distribuisce gratis ogni anno 50 kg a ciascun nucleo familiare residente), prati in cui pascolano le greggi e i cavalli.
È un luogo idilliaco, un set scelto dai registi ma non per i film, bensì come eremo segreto in cui rigenerarsi. Gillo Pontecorvo ha trascorso gli ultimi anni della sua vita in un podere in località Marisano, al quale si accede attraverso in sentiero in cui crescono ciclamini, maturano alberi secolari di pero, spuntano funghi. Qui ha casa Francesco Antonio Castaldo, aiuto regista di Steno e di Pasquale Squitieri.
Il borgo antico si sviluppa a forma di chiocciola intorno al Castello Savelli, un fortilizio a pianta quadrata con mura esterne, merlature e feritoie che dovrebbe diventare, insieme alle abitazioni intorno, un albergo diffuso. «Lo speriamo; da dieci anni i lavori vanno avanti a singhiozzo ed è un peccato — racconta Angelo Simonato 76 anni, ex proprietario di un’azienda di impianti telefonici a Roma che vive qui con la moglie Viviana —; anche se noi privati, nell’attesa, ci siamo dati da fare con le nostre mani e i nostri soldi per rimettere in sesto queste case medioevali erette con pietre del Monte Soratte. A dicembre il Comune deve decidere se rinnovare o meno la convenzione». Il risultato di questo amore popolare per Nazzano è quello di un «gioiello» di case dai soffitti in legno, i caminetti in pietra e dove c’è un apprezzato Museo del fiume, si organizzano festival letterari, concorsi sull’arte dei mosaici (alcune opere restano ad abbellire le vie di Nazzano), sagre gastronomiche sulle eccellenze locali quali le pappardelle al cinghiale, la pizza fritta, gli gnocchi al sugo di carne di pecora, e i funghi porcini.
Ma non pensiate che Nazzano non sia un paese per giovani. Mariagrazia Liberati, 48 anni, una certa somiglianza con l’attrice Sabrina Ferilli, è imprenditrice nel settore alimentare. «Con i miei fratelli produciamo e distribuiamo il pane in tutta la Sabina. Abbiamo anche un casale con i cavalli in riva al fiume destinato all’attività recettiva». Proprio laddove Federico Bronzi, 36 anni, accompagnato dai suoi due cani terranova ha scelto di ambientare la sua vita da moderno Caronte: «Guido i battelli sul fiume e racconto la storia di questa terra e del Tevere all’interno della Riserva naturale. Qui tutto scorre nella quiete». Per la gioia degli scout che campeggiano sulle rive e dei residenti di questo paese cinematografico.
Luca Bergamin