Piero Colaprico, la Repubblica 9/11/2013, 9 novembre 2013
ECCO L’ITALIA DEI NUOVI CORROTTI
MAZZETTA continua, mazzetta dovunque, mazzetta spicciola, tanto che bastano 3mila euro. Questa la sintesi brutale degli ultimi anni di inchieste giudiziarie. In giro per l’Italia è un dilagare di «tangentisti».
E, SOSTENGONO i magistrati, finiti i grandi appalti nazionali, ridimensionata la spesa pubblica, il «pizzo» sta diventando sempre più creativo, e sfuggente, perché attraversa ogni categoria. Compresi gli insospettabili sindacalisti che sono stati acciuffati, un mese fa a Salerno, dietro un distributore di benzina, con 3mila euro in tasca. Li avevano appena ritirati da un imprenditore. Non certo per difendere i posti di lavoro: «O ci paghi, o ti organizziamo uno sciopero», gli dicevano, e non era la prima volta che si riempivano le tasche. Basta, per capire come la situazione stia precipitando, un solo mese di analisi lungo le strade d’Italia.
L’ABUSO DI POTERE MINIMO
Basta per esempio andare a Biella, dove un funzionario di polizia è accusato di corruzione per aver gestito un meccanismo semplice e redditizio: alcune agenzie di investigazione dovevano fare indagini difficili? Non c’è problema, le faceva lui, ma usando i mezzi della polizia. Così lo Stato paga e i detective privati pagavano lui, dipendente statale.
Come due finanzieri. Erano stati mandati in Brianza, a Seregno, con un ordine della magistratura. Avrebbero dovuto «dissequestrare » le macchinette del videopoker e, quando entrano nel bar, le macchinette mangiasoldi non ci sono. Invece di denunciare il barista, ecco nascere spontaneo e immediato l’accordo, una tangente lì per lì: servono 3mila euro e gli occhi si chiudono.
Questa cifra — 3mila euro — ricorre troppo spesso per essere solo una coincidenza. Anche a Bagheria è stato beccato un dirigente del Comune che, per sbloccare i finanziamenti ad una cooperativa aveva preteso i soliti 3mila. Analogo mercato nelle cancellerie del tribunale di Napoli. C’era stata una clamorosa retata a inizio 2013, la seconda retata qualche settimana fa rivela che poco o nulla cambia: avvocati, cancellieri e dipendenti pubblici erano tutti uniti appassionatamente per far sparire fascicoli di processi in cambio di soldi e regali. Anche se un cancelliere a un commerciante ha detto: «Guarda che il tuo processo torna a galla se non mi dai un televisore». Valore, pare, 3mila euro.
PRANZI, APPALTI, FAVORI
Questa mareggiata di episodi da nord a sud, da est a ovest, non deve far dimenticare che in cima alla catena alimentare della corruzione restano i politici. Al di là di Silvio Berlusconi condannato a Roma per frode fiscale, sotto inchiesta a Napoli per compravendita di senatori, a rischio di nuova indagine a Milano per — guarda caso — lo stipendio di 3mila euro al mese che versa a circa 40 ragazze, molte di queste testimoni nei due processi Ruby, è un periodaccio per i rappresentanti della cosa pubblica. Persino nell’educata Emilia Romagna è scoppiato lo scandalo per l’uso dei fondi pubblici in cene costose. Da maggio 2010 a dicembre 2011 la spesa tra bottiglie e pietanze ha raggiunto il mezzo milione, con 220 mila euro mangiati dai dodici consiglieri pdl e 145 mila dai 24 del Pd, e anche con i grillini ben disposti a spendere. E in questi giorni nelle aule giudiziarie si riparla dei viaggi caraibici e della vita cinquestelle extralusso (e a scrocco) di Roberto Formigoni, ex presidente della Regione Lombardia, giunta caduta per eccesso di scandali, compreso quello dell’assessore Mimmo Zambetti che aveva comprato i voti della ’ndrangheta.
VECCHIO E NUOVO
C’è come la sensazione che antiche inchieste non insegnino nulla ai nuovi affamati: in questi giorni si contano tredici ordinanze di custodia all’ospedale Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta per gli appalti delle pulizie. È esattamente lo stesso settore che costò l’arresto del socialista Mario Chiesa e l’inizio dello tsunami di Tangentopoli (17 febbraio 1992). Arrestati non solo i dipendenti della Asl, ma anche il consigliere regionale Angelo Polverino, Pdl: favoriva, questa l’accusa, ditte «amiche» di due clan, nientemeno che Casalesi e Belforte. E se Roma è tornata «ladrona » per il fiorire di inchieste nate durante la stagione indimenticabile di Gianni Alemanno — e riguardano l’azienda trasporto pubblico, i Punti verde qualità, l’Ara Pacis (risultavano okay lavori mai fatti) — anche la Lega, che grazie a quello slogan sgomitava in Parlamento, si ritrova nel mirino, con l’arresto ieri di Oscar Lancini, il sindaco di Adro.
LE VERIFICHE FISCALI
I magistrati più esperti dell’anticorruzione raccontano che oggi i settori a maggior densità di mazzetta siano la spesa sanitaria regionale, le consulenze, le forniture al Parastato e le verifiche fiscali. Cioè, dov’è rimasto denaro liquido qualcuno, come un Ghino di Tacco in sedicesimo, impone il «pedaggio ». Esempio da manuale a Pesaro, con l’arresto del capo ufficio controlli dell’Agenzia delle entrate: per ammorbidire i controlli su un’evasione superiore ai 50 milioni, che diventano 5 (basta togliere uno zero), ha accettato — questo sostengono le indagini — regali e sconti. Un po’ come succedeva a Padova: il denaro lascia tracce pericolose per la fedina penale? Nessun problema. Gli appalti di ristrutturazione di scuole e caserme finivano a chi, a sua volta, provvedeva a sistemare le case di impiegati e dipendenti pubblici. Una mano dà, una mano prende.
TREZZANO E DETROIT
Gli esempi potrebbero continuare, ma chi lavora sul fronte dell’anticorruzione suggerisce di badare a un fatto. Proprio in questo periodo, l’Ocse, l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, sta sostenendo l’importanza, durante la verifica dei conti delle società, di non lasciarsi sfuggire i reati di riciclaggio e di corruzione a volte connessi alle evasioni e alle frodi fiscali. Lo sforzo europeo su questo tema viene ascoltato in Italia? Pare di no. Durante una recente tavola rotonda, Piercamillo Davigo, ex pubblico ministero di Mani Pulite, oggi giudice di Cassazione, ha detto: «Nessuna legge è stata fatta sul falso in bilancio e per 15-16 anni l’attività politica è stata tutta rivolta a rendere più difficili indagini sulla corruzione. La legge Severino? Sarebbe meglio chiamarla “sedicente” legge anticorruzione». Parole troppo dure?
Trezzano sul Naviglio e Detroit sono luoghi lontanissimi e molto diversi. Ma in entrambi ci sono stati episodi di corruzione. Come sono stati risolti? Nel Comune poco lontano da Milano, gli ammini-stratori pubblici e gli imprenditori coinvolti in un giro di tangenti hanno patteggiato tutti condanne a pochi anni di carcere. «Invece a Detroit — sottolinea un magistrato della procura — l’ex sindaco per corruzione s’è preso 28 anni di carcere. Secondo il giucide, “ha scelto di usare i suoi poteri per il piacere e l’arricchimento personale, quando aveva le potenzialità di fare molto per la città”. Che resta da dire di più?».