Giulia Zonca, La Stampa 9/11/2013, 9 novembre 2013
LIPPI CERCA L’ALTRA CHAMPIONS E MANDA LA CINA NEL PALLONE
Una partita per cancellare anni di vergogna, il Guangzhou allenato da Marcello Lippi oggi si gioca la Champions League asiatica e il riscatto di un Paese. Sono 23 anni che la Cina non vince questo trofeo e un successo contro il Seul, tra l’altro, li qualificherebbe per la prima volta al Mondiale per club ma qui non si parla di un risultato, per quanto importante sia, piuttosto di una svolta.
Da anni la Cina investe nel pallone senza ottenere nulla. Le hanno provate tutte ed è stato il festival del fallimento. Un’unica triste partecipazioni ai Mondiali, nel 2002: tre sconfitte e neppure un misero gol per cui esultare. Il calcio per loro è un ideale e fino a oggi l’unico settore in cui non sono riusciti a trapiantare alcuna abilità, neppure un’imitazione di talento. Sport di massa per uno stato socialista, sembrava un abbinamento scontato invece, per quanto ogni leader abbia cercato di associare il calcio alle migliori virtù, gli stadi sono rimasti vuoti, i praticanti casuali e i campioni altrove. Hanno provato a importarli, un disastro. Gente come Anelka e Drogba è durata sei mesi, i testimonial del nuovo corso hanno stracciato i contratti e lasciato la Cina con un seguito di cattiva pubblicità. Le autorità non si sono arrese, hanno sperimentato con l’innesto di calcio vero: importare la Supercoppa italiana, incentivare le tournée con le squadre inglesi, lanciarsi in ardite operazione di marketing e il massimo del ritorno è stata la fila davanti agli alberghi per avere gli autografi. Meglio una firma di una partita.
Frastornati, hanno esagerato e pompato soldi in un campionato inesistente, solo uno spreco. Giravano troppi interessi in un mondo ancora da costruire e prima di avere una sfida decente si sono ritrovati a gestire lo scandalo del calcio scommesse. Una delle squadre coinvolte era proprio il Guangzhou, retrocesso nel 2010 e riabilitato l’anno dopo con il salvataggio dell Evergrande, colosso del settore immobiliare.
Questa squadra creata del nulla e messa insieme da Lippi, che la allena dal 2012, ha vinto tre campionati di fila e acceso la scintilla. Decenni di tentativi mirati e il primo segno concreto di un interesse nazionale arriva in modo del tutto inaspettato. Al Guangzhou non ci sono stelle, almeno non di quelle conosciute in Europa. L’idolo di casa è un argentino, Dario Conca e in realtà l’attaccante ha già salutato il gruppo perché dalla prossima stagione si trasferisce in Brasile. Eppure anche senza una faccia da usare come marchio globale il club ha scatenato la passione dell’intero Paese. Battere Seul significa guadagnarsi un posto nobile, chiudere l’era delle barzellette e delle prese in giro.
L’obiettivo è finalmente alla portata, il Guangzhou ha pareggiato la gara di andata, in Corea, 2-2 e si ritrova favorita, in casa, con lo stadio pieno e l’entusiasmo collettivo. Consapevole del momento Lippi cita Michael Jordan: «Ho sbagliato più di 9000 tiri in carriera, ho perso 300 partite. Ho fallito tante volte nella mia vita e questo è il motivo per cui ho avuto successo», il tecnico non parla di se stesso ma della Cina pronta a godersi il momento di gloria. Anche l’allenatore italiano è vicino a un record, diventerebbe il solo ad aver alzato la Champions in Europa (con la Juve nel 1996) e in Asia, doppietta da aggiungere al trionfo Mondiale con l’Italia nel 2006. Da quando è emigrato in Asia con un contratto stratosferico (si parla di 14 milioni annuali) ha dovuto affrontare tante emergenze però mai della pressione. Oggi è diverso, c’è l’attesa, ci sono le tv che non parlano d’altro, il brusio di sottofondo e l’agitazione delle grandi occasioni. Perdere significherebbe far sparire in un colpo l’entusiasmo, vincere aprirebbe una nuova era. Con un segno indelebile, una firma sul futuro.