VARIE 10/11/2013, 10 novembre 2013
APPUNTI PER GAZZETTA - IL TIFONE DELLE FILIPPINE
Sta assumendo il profilo di un’ecatombe il bilancio del supertifone Haiyan nelle Filippine, dove questa mattina il capo della polizia ha fornito una stima di 10 mila morti nella sola isola di Leyte. Ora a tremare è il Vietnam verso il quale si sta dirigendo la furia devastatrice di Haiyan e dove sono state già evacuate 600 mila persone.
IL BILANCIO Una previsione di massima, quella sui 10 mila morti, basata sull’enorme devastazione che si sono trovate di fronte le autorità ma che potrebbe ulteriormente peggiorare, mentre altre centinaia di vittime sono state identificate nella vicina Samar, e decine di città e villaggi della fascia costiera non sono ancora stati raggiunti dai soccorritori.
LA FINE DI TACLOBAN «Ieri sera abbiamo avuto una riunione con il governatore di Leyte. Lui crede che i morti siano 10 mila», ha detto il sovrintendente di polizia Elmer Soria. Di ritorno da una perlustrazione in elicottero sopra Tacloban, la capitale di Leyte dove al momento si concentra la maggioranza delle vittime, il ministro dell’interno Manuel Roxas ha raccontato che «nessuna struttura è rimasta in piedi fino a un chilometro all’interno. Non so descrivere quello che ho visto, è orribile».
COME LO TSUNAMI Mentre i soccorsi cercando di farsi strada nelle aree colpite, distrutte da onde alte sei metri e ricoperte di detriti di ogni tipo, i corpi di centinaia di persone giacciono sotto cumuli di macerie o nelle case allagate, mentre altre centinaia di cadaveri sono stati allineati e ricoperti in qualche modo. In mancanza di elettricità, acqua e viveri, i sopravvissuti «camminano come zombie in cerca di cibo», ha raccontato alla Reuters la studentessa Jenny Chu. In città vengono inoltre già segnalati atti di sciacallaggio, in alcuni casi a opera di uomini armati, mentre vaste aree agricole sono ancora sott’acqua.
IL MONDO SI MOBILITA Una conta esatta delle vittime richiederà giorni, man mano che verranno ristabiliti i contatti con le zone più devastate in particolare a Leyte e Samar, dove questa mattina sono stati individuati 200 morti. Guiuan, la città da 40 mila abitanti che per prima ha sofferto l’impatto dei venti fino a 313 km orari, non è stata ancora raggiunta. E così è anche per intere zone della costa, rase al suolo dall’innalzarsi delle acque simile a quello provocato da uno tsunami. Si calcola che le persone colpite siano 4 milioni, di cui il 40 per cento sotto i 18 anni.
Le autorità filippine sembrano sopraffatte dall’entità del disastro: questa mattina, ha riportato una tv nazionale, il presidente Benigno Aquino è uscito da una riunione di emergenza sbattendo la porta per la frustrazione verso i collaboratori. Si stanno mobilitando anche agenzie umanitarie e organizzazioni straniere, dall’Unione Europea al Programma alimentare mondiale dell’Onu (Pam), per far arrivare rifornimenti di emergenza agli sfollati. [Sta.it, 10/11/2013]
• È stato il tifone più potente della storia, ma per la fascia di distruzione è come se fosse uno tsunami per il centro delle Filippine. «Almeno 1.200 morti», ha stimato ieri sera la Croce rossa nazionale, parlando di «mille cadaveri che galleggiano a Tacloban, altri 200 a Samar». Ma contando che ampie zone non sono ancora state raggiunte dai soccorritori, il timore è che il bilancio possa peggiorare ulteriormente: il governatore dell’isola di Leyte, la più colpita, ha fatto capire di attendersi decine di migliaia di vittime.
Raffiche fino a 313 chilometri orari e onde alte sei metri hanno spazzato città e villaggi della fascia costiera, la prima a essere colpita venerdì mattina dal passaggio del tifone di categoria 5: le immagini delle tv filippine mostrano interi quartieri rasi al suolo, e distese di case scoperchiate. «L’ultima volta che ho visto danni su questa scala è stato dopo lo tsunami del 2004», ha detto Sebastian Rhodes Stampa, a capo della squadra di coordinamento umanitario dell’Onu a Tacloban, la capitale di Leyte. L’impatto delle onde ha gravemente danneggiato il terminal dell’aeroporto, facendo crollare la torre di controllo.
Con le comunicazioni ancora fuori uso, intere province sono rimaste per tutta la giornata di ieri senza elettricità, rifornimenti di cibo e acqua. Gli oltre 15 mila militari impegnati nei soccorsi, oltre alle agenzie umanitarie, possono accedere solo via elicottero, dato che le strade sono bloccate da migliaia di alberi, pali divelti, automobili rovesciate. Alcuni sopravvissuti hanno raccontato che durante il picco di «Haiyan», chiamato «Yolanda» nelle Filippine, «i tetti di lamiera erano in balia del vento come degli aquiloni».
Al momento la maggior parte delle vittime si concentra a Tacloban (220 mila abitanti), ma ancora non si hanno notizie da città come Guiuan (40 mila residenti sull’isola di Samar) che hanno subito l’impatto più violento. La catastrofica forza di «Haiyan» è progressivamente scesa durante l’attraversamento dell’arcipelago in direzione ovest, su un fronte largo 600 chilometri, ma comunque portando venti fino a 200 km/h e piogge torrenziali in un’area dove vivono 12 milioni di persone. E sarebbe potuta andare ancora peggio: l’alta velocità con cui si è spostato «Haiyan» (fino a 60 km/h) ha limitato il formarsi di allagamenti e smottamenti. Il tifone si trova ora nel Mar cinese meridionale: oggi dovrebbe arrivare sul centro-nord del Vietnam, anche se con minore potenziale distruttivo.
Consce di trovarsi di fronte a una tempesta da record, stavolta le Filippine sembravano essersi preparate per tempo all’impatto: alla vigilia, il governo di Manila aveva parlato di oltre 700 mila evacuati in strutture sicure, dopo aver chiuso scuole e uffici, sospendendo tutti i trasporti. Ma evidentemente la prevenzione su un’area così ampia e densamente popolata ha funzionato fino a un certo punto, con molti residenti rimasti nelle proprie fragili case in una zona povera dell’arcipelago a maggioranza cattolica, devota a Dio e quasi fatalista di fronte a eventi meteorologici estremi.
Il Paese è infatti colpito da una ventina di tempeste tropicali all’anno, che nelle acque calde e profonde dell’Oceano Pacifico a est trovano le condizioni ideali per formarsi, spesso portando distruzione. L’anno scorso, il tifone «Bopha» causò 2 mila tra morti e dispersi, e nel 2011 quello ribattezzato «Washi» provocò altre 1.200 vittime.
Nel susseguirsi di aggiornamenti sui social network, ieri molti si davano coraggio elogiando «lo spirito filippino»: piegati, ma non spezzati dalle catastrofi. Ce ne sarà bisogno anche questa volta. [Alessandro Ursic, Sta 10/11/2013]
MANILA - Diecimila morti nella città di Tacloban, altri 300 nell’isola di Samar, dove 2.000 persone risultano ancora disperse. Con il passare delle ore, con l’arrivo dei soccorritori e la riattivazione delle comunicazioni, il bilancio del devastante tifone che si è abbattuto sulle Filippine si aggrava sempre più. E ci sono ancora diversi centri abitati che non sono stati raggiunti.
Il tifone Haiyan, uno dei più violenti della storia, ha sollevato onde alte fino a sei metri, ha distrutto interi centri abitati, ha messo in ginocchio l’arcipelago. Secondo le autorità, le famiglie colpite sono 944.586, pari a 4,28 milioni di persone. E l’Unicef rileva che più del 40% dei quattro milioni di persone coinvolte sono bambini e ragazzi sotto i 18 anni di età.
La città in cui la devastazione è maggiore è Tacloban, il capoluogo della provincia di Leyte che contava 200.000 abitanti. "Abbiamo avuto una riunione con il governatore e basandoci sulle stime del governo, ci sono 10.000 morti", ha detto alla stampa Elmer Soria, un alto dirigente della polizia.
Dilagano intanto gli episodi di saccheggio: nelle periferie di Tacloban, i superstiti entrano nelle case, razziano ciò che trovano per fare scorta. Un uomo ha raccontato ai media internazionali di essere riuscito, in mezza giornata, a riempire il suo zainetto di spaghetti, lattine di birra, sapone, biscotti e dolci: "Il tifone ci ha strappato la dignità, ma sono tre giorni che non mangio".
L’Unità di crisi della Farnesina, attraverso l’ambasciata a Manila, ha in corso verifiche sull’eventuale coinvolgimento di connazionali. Verifiche, si fa notare, rese difficili dalla complicata situazione delle comunicazioni, con linee telefoniche e internet fuori uso in molte aree anche a causa dei blackout. Al momento - in base alle informazioni disponibili - non si ha notizia di stranieri coinvolti. "La nostra Unità di crisi, che è in
attività dai primi momenti, non mi ha comunicato nulla: però è troppo presto per escludere presenze di italiani tra i dispersi", ha spiegato il ministro degli Esteri, Emma Bonino. "Per quanto ne sappiamo finora, non ci sono italiani, ma l’entità del disastro è tale per cui dobbiamo ancora verificare", ha aggiunto.
In un messaggio al presidente delle Filippine Benigno Simeon Aquino, il presidente della Commissione Ue Josè Manuel Barroso esprime "tristezza" e "solidarietà", e porge le sue "condoglianze" per le vittime. "La Commissione Ue ha già inviato una squadra in supporto alle autorità filippine - scrive Barroso - e siamo pronti a contribuire con soccorso urgente e assistenza se richiesto in queste ore di necessità". Anche il Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite (Pam) è pronto a fornire tutta l’assistenza possibile al governo di Manila. Ieri operatori del Pam si sono uniti al personale filuppino in una verifica congiunta dei danni nelle province di Leyte e Samar, e altri team sono pronti a intervenire.
Dalle Filippine Haiyan si è diretto verso il Vietnam, dove per precauzione 600.000 persone sono state allontanate dalle loro case. In un secondo momento comunque le autorità hanno consentito a circa 200.000 di rientrare perché il tifone ha nel frattempo cambiato direzione.
Il segretario del ministero degli Interni filippino, Mar Roxas, racconta le difficoltà della gestione dei soccorsi dopo il passaggio del tifone Haiyan su Tacloban, una città di 220mila abitanti spazzata via dalla violentissima tempesta. Il bilancio provvisorio è di 100 morti, altrettanti dispersi e migliaia di sfollati
REPUBBLICA DI STAMATTINA
BANGKOK
— Le immagini peggiori del tifone Haiyan non si sono ancora viste. Possono solo intuirsi dalle foto dei satelliti e quelle riprese dagli elicotteri nelle isole più colpite e isolate, dove i morti potrebbero essere migliaia, comunque molti di più
della prima stima di 1200 fatta all’indomani del più grave disastro naturale nella storia delle Filippine, nonché uno dei più terrificanti mai sperimentati dall’uomo. Il cuore del Paese, Visayas, la parte centrale delle tre regioni in cui è diviso l’arcipelago di 7.000 isole e 90 milioni di abitanti, è stato travolto dal passaggio
dei venti che hanno soffiato a oltre i 300 chilometri orari provenienti dall’est e originati nell’Oceano pacifico. Un record assoluto nella storia dei tifoni.
Prima è toccato all’isola di Samar lungo le coste orientali, dove i primi rapporti incompleti parlano di 200 vittime. C’è grande ansia e allarme per l’assenza
a quasi 48 ore dall’inizio dell’incubo di qualsiasi contatto con la cittadina di Guiuan, 40mila abitanti che hanno visto per primi l’arrivo dall’Oceano di Yolanda – come i filippini chiamano il ciclone – sotto forma di una portentosa massa d’aria a velocità tale da travolgere uomini e cose. Ovunque le testimonianze accompagnate
da rare immagini mostrano auto letteralmente sollevate e ribaltate, alberi divelti, ogni costruzione di materiale leggero spazzata via assieme a tetti e infrastrutture.
Poi la furia di Haiyan si è rivolta a ovest nella vicina Leyte, abbattendosi sulle città di Dulag e specialmente Tacloban, al cen-
tro della grande baia dove i venti hanno raccolto le acque trasportandone tonnellate sulla costa, spazzando con onde alte oltre cinque metri le strade cittadine trasformate in fiumi tumultuosi. «È stato come uno tsunami », hanno detto i testimoni. Solo qui secondo stime della Croce rossa ci sono stati oltre 1.000 morti, calcolati dagli operatori dell’organizzazione umanitaria internazionale che hanno parlato di masse di corpi trascinati dalle correnti d’acqua e detriti che a velocità pazzesca hanno reso al suolo gran parte di questa città marittima, brevemente capitale delle Filippine negli anni ’40 e oggi capoluogo di Leyte, con oltre 200mila abitanti e numerose industrie. Da qui giunge una delle testimonianze più drammatiche tra le poche raccolte sul posto, quella di un guidatore di risciò che ha trovato rifugio dentro una jeep trasportata dall’acqua. «Vedevo le mani della gente disperata che chiedeva aiuto e spariva tra i flutti, ma non potevo fare niente», ha detto Sandy Torotoro scampato miracolosamente con sua moglie e la figlia di 8 anni.
Il potere del ciclone è stato amplificato, secondo alcuni, dall’effetto serra che crea il calore necessario alla formazione di uragani e cicloni sempre più frequenti in un’area del Pacifico dove ogni anno ne nascono di media 20, saliti pero’ nell’ultimo anno a 24 con quest’ultimo, il più micidiale di tutti, ora diretto verso il Vietnam dove arriverà stamattina e dove 300 mila persone sono state evacuate. Le stesse autorità filippine avevano fatto di tutto per mettere in salvo quasi un milione di civili, ma si sono dette ormai pronte al peggio, quando giungeranno le notizie dai luoghi ancora isolati. «Ci aspettiamo un aumento sostanziale delle vittime», ha ammesso il presidente Benigno Aquino. Il raggio d’azione dei soccorsi è vasto quanto il fronte del tifone, che ha interessato una regione con oltre 4 milioni di abitanti distribuiti in 270 città e 36 province dell’arcipelago, tra le quali la turistica Cebu e la celebre isola delle spiagge bianche di Boracay, Roxas City, Aklan, Mindoro, infine la più occidentale, Palawan, un paradiso ambientale registrato come Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco.
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FOTO:LAPRESSE
REPUBBLICA.IT
Le immagini delle Filippine devastate dal supertifone: foto, video, scatti dal satellite
ANNA LOMBARDI
IMMAGINATE un treno ad alta velocità che punta dritto su di voi: e non c’è modo di scansarlo perché la sua folle corsa si estende per un diametro di centinaia di chilometri. A cos’altro paragonare le super raffiche di vento con cui Haiyan, il quarto tifone più potente della storia, ha tra-
volto le Filippine? Superiori ai 230 chilometri orari, con picchi di 315. Seguite da una montagna d’acqua: almeno 20 millimetri di pioggia l’ora che hanno sferzato il diametro di 600 chilometri formato dal tifone. E quelle onde, che uno dei sopravvissuti ha descritto: “più alte di un albero di cocco”. Immense, gigantesche, alte fino a otto metri.
«Negli ultimi 5 anni i fenomeni meteorologici di carattere violento sono aumentati di frequenza e imponenza» dice il geologo e scrittore Mario Tozzi, esperto di catastrofi climatiche: «Stiamo assistendo a un vero cambiamento di scala. Le condizioni per un super tifone sono le temperatura degli oceani oltre una certa soglia, che funzionano come serbatoio
d’energia. Tanto più la temperatura degli oceani e del sistema atmosferico cresce, tanto più questi fenomeni saranno frequenti: e con queste caratteristiche fuori scala». Prima di arrivare sull’isola, in effetti, Haiyan (o Yolanda, come lo chiamano i filippini) era ancora più potente. Poi l’impatto con la terraferma in cinque punti, secondo l’ufficio nazionale di meteorologia di Manila - ne ha fortunatamente depotenziato la folle corsa. La velocità del vento “scesa”, si fa per dire, da 315 a 265 km/h. Quanto basta comunque a terrorizzare i Paesi che incrocerà nelle prossime ore in direzione nord-ovest. Il Vietnam, dove un milione di persone
sono già state evacuate. E il
Sud della Cina.
«È evidente» prosegue Tozzi «che questi fenomeni vanno iscritti in una situazione climatica che sta cambiando. In quelle zone, certo, ci sono sempre stati. Ma la violenza a cui stiamo assistendo ha qualcosa di più. Il clima si sta estremizzando: non solo il caldo, ma anche il freddo. E tutto dipende dall’aumento di energia in gioco». Colpa del surriscaldamento climatico? «Posso dirle questo: più si va indietro nel tempo, più fenomeni del genere sono rari. Più ti avvicini a noi, più sono frequenti». Non proprio un
invito a ben sperare.
CORRIERE DI STAMATTINA
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE PECHINO — «Un’ondata ha spazzato via la mia casa e anche io sono stato trascinato via. Intorno a me ho visto tanti che alzavano le mani in quel mare di acqua e fango e urlavano per chiedere aiuto. Ma che potevamo fare? Anche noi avevamo bisogno di aiuto... Non li ho visti più», racconta all’Associated Press un sopravvissuto di Tacloban. Il disastro causato nelle Filippine dal tifone Haiyan, uno dei più violenti ad aver mai toccato terra secondo gli annali della meteorologia mondiale, ha ucciso migliaia di persone, travolte da venti a 320 chilometri l’ora che hanno sollevato onde di 15 metri e scaricato una pioggia di 400 millimetri in pochi minuti. Si stimano in mezzo milione gli sfollati.
La zona più colpita delle Filippine è quella dell’isola orientale di Leyte e la città di Tacloban, sulla costa, dove molti palazzi sono stati spianati. Ci sono almeno 350 mila persone restate senza casa.
Le prime ricognizioni dopo il passaggio del tifone, venerdì, avevano segnalato più di cento morti. Ma molte località erano rimaste mute, con le comunicazioni interrotte. E quando ieri i soccorritori sono arrivati, la scena ha sconvolto anche gente della Croce rossa abituata a interventi in situazioni estreme. «Ci sono più di mille corpi che galleggiano a Tacloban in quelle che prima di venerdì erano strade», ha detto Gwendolyn Pang, della Croce rossa filippina. Altri 20 cadaveri sono stati contati nella zona di Samar.
Il capo della squadra disastri dell’Onu ha riferito di aver visto solo un’altra volta una catastrofe di questa forza: «Solo lo tsunami del 2004 nell’Oceano Indiano è paragonabile». Il ministro dell’Interno di Manila, atterrato a Tacloban, è rimasto sconvolto: «La devastazione è tale, è tale... Non ho le parole per descriverla. È orrendo, una tragedia umana».
L’immagine dello tsunami è venuta in mente a molti testimoni: racconta Efren Nagrama, direttore dell’aeroporto di Tacloban: «Sì, era come lo tsunami che avevo visto in televisione. Siamo scappati attraverso le finestre e mi sono dovuto aggrappare a un palo per un’ora almeno mentre la pioggia, le ondate che arrivavano dal mare e il vento spazzavano via le strutture dell’aeroporto. Alcuni dei miei colleghi si sono salvati arrampicandosi sugli alberi». Lo scalo aereo è inutilizzabile, solo gli apparecchi militari riescono ad atterrare e i piloti degli elicotteri hanno individuato un centinaio di corpi nella zona.
Il comando dell’esercito filippino ha inviato 15 mila soldati. Ma neanche i militari sono riusciti a raggiungere diverse località sommerse. Per questo c’è il timore che le vittime siano molte più delle 1.200 contate fino a ieri notte.
Manila è stata sfiorata dal tifone. Sul suo percorso c’erano zone delle Filippine che il mese scorso erano state colpite da un terremoto di 7.3 gradi Richter, dove oltre 5 mila persone erano ancora sotto le tende di fortuna.
Haiyan adesso sta correndo verso Nord-Ovest, nel Mar della Cina, in direzione del Vietnam e poi delle coste meridionali cinesi. Il servizio meteo prevede che i venti siano in diminuzione, sui 120-130 km orari, con punte locali fino a 150. Ma potrebbero rafforzarsi di nuovo, dipende dalla rotazione della mostruosa massa perturbata, temono gli esperti. L’ora in cui il tifone più forte a memoria d’uomo spazzerà le coste vietnamite è tra le 3 e le 9 di questa mattina.
In Vietnam oltre 300 mila persone ieri notte stavano fuggendo dalle loro case nelle province di Da Nang e Quang Nam. E 170 mila soldati sono stati mobilitati.
Ma la corsa del tifone killer Haiyan non è ancora finita: risalirà ancora a Nord, lungo il Vietnam, lambendo il Laos, e secondo le mappe dovrebbe colpire il Sud della Cina verso mezzogiorno di martedì.
Guido Santevecchi
1 Sull’Oceano Atlantico, Pacifico e Indiano si scatenano tradizionalmente i cicloni tropicali. Haiyan che ha investito le Filippine è davvero un fenomeno da record?
Sì perché per la sua intensità ha raggiunto la categoria cinque della scala Saffir-Simpson con venti intorno ai 320 chilometri orari. In questo estremo violento e pericoloso della scala si collocava anche l’uragano Kathrina che nel 2005 investì il sud degli Stati Uniti, in particolare New Orleans, provocando 1.800 vittime. «Con una simile forza distruttiva se ne contano pochi, circa uno all’anno e anche meno — dice Guido Visconti, direttore del centro fenomeni atmosferici estremi dell’Università dell’Aquila —. Complessivamente dal 1924 al 2007 ne sono stati registrati 32 incluso Kathrina in un’ annata che ha visto addirittura cinque fenomeni del genere». Anche Sandy l’anno scorso negli Stati Uniti raggiunse livelli analoghi mentre la maggior parte arriva al quarto grado.
2 Come mai si formano questi fenomeni nell’atmosfera e con quale frequenza?
Nelle tre grandi aree oceaniche se ne contano complessivamente una sessantina all’anno con varia intensità e con diversi nomi a seconda delle zone (uragano, tifone o ciclone) ma sono tutti cicloni tropicali. La causa è la rilevante differenza di temperatura tra le acque oceaniche tropicali che superano anche i 35 gradi centigradi e la bassa temperatura in quota nella troposfera (10-12 chilometri) intorno ai 50 gradi sotto lo zero. Più è notevole la differenza, maggiore è la forza distruttiva del ciclone perché aumenta la velocità dei venti. La maggior quantità di vapore che si genera alimenta il processo. Tuttavia oltre la differenza di temperatura possono influire altri fattori come per l’Atlantico, ad esempio, contribuisce il trasporto di sabbia dall’Africa.
A seconda delle aree, inoltre, il fenomeno ha una sua stagione e in quella delle Filippine (Ovest Pacifico) si manifesta da luglio a novembre. «Ora ci dovrebbe essere un’attenuazione — afferma Visconti — invece è accaduto il contrario e quindi siamo davanti ad una anomalia».
3 Dopo la nascita come si comporta un ciclone tropicale e quanto può durare nel tempo?
La vita media dei cicloni più violenti è intorno a tre giorni ai quali bisogna aggiungere un periodo che può arrivare anche a dieci giorni necessari per sostenere la crescita. Haiyan nella sua traiettoria verso il Vietnam ora si sta estinguendo come accade per tutti gli uragani quando raggiungono le coste proprio perché la temperatura del suolo non è più così elevata. A quel punto la velocità del vento diminuisce e il fenomeno scende nella classificazione diventando una tempesta tropicale.
4 Ma il riscaldamento globale della Terra può essere la causa dell’intensificazione dei cicloni?
Il loro numero non sembra cambiato nelle statistiche, però è sicuramente aumentata la loro intensità. Alcuni scienziati attribuiscono la colpa al riscaldamento del nostro pianeta. «Purtroppo, però, — nota Visconti — non abbiamo ancora dati certi per confermarlo. I circa quaranta modelli teorici che si utilizzano per valutare la questione non forniscono la necessaria garanzia». Tuttavia i danni provocati sono in aumento. Oggi solo per gli Stati Uniti si calcola una perdita di nove miliardi di dollari all’anno e questo valore secondo le stime dovrebbe elevarsi a 30 nel 2100. Tenendo poi conto del riscaldamento globale la stessa cifra salirebbe addirittura a 42 miliardi di dollari.
5 Quindi, guardando verso il futuro, quali possono essere le prospettive immaginabili?
Non positive. Intanto l’innalzamento delle acque marine dovuto al riscaldamento globale estenderà le aree nelle quali i cicloni possono far sentire i loro effetti distruttivi. Negli ultimi decenni il sistema delle infrastrutture si è espanso ma è diventato anche più vulnerabile. Tenendo poi conto che l’urbanizzazione nei continenti è sempre più concentrata lungo le coste queste si presentano come future aree più a rischio. Sul piano scientifico, pur essendo accertato un aumento della temperatura, la discussione è sempre molto accesa. I ricercatori del Mit danno la colpa al riscaldamento globale. Invece gli scienziati della Noaa sono più prudenti.
Giovanni Caprara
Domenica 10 Novembre, 2013
CORRIERE DELLA SERA
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Dramma per 4 milioni Il 40% sono bambini
Più del 40% dei 4 milioni di persone colpite dal tifone Haiyan sono bambini sotto i 18 anni di età. L’Unicef, in una nota, esprime preoccupazione per i bambini e le famiglie colpite da Super Tifone Haiyan: secondo il National Disaster Risk Reduction and Management Council (Ndrrmc) sono 4,28 milioni le persone e 944.586 le famiglie colpite. «Le priorità dell’Unicef sono focalizzate su interventi salvavita, distribuzione di farmaci essenziali, acqua potabile e servizi igienici per i bambini e le famiglie. Il nostro massimo impegno sarà quello di garantire che i bambini vulnerabili e più colpiti siano protetti», ha detto il rappresentante dell’Unicef Filippine Tomoo Hozumi.
MILANO — Ognuno come può. Donna Rose usa Facebook e la ricreazione: «Ho chiesto ai miei compagni di classe di raccogliere tonno, pasta, riso, vestiti usati». Da mandare nella regione devastata dal tifone, dove viveva fino a quattro anni fa. «Sono cresciuta con nonni, zii e cugini. Poi ho raggiunto i miei genitori a Mariano Comense». Diciassettenne, si esprime in italiano corretto, preferisce frequentare i ragazzi che hanno le sue origini — «sono più comoda a parlare il tagalog» — e sugli studenti dell’istituto professionale che frequenta a Milano ha un buon ascendente: nel 2013 è stata lei a vincere la fascia di Miss Filippine in Italia. Le immagini che vede in Tv la riportano ai luoghi che conosce.
Samar e Leyte, le due isole più esposte. Bastioni sul Pacifico battuti dai tifoni. C’è anche un’associazione in Italia: persone che vengono proprio da quelle due isole. Parlano lo stesso dialetto. Hanno creato una rete di comunità unita e riconoscibile tra i 152 mila filippini che vivono nel nostro Paese. In queste ore stanno gonfiando un’onda che si perde nella Rete. Perché Facebook, stavolta, non risponde. «Stiamo provando, ogni minuto». Non possono fare altro. I social network sono un canale privilegiato di contatto tra gli emigrati e i loro parenti; oggi è intasato di messaggi. Ma non arrivano repliche. «È saltato tutto. Abbiamo contattato anche le televisioni locali, ma neppure loro riescono ad arrivare per poterci inviare qualche notizia», racconta Mylene Bernas, «milanese», referente dell’associazione Filipino Women Migrants’ Association of Northern Italy . «Mio fratello — continua — è un consigliere comunale. I miei cugini stavano partendo, avevano l’aereo proprio oggi (ieri, ndr ), saranno bloccati in aeroporto. Almeno spero. Non lo so. Abbiamo tre grandi compagnie telefoniche nelle Filippine e nessuna ha copertura. I segnali sono crollati. Il vento ha spazzato e distrutto tutto». Donne che hanno fatto la storia della comunità immigrata in Italia e ragazze appena arrivate. Il tifone sta avvicinando le loro storie.
Quando ieri ha deciso di spendersi per la raccolta di aiuti, la giovane miss Donna Rose ha chiesto consiglio a Noemi Manalo, organizzatrice del concorso e fondatrice del trimestrale Kabayan Times International , free press della comunità, 30 mila copie, tre uscite al mese, sede a Milano. «Il prossimo numero, venerdì, sarà tutto dedicato alla tragedia». Da oltre vent’anni in Italia, un passato da colf e badante, Manalo, 55 anni, è un punto di riferimento: «In molti stanno già portando beni di prima necessità nella sede della mia associazione italofilippina non profit». E lei si già accordata con un corriere di Manila per le spedizioni.
In una comunità fortemente religiosa, centro di raccordo in queste ore sono le chiese (cattoliche, ma anche evangeliche), che da anni riservano funzioni in tagalog. Ricky Gente, padre scalabriniano filippino a Roma, ha avuto una giornata frenetica e la segreteria telefonica perenne: «Siamo molto occupati — spiega in un messaggio, in serata — cerchiamo di contattare i connazionali qui, di organizzarci per aiutare chi si trova in difficoltà».
Maricel Argenal l’ha scoperto guardando la tv satellitare Abs-Cbn News , ed è rimasta molto colpita: «Non è la zona della mia famiglia, noi siamo del Nord, ma sono stata nelle Filippine lo scorso gennaio in vacanza dopo 16 anni di assenza e c’era il primo tifone del 2013... Era un’esperienza che non mi apparteneva più da anni». Già esponente della Rete G2-Seconde generazioni, Maricel ha 34 anni, fa l’impiegata a Como, e nonostante sia qui fin da bambina, ancora non ha la cittadinanza italiana. Come non ce l’hanno molti altri ragazzi che in Italia vivono e lavorano. E giocano a pallacanestro, passione comune.
Solo a Milano ci sono quaranta squadre di basket. In quattro anni, in città, è nata e cresciuta una lega della comunità filippina. Palestra della periferia nord, domenica (oggi) è giorno di campionato: «E questa sarà anche una domenica per ritrovarsi tutti — spiega Carlito Manahan, fondatore e presidente — per fare la nostra riunione, capire come muoversi, come mandare aiuti. E per dire una preghiera».
Alessandra Coppola
Gianni Santucci
REPUBBLICA PEZZO DI IERI (BULTRINI)
BANGKOK
— Nessun tifone a memoria d’uomo e dei testi di storia ha mai toccato terra alla velocità di Haiyan, o Yolanda come lo chiamano i filippini. Dall’alba di ieri e per tutto il giorno lungo 600 chilometri, i venti hanno soffiato oltre i 300 km orari con punte di 378 prima dell’impatto con le coste dell’arcipelago, spinti dal riscaldamento delle acque dell’Oceano Pacifico come un muro di aria e di acqua che si è abbattuto sulle isole orientali proveniente da sud est.
Quando a notte ha abbandonato le Filippine diretto verso il Vietnam e i mari della Cina del Sud, si è lasciato dietro una scia di devastazioni ancora incalcolabili,
anche se l’allarme nazionale diffuso da ogni mezzo di comunicazione ha trovato stavolta gran parte delle popolazioni pronte al peggio (700 mila le persone evacuate) e riparate nei rifugi appositamente allestiti. Di certo, la cifra ufficiale di 4 sole vittime è sottostimata, in attesa del ripristino delle comunicazioni con le zone più colpite, interrotte dalla potenza di Haiyan che ha scardinato
alberi secolari, pali elettrici e telefonici, fatto volare tetti, distrutto strade, ponti, porti e costretto a terra centinaia di aerei.
Il mostro è avanzato dal mare incontrando poco prima dell’alba una città di pescatori, Guiuan, 40.000 persone con le quali nessuno ha avuto ancora alcun contatto
a 18 ore dall’impatto di proporzioni storiche. «Il vento era così forte e il rumore così spaventoso che sembrava il grido disperato di una donna», ha raccontato un testimone da Catbalogan, una delle città della provincia di Samar che assieme a Leyte, la turistica Cebu e Iloilo sono state tra le
più disastrate regioni.
Lungo il percorso l’uragano ha anche attraversato Zamboanga, per abbandonare l’arcipelago dopo l’ultimo avamposto occidentale
dell’incantevole Palawan, patrimonio mondiale dell’Unesco, col suo minaccioso incedere sceso di poco sotto i 200
km orari. Pur sempre una furia inimmaginabile, considerando che il catastrofico ciclone Nargis abbattutosi sulla Birmania nel 2008 viaggiò a 160. Secondo molti scienziati è il segno evidente dei livelli raggiunti dal riscaldamento atmosferico, ma per il momento si può solo dire che nella casistica dei meteorologi, oltre al record assoluto di velocità nell’impatto a terra, Yolanda è anche il quarto ciclone tropicale più violento della storia, accompagnato da piogge torrenziali e mareggiate alte fino a 5 metri, come quelle registrate a Tacloban, ex capitale delle Filippine, capoluogo industriale di 200mila anime della provincia di Leyte e principale città della regione Visayas, la più colpita.
Le drammatiche immagini filmate delle sue strade trasformate
in fiumi torrenziali sono state inviate alla
ABS-CBNda
una troupe tv che subito dopo a interrotto ogni comunicazione. È una delle tante storie ancora non scritte di questo ennesimo disastro naturale che ha messo in ginocchio un arcipelago attraversato di media da 20 tempeste e tifoni ogni anno, come l’ultimo del 2012, soprannominato Bhopa: fece 2000 vittime.
• Il super-tifone Haiyan flagella le Filippine. Con i suoi venti fino a 320 chilometri all’ora è considerato il ciclone tropicale più violento dell’anno e uno dei più intensi ad aver mai colpito il Paese asiatico. Il bilancio fino a ieri era di quattro morti e sette feriti, oltre 720 mila le persone evacuate. Ma si teme che il numero delle vittime possa aumentare. La tempesta - di «categoria 5» - è arrivata dall’Oceano Pacifico, portando con sé piogge torrenziali e onde alte fino a sei metri. Haiyan ha provocato allagamenti e smottamenti, distrutto centinaia di barche, oltre ad aver interrotto la corrente elettrica e le comunicazioni in vaste aree delle isole di Cebu, Samar, Leyte e Bohol, colpite già un mese fa da un violento terremoto che ha causato 222 morti. [E. St., Sta. 9/11/2013]