Frammenti, 9 novembre 2013
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FRAMMENTO DEI FRAMMENTI CHE RISPONDONO ALLA VOCE PIER PAOLO
PASOLINI
Frammenti dell’anno 2013
Pier Paolo Pasolini diceva che «il ciclismo è lo sport più popolare perché non si paga il biglietto».
Aldo Grasso, Corriere della Sera 31/10/2013
E penso ancora all’ultimo reportage su Pier Paolo Pasolini in vita, ritratto da Dino Pedriali nella torre di Chia, vicino a Viterbo, dove, in mezzo a un arredamento spoglio, minimalista come si dice oggi, spicca la Lettera 22 poggiata sulla scrivania».
Antonio D’Orrico, Sette 10/10/2013
Non posso non ricordare che Alba Donati è nata a Lucca: sicché mi è difficile non pensare, davanti alla beata creatura a zampe in su, al vivido cagnolino – che qui sembra come riprendere vita dal marmo – accucciato ai piedi di Ilaria del Carretto, nel monumento funebre di Jacopo della Quercia – caro a Pasolini –, che si trova nella cattedrale della città.
Massimo Onofri, Il Sole 24 Ore 27/10/2013
[Serena Vitale] Peppo Pontiggia era sempre curioso di quello che succedeva oltre cortina e a Roma ci si ritrovava alla trattoria la Carbonara, a Piazza Farnese, con Giorgio Caproni, Elsa Morante, Pier Paolo Pasolini. Dalle numerose domande di quest’ultimo mi sono convinta che stesse covando qualcosa, forse un film da Guerra e pace».
Mirella Serri, TuttoLibri, la Stampa 26/10/2013
la maturità, che anche Pasolini aveva definito la più stupida età della vita.
Alfonso Berardinelli, Il Foglio 18/10/2013
Pasolini si era messo contro e attaccò anche l’ex amico Calvino per certe simpatie, che giudicava ipocrite, verso gli studenti in rivolta. Anche se poi di simpatie, veramente, Calvino ne aveva pochissime e certamente i sessantottini dovevano apparirgli troppo ignoranti per riconoscersi loro compagno di strada. Forse gli piaceva tutto ciò che si muoveva di nuovo nel mondo e nella vita culturale, salvo ritrarsi subito deluso il più delle volte, e quanto al ’68 a Pasolini rispose così: «Verso le nuove politiche le riserve e le allergie da mia parte sono più forti delle spinta a contrastare le vecchie politiche».
Hanno avuto una grande fortuna postuma le celebrate (ma incompiute) Lezioni americane, particolarmente utili nella loro schematicità persino facile a contrapporre il lucido, coerentissimo Calvino al tanto più contraddittorio e dunque umano Pasolini. Una contrapposizione che, come tutto ciò che appoggia su preconcetti manichei, fa solo male alla giusta comprensione delle cose.
Sandra Petrignani, L’Unità 15/10/2013
[Arbasino] Con Moravia, Gadda e Pasolini a pranzo, nel pomeriggio assistendo a «L’eclisse» di Antonioni. Una scena di «Fratelli d’Italia».
«Pasolini. Lo intervistai su temi impegnativi. Celebrò l’incontro ritraendomi (ma gli zigomi sono i suoi). A corredo del disegno un aculeo: “Io rifletto su come nobilmente rispondere a un atto naturalmente abietto di industria culturale”».
Vogliamo scrivere la parola fine alla fine di Pasolini?
«La cupidigia di finire male».
Bruno Quaranta, La Stampa 12/10/2013
Lizzani ad ogni modo è stato pronto a regalarcene anche altri abilmente tenuti su versanti diversi. «Il gobbo» (1960), fra gli interpreti anche Pier Paolo Pasolini,
Gian Luigi Rondi, Il Tempo 6/10/2013
In aiuto dell’autore di Ragazzi di vita si precipitò in tribunale perfino il principe Carlo Bo.
Simonetta Fiori, la Repubblica 6/10/2013
[Bernardo Bertolucci] Piena solidarietà quindi a Pier Paolo Pasolini, e al suo “Salò o le 120 giornate di Sodoma”; parole di fuoco contro i tg che annunciarono la morte dello scrittore orientando l’opinione pubblica verso la pista sbagliata. Da quel dì, chi ambisce al titolo di intellettuale indaga su cosa è veramente successo a Ostia, ignorando le parole di buon senso del cugino Nico Naldini.
Mariarosa Mancuso, Il Foglio 05/10/2013
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[Gadda] Eccolo a tavola con Attilio Bertolucci (poeta ed eminenza grigia garzantiana) e Pasolini per “una ennesima cena con Moravia Morante Zolla in Trastevere (io, egregio e savio, poco riso in brodo non salato e filettuzzo di manzo non salato)”.
Marina Valensise, Il Foglio 28/09/2013
Se non si è reticenti, se la poesia, istintivamente e tecnicamente, ignora la reticenza (che secondo Pasolini è il peggiore pericolo per uno scrittore) e prova a dire tutto, allora il rischio è precipitare nel silenzio.
Alfonso Berardinelli, Il Foglio 28/09/2013
[Luca Canali] A giugno, quando finiva la scuola, con i compagni andavamo a fare il bagno al Tevere. Non dal “Ciriola”, dove spesso c’era Pasolini, ma da Ercole Tugli.
Antonio Gnoli, la Repubblica 29/9/2013
[Alberto Asor Rosa] E vorrei che concludessimo questa chiacchierata tornando alla letteratura, dalla quale tanti anni fa lei era partito con Pasolini e l’ha conclusa con Calvino. Sono stati i due modelli letterari dell’Italia della seconda metà del secolo scorso?
«Di più: due modelli inconciliabili. Qualsiasi operazione critica non può prescindere dalla loro presenza. Personalmente ho ritenuto che Pasolini fosse eccessivamente impregnato del fattore sensoriale: senso e sesso, ingredienti per me letterariamente inaccettabili. Mentre in Calvino ho visto prevalere la ragione e la fantasia, che è la combinazione con cui io nel secondo Novecento ho intercettato le cose narrativamente più accettabili, alcune delle quali straordinarie».
Antonio Gnoli, la Repubblica 22/9/2013
[Michele Mari] In questo sono reazionario come Pasolini. Lui vedeva certi volti da primati, da bruti preistorici, e inorridiva perché questi avevano la Bianchina Innocenti, lo stereo, e si erano ripuliti… Dobbiamo aver fatto la rivoluzione, aver votato a sinistra perché il popolo si mettesse a scimmiottare i ricchi e diventasse peggio dei ricchi.
Daniela Ranieri, Il Fatto Quotidiano 16/9/2013
Pasolini, dopo aver deliziato mio padre e i suoi amici con il Decamerone, abiurò, parlando di una «realtà dei corpi innocenti che è stata violata, manipolata, manomessa dal potere consumistico». Cioè le esperienze sessuali avevano subito due traumi, «quello della falsa tolleranza e quello della degradazione corporea». Che curiosa sfortuna, la mia, aver scoperto sia il sesso sia gli intellettuali e mannaggia quest’ultimi sostenevano che prima (ma prima quando?) nelle fantasie sessuali c’era dolore e gioia, ora tutto era «divenuto sudicia delusione, informe accidia» (sempre Pier Paolo Pasolini).
Antonio Pascale, la Lettura (Corriere della Sera) 15/09/2013
Per citare un epigramma di Pasolini: “Niente è più ridicolo dell’impegno di uno stronzo”.
Alfonso Berardinelli, Il Foglio 13/9/2013
Poi di colpo la mano nella mano indica una relazione amorosa: Gunther Sachs e Brigitte Bardot sono uno dei primi esempi. Siamo negli Anni Sessanta e Settanta, Pasolini interviene per stigmatizzare il gesto; il nuovo romanticismo sarebbe, secondo il regista e poeta, quello della coppia consumista: «Tenendosi per mano vanno poi dove? Alla Rinascente, alla Upim».
Il libro di Franzoni esamina molti gesti e posture di papi, uomini politici, attori, attrici (molto belle le pagine sui gesti popolari nei film di Pasolini), e di gente comune, ne descrive l’origine e lo sviluppo, e anche in vari casi la scomparsa (fare l’occhiolino, il baciamano, marameo, salutare alzando il cappello, ecc.), con una convinzione di fondo: tra il piano corporale e quello del linguaggio - le parole che dicono i gesti - non c’è una perfetta sovrapposizione.
Marco Belpoliti, La Stampa 12/9/2013
Non fu vera tensione, com’era stata nel 1955 quella tra Pier Paolo Pasolini e Livio Garzanti a proposito di Ragazzi di vita. «Garzanti all’ultimo momento — scrisse Pasolini al poeta Vittorio Sereni — è stato preso da scrupoli moralistici, e si è smontato. Così mi trovo con delle bozze morte fra le mani, da correggere e da castrare. Una vera disperazione, credo di non essermi trovato mai in un più brutto frangente letterario...». L’editore aveva imposto all’autore un lavoro di «autocensura» sempre più radicale cui Pasolini, sulle prime, sembrò dedicarsi senza batter ciglio facendo uso dei puntini di sospensione per sostituire le parolacce. Anzi, dicendosi disponibile a intervenire con più decisione: «Potrei farne (naturalmente a malincuore) ancora di più, se Lei lo credesse opportuno». Nel giro di un mese, però, non si trattò più solo di usare i punti di sospensione, ma di attenuare, tagliare e ricucire, purgare, rifare: seguiranno, per Pasolini, «giorni atroci».
Può sembrare incredibile, ma ci sono scrittori finiti nella grande storia letteraria che di fronte a un’osservazione del loro editore non fanno alcuna resistenza, assecondano desideri e capricci anche a costo di vedersi violentare il proprio testo: sono casi che si trovano raccontati, tra mille altri, nel libro di Alberto Cadioli Le diverse pagine (il Saggiatore 2012), dove si affronta il ruolo dell’editore nella confezione del testo letterario.
Paolo Di Stefano, la Lettura (Corriere della Sera) 8/9/2013
Giusto quarant’anni fa (1973), in quello che Pasolini definì “il manifesto del radicalismo moderno”, Pannella compilò la lista di quelli che amava e quindi era pronto a difendere in nome del diritto: gli obiettori di coscienza, i fuorilegge del matrimonio, i capelloni sottoproletari anfetaminizzati, gli omosessuali, i veri credenti, le femministe, i paria, gli emarginati.
Filippo Ceccarelli, la Repubblica 1/9/2013
Salò o le 120 giornate di Sodoma «Ben più violento e scabroso, nelle immagini e nel messaggio, risulta Salò o le 120 giornate di Sodoma, il film-testamento di Pier Paolo Pasolini, proiettato in anteprima a Parigi, il 22 novembre 1975, tre settimane dopo la sua morte violenta. La trama appare subito un pretesto. È il 1944, gli ultimi giorni della Repubblica di Salò; alcuni gerarchi fanno sequestrare un gruppo di giovani, maschi e femmine, per sottoporli incondizionatamente ai loro desideri, non ultimi la tortura e la morte. Il film è suddiviso in quattro episodi, in un crescendo di efferatezze che includono ogni sorta di perversione fisica e psicologica e che sottendono il giudizio politico del poeta regista contro ogni forma di totalitarismo sempre in agguato nella democrazia decadente che somiglia tanto alla nostra. In Italia la pellicola esce il 10 gennaio 1976 al Majestic di Milano; pochi giorni dopo viene sequestrata dal procuratore della Repubblica della stessa città. Ha così inizio un’odissea giuridica, a partire dal procedimento penale contro il produttore Alberto Grimaldi. In realtà nel 1976 la Corte di Cassazione assolve integralmente il film concedendone la libera circolazione, ma bisogna aspettare fino al 1985 per vederlo al cinema e il 2000 – per i venticinque anni dalla morte di Pasolini – perché sia programmato in tv».
Roberta Mercuri, Notizie tratte da: Luca Beatrice, Sex Erotismi nell’arte da Courbet a Youporn, Rizzoli, 256 pagine, 19.50 euro.
Pasolini è solo un tic. Più precisamente un’interferenza tipica da Rai Radio3.
Pietrangelo Buttafuoco, Il Foglio 24/8/2013
[Gadda] È visibilmente infastidito dai «coniugi romanzieri», cioè Moravia e la «gentile» Morante («che urla e pontifica troppo»), e dalla loro «aspra cornacchiante erogazione di teoremi storiografici»; sorvola con lieve ironia sul «ragazzo di vita», ovvero Pasolini. Immagina (e promette) viaggi e trasferte («traslazioni») che per lo più sfumano nel nulla: «sono affaticato e malato geronte». Salvo eccezioni: i primi di settembre 1961 lo troviamo, per esempio, a Venezia, «fra traumi alberghieri, ferroviari», presente obtorto collo ai «trionfi accattoneschi», dove è stato voluto «gentilmente e imperativamente» da Pasolini.
Paolo Di Stefano, Corriere della Sera 23/8/2013
[Dante Ferretti] Verranno esposti cinquanta bozzetti più gli allestimenti di vari film, per esempio una parte dei lampadari del film “Salò” di Pier Paolo Pasolini, i Leoni di Venezia da me rifatti per il festival del cinema, ma anche due statue ispirate all’Arcimboldo che poi andranno all’Expo di Milano.
[Dacia Maraini] «Ma non eravamo salottieri. Con Pasolini, Guttuso, Fellini, frequentavamo il caffè Rosati di piazza del Popolo: però era un modo di discutere, di aggiornarsi, non di fare mondanità. Alberto era un uomo allegro, amava ballare e viaggiare, come racconto nel film».
La diva Maria Callas in Africa on the road?
«Venne perché era innamorata di Pasolini e credeva di poterlo far diventare eterosessuale. Lei era... come dire? Spiritualmente goffa. Sul palco era una regina, ma nella vita aveva paura di tutto, era convinta di essere brutta, grassa. Aveva su di sé uno sguardo impietoso. Come quello di molte giovani donne oggi».
Irene Soave, Vanity Fair 7/8/2013
[Ornella Vanoni] Una volta persino Pasolini, osservandomi da dietro, esclamò: "Ecco un culo femminile che riesce a darmi un brivido!". Ce l’avevo alto, praticamente attaccato alle scapole».
Stefania Rossini, L’Espresso 2/8/2013
[Filippo La Porta] Pasolini sembra un Penna “volontaristico”, e più che un poeta è un intellettuale che “ha aspirato per tutta la vita alla poesia”.
Matteo Marchesini, Il Foglio 1/8/2013
Secondo [Paolo] Franceschetti, c’è sempre l’Ordine della Rosa Rossa dietro gli omicidi Pasolini e Pantani, accanto al cui cadavere fu trovato un biglietto criptico: “Colori, uno su tutti rosa arancio come contenta, le rose sono rosa e la rosa rossa è la più contata”. Per la cronaca, anche il fatto che Pantani sia morto in un residence chiamato Le Rose sarebbe un altro messaggio in codice.
Andrea Scanzi, il Fatto Quotidiano 31/7/2013
voglio ricordare che il partigiano comunista italiano detto «Giacca» che guidò il massacro di partigiani liberali fra cui il fratello di Pier Paolo Pasolini e lo zio di Francesco De Gregori, a un certo punto ebbe la grazia e si godé gli ultimi anni della sua vita in Jugoslavia.
È morto all’età di 72 anni Vincenzo Cerami. Sceneggiatore e scrittore italiano, nato a Roma il 2 novembre 1940 e candidato all’Oscar nel 1999 per il film La vita è bella con Roberto Benigni, era malato da tempo. Funerali venerdì alle ore 10.30 presso la Chiesa degli Artisti a Piazza del Popolo, a Roma. Studente ripetente alla scuola media di Ciampino, conobbe l’insegnante supplente Pasolini, di cui diventò amico e collaboratore per alcuni film (poi sposò sua cugina Graziella Chiarcossi).
Il Foglio dei Fogli 22/07/2013
[Povia] Pasolini faceva abuso di minori.
Virginia Ricci 19/7/2013
Gli omosessuali non venivano ammessi nel partito e quando venivano scoperti, come nel caso famoso di Pier Paolo Pasolini, venivano espulsi in base alla norma sulla “condotta esemplare” contenuta nello statuto comunista.
Giulio Meotti, Il Foglio 20/7/2013
[le lucciole] Sappiamo bene quale carica simbolica hanno questi insettini scintillanti, come Pasolini aveva indicato nella loro scomparsa la fine di una civiltà antica, contadina, vitale, cancellata dal cinismo e dalla protervia della modernità.
Marco Lodoli, La Repubblica - Roma 21/7/2013
“Dice che volevano bombardare lo scalo merci ma io non ci credo: fu un atto terroristico come Hiroshima”, si sgola ancora Aldo Bravi, 77 anni, al secolo Pommidoro. Come suo padre. E come il ristorante storico di famiglia, in piazza dei Sanniti. Ricostruito nel dopoguerra grazie a una grande mescita di vino pagata dagli abitanti del quartiere. Era uno dei preferiti di Pasolini.
Mariagrazia Gerina, il Fatto Quotidiano 19/7/2013
«Un buon maestro ti può cambiare la vita. Era capitato a Vincenzo Cerami e lui, fino all’ultimo, ricordava il suo buon maestro e, forse, cercava in qualche modo di proseguirne l’opera pedagogica dando e scrivendo consigli, incoraggiamenti nelle varie discipline in cui si cimentava. Quel buon maestro è stato Pier Paolo Pasolini, giovanissimo professore non ancora trentenne, arrivato dal Friuli alla media parificata Francesco Petrarca di Ciampino. Il caso, il destino li aveva fatti incontrare; Vincenzo era stato bocciato in prima media (“stavo sempre zitto, non rispondevo alle interrogazioni, soffrivo ancora dei postumi della malattia, la difterite che avevo preso a dieci anni: per molti mesi avevo perso la vista”), Pasolini ricominciava il ciclo delle classi proprio quando il ripetente Vincenzo veniva iscritto una seconda volta». [Ranieri Polese, Cds]
varie 18/7/2013
[Paolo Pierantonio, ex sindaco di Ciampino, democristiano] la media «Francesco Petrarca», in via Pignatelli, con un insegnante di lettere d’eccezione come Pier Paolo Pasolini.
il professor Pasolini ci aveva affascinato e abbiamo continuato a vederlo di tanto in tanto anche negli anni successivi, per discutere di politica e di quanto accadeva nella società. Vincenzo lo vedeva più spesso per motivi di lavoro, fu Pasolini ad introdurlo alla regia».
«Pasolini era un prof severo? “Segnava in blu, come errori gravissimi, i luoghi comuni e le banalità. Mi dava 9. Leggeva i miei temi ad alta voce. Durante il periodo del ginnasio continuai a portargli quello che scrivevo. Lo andavo a trovare a Monteverde nello stesso palazzo di Attilio Bertolucci. Nel periodo universitario, poi, Pasolini mi chiamò a lavorare con lui”. Per il cinema? “Sì, cominciai come pizzardone sul set del Vangelo secondo Matteo. In Uccellacci e uccellini, invece, facevo proprio l’aiuto regista: leggevo a Totò la parte da ripassare. Lui era praticamente cieco. Stavamo ore nella roulotte. Ascoltando le sue improvvisazioni ho imparato la comicità» (a Vittorio Zincone).
cinquantamila.it
Cosi Pier Paolo Pasolini: «Quasi emblema, ormai, l’urlo della Magnani,/ sotto le ciocche disordinatamente assolute,/ risuona nelle disperate panoramiche,/ e nelle sue occhiate vive e mute/ si addensa il senso della tragedia./ È lì che si dissolve e si mutila/ il presente»
Filippo Ceccarelli, il Venerdì 12/7/2013
Pasolini era contro le barbe e i capelli lunghi maschili
Marco Belpoliti, La Stampa 1/7/2013
[Giovanni Veronesi] Al sodalizio si era unito Vincenzo Cerami e Giovanni cambiò indirizzo: «Mi ha tenuto un anno ospite da lui, in una casa che era l’ex-studio di Pasolini. C’era ancora la sua macchina da scrivere, con la “m” che non funzionava, mi sembrava di stare in un museo».
Fulvia Caprara, La Stampa 30/6/2013
i «No Tutto» italiani, No Tav, No Ponte, No Muos, No Ogm, No Gronda, No Ricerca, No Vaccini, non sono molla del nuovo in Italia. Sono la versione radicale del conservatorismo, lo Strapaese del Novecento, il mito di un’Italietta autarchica che si illude, magari leggendo di fretta la polemica antimoderna di Pasolini e Nanni Moretti, di vivere nel passato.
Gianni Riotta, La Stampa 23/6/2013
[Adriana Asti] Come trovò Pierpaolo Pasolini, che la diresse in Accattone?
«Sperduto. A quel film non credeva nessuno. Fellini rifiutò di produrglielo: figurarsi. Ancora non s’era capito che Pierpaolo era re Mida: tutto ciò che toccava diventava poesia».
Paolo Scotti, il Giornale 17/6/2013
[Dante Ferretti] La sua prima scenografia fu per Medea, anno 1969. «È stato Pasolini a promuovermi da assistente a scenografo. Da Medea in poi ho fatto tutti i suoi film. Ci siamo sempre dati del lei, ma c’era un rapporto bello, di stima e di profondo rispetto reciproco».
Il cinema internazionale ha celebrato con molti riconoscimenti la genialità di Ferretti ma, a parte Scorsese con cui è nato un legame anche di amicizia, i suoi veri miti restano tutti i grandi italiani: «Sono quelli con cui mi sono formato: Bellocchio, Petri, Scola, Comencini, Cavani. Pasolini in particolare. Da lui ho imparato che le immagini possono diventare poesia.»
Maria Pia Fusco, la Repubblica 16/6/2013
[Raffaele Morese] Mi scusi ma questi aggettivi, “illuminata”, “trainante” se li tira dietro il nome borghesia o era una vostra speranza?
Per noi se li tirava dietro. Per Sylos Labini era più una questione di statistica economica. In ogni caso Pier Paolo Pasolini disse che ci sbagliavamo: disse che non era borghesia nascente. Per lui era piccolo-imborghesimento.
Piccolo-borghesi e poi borghesi: dunque non sono due fasi dello stesso sviluppo...
No, sono cose diverse. Certo, sono persone che hanno lauto come una volta il borghese, la sua stessa casa... ma non costituiscono una classe. Insomma aveva ragione Pasolini: stavamo andando verso un imborghesimento di basso livello.
E poi?
Ha presente quella che al Censis chiamammo l’Italia-poltiglia, l’Italia a mucillagine, l’Italia a marmellata?
Ma perché alla fin fine non c’era stata un’evoluzione nel senso che dicevate voi. Perché invece aveva ragione Pasolini?
A livello di struttura c’era stata appunto questa esplosione del ceto medio impiegatizio, in particolare statale. Bidelli, forestali, posti bassi, insomma. In più anche chi veniva da una cultura legata alla borghesia imprenditoriale ha fatto l’errore di puntare su investimenti strani. Per esempio: l’operaio Fiat, che aveva fatto il doppio e triplo lavoro di sabato e domenica e si era aperto la sua aziendina e quindi era diventato piccolo imprenditore... poi ha scelto di aprire un negozio di parrucchiere alla moglie e dare la laurea al figlio.
Daniele Protti, L’Europeo 5/2013
Dico queste cose, e mi s’affacciano al cervello altre letture fideistiche di autori sedicenti atei: Moravia, per esempio, e Pasolini. Pasolini come cattolico che combatteva dalla parte avversa, per ragioni che Freud avrebbe potuto spiegargli. E lui ci andò, in analisi freudiana, ma quando ’la cosa oscura’ risaliva alla superficie ebbe paura e scappò.
Ferdinando Camon, Avvenire 4/6/2013
Le più giovani si riconoscono in una ragazzetta, Rita Pavone, che – scrive qualcuno – «canta con rabbia, quasi con ferocia»: nell’estate del 1963 vende due milioni di dischi. Per Pasolini quel mondo di canzonette è «sciocco e degenerato... profondamente corruttore».
Giorgio Boatti, il Venerdì 31/5/2013
[Pupi Avati] Così come vi riconoscerà nel raccontare gli attori la medesima maestria che egli ha nel dirigerli: si vedano le pagine dedicate al ritratto di Al Lettieri, un attore gangster che sembra uscito da un libro di Giancarlo Fusco, o il ricordo ancora bruciante dell’esaltazione, mescolata al senso di colpa, per la collaborazione alla sceneggiatura del “Salò” di Pasolini.
Fabio Canessa, Il Foglio 31/5/2013
il riutilizzo di «Comizi d’amore» di Pasolini dell’americana Sharon Hayes
Pierluigi Panza, Corriere della Sera 29/05/2013
questo paese senza cultura e senza onore, come diceva Pasolini.
Alberto Statera, la Repubblica 29/5/2013
Richard Serra. Che, tanto per cambiare prospettiva, nonostante sia un maestro delle grandi dimensioni sarà presente con la sua opera più piccola, un ritratto di Pasolini che è anche un omaggio alla figura di un grande intellettuale.
Stefano Bucci, la Lettura (Corriere della Sera) 26/05/2013
Un’amicizia durata tutta la vita, esplosa durante l’estate del 1962, a Roma, in un’automobile guidata da Pier Paolo Pasolini: la bella ragazza americana ventenne, Carol Gaiser, in Italia con una borsa di studio Fulbright, corteggiata da Alberto Moravia con abitudine e freddezza (“più che amica e meno che amante”)
un mondo segreto, pieno di quella “nostalgia che ci fece stupendi”, come diceva Pasolin
Annalena, Il Foglio 25/5/2013
PIER PAOLO PASOLINI
da «Ragazzi di vita»
Una giornata del Riccetto .......... 935
PIER PAOLO PASOLINI
da «Le ceneri di Gramsci»
III - IV - VI .......... 952
GENSINI Stefano. Italiana. Elementi di storia linguistico-letteraria + materiali antologici. Presentazione di Tullio De Mauro. Minerva Italica, Bergamo 1980
FIRENZEX
[Nico Naldini] Cosa scatenò la depressione?
«La morte di mio cugino Pasolini. Alla mancanza di vitalità si aggiunsero numerose fobie. Le pareti della mia casa, in via del Babuino, rimbombavano di ossessioni. E le interpretazioni che cominciavano a fioccare attorno all’omicidio di Pier Paolo erano diventate per me insopportabili. Gli intellettuali rifiutarono la spiegazione più semplice e cioè che quel delitto era maturato per una prestazione sessuale rifiutata. Invece, Laura Betti fu la prima ad accreditare la lettura politica di quell’omicidio».
In che modo è cugino di Pasolini?
«La mia mamma e la sua erano sorelle. Ho frequentato i Pasolini fin da bambino».
Era l’enfant prodige che poi si è detto?
«Lo era. Cominciò presto a scrivere poesie bellissime in friulano. Poi ci fu il periodo in cui si invaghì dell’ideologia marxista senza aver letto Marx. E si instradò burocraticamente nella vita del partito. Divenne segretario di una cellula del Pci, il quale contava molto su di lui. E quando scoppiò lo scandalo per la sua omosessualità fu espulso, gettato via come cosa indegna».
Come reagì?
«Se soffrì non lo fece vedere. Ricordo che la mia povera zia si era messa a letto disperata e Pier Paolo che l’abbracciava diceva con la sua vocetta: “anche André Gide venne accusato di atti osceni”».
Però non restò molto a Casarsa.
«Una notte d’inverno lui e la madre scapparono. Io li accompagnai al treno per Roma. Portavano una borsetta piena di gioielli che il padre aveva regalato alla madre. Si dimostrarono tutti falsi. Ci salutammo. Pier Paolo si raccomandò che mettessi in salvo i libri, in particolare la collezione Laterza dei filosofi».
E lei poi li raggiunse a Roma?
«Lasciai Casarsa per Milano. Era il 1957. Grazie a Comisso andai a lavorare alla Longanesi dove rimasi per 15 anni. Venni a Roma quando si presentò l’occasione di lavorare per il cinema. Roma viveva ancora dei resti della dolce vita. Con Pier Paolo facevamo scorribande. Lui ormai era il profeta delle borgate. Le aveva scoperte, studiate, amate e capite. Figurarsi il Pci che non sapeva nulla di quel mondo. E quando uscì Ragazzi di vita gli intellettuali comunisti si offesero».
Com’era umanamente Pasolini?
«Un misto di generosità ed egoismo. Il suo mondo sentimentale si riduceva alla figura materna. Avvertiva, nell’ipotetica morte della madre, la catastrofe da esorcizzare continuamente. Poi subentrò Ninetto Davoli e se ne innamorò perdutamente. Non ho mai capito il senso di quella passione».
Perché?
«Pier Paolo era un draguer di boys. Per giunta spericolato. Una volta, eravamo a New York, per corteggiare un tipo finì nella tana delle Pantere nere. Io morivo di paura. E lui impavido e audace. Solo negli ultimi anni divenne più prudente. Ninetto fu la realizzazione del mito del buon selvaggio. Un po’ quello che per Sandro Penna era stato Raffaele. Penna morì due anni dopo Pier Paolo».
Antonio Gnoli, la Repubblica 19/5/2013
[Paolo Poli] Pasolini, “non mi soffriva, mi riteneva uno stronzo, lui era per il ragazzo spontaneo, selvaggio, quello della natura, io ero lo scemo laureato, effeminato”.
Stefano Di Michele, Il Foglio 18/5/2013
Fino a che si portavano i calzoni corti si era ancora bambini, con un certo alone d’innocenza e d’irresponsabilità. Dopo no. Era la medesima iniziazione che riguardava il fumo: il calzone lungo e la sigaretta in bocca erano il segnale del passaggio. Pasolini aveva registrato quel momento di cambiamento nei suoi articoli degli Anni Settanta. La scomparsa delle lucciole era anche la scomparsa del calzone corto del giovane ragazzo.
Marco Belpoliti, La Stampa 13/5/2013
[Marco Cingolani] Eppure, fra i maestri del Cinquecento, il discendente preferisce il Pontormo: “Soprattutto la ‘Deposizione di Santa Felicita’ che visito ogni volta che vado a Firenze. Mi ha ispirato per i quadri figurativi degli anni Novanta, sia per il senso astratto del movimento che per i colori timbrici e squillanti”. Guarda caso è la stessa pala d’altare che Pasolini riprodusse cinematograficamente nella “Ricotta”.
Camillo Langone, Il Foglio 11/5/2013
[Garolla] Famosissime, una per tutte, le foto di Pasolini mentre gioca a pallone con i suoi ragazzi di vita.
Gianluigi Colin, IoDonna 4/5/2013
[Andreotti] Aveva una testa molto grande, ossuta e ricoperta di capelli che sulla nuca prendevano l’aspetto di piume d’uccello; ed era molto più alto di quel che si poteva pensare. A proposito del suo pallore, a metà degli anni 70 ebbe un pubblico scambio con Pasolini; poi di nuovo il cereo incarnato andreottiano venne notato nel 1992 dal ministro della Giustizia Martelli la mattina dei funerali di Salvo Lima.
Filippo Ceccarelli, la Repubblica 7/5/2013
PIER PAOLO PASOLINI p. 1025
Da « La meglio gioventù »
Lengàs dai frus di sera p. 1027
Da « L’usignolo della Chiesa Cattolica »
Le primule p. 1027
Da « Ragazzi di vita » p. 1029
CONTINI Gianfranco. Letteratura dell’Italia unita. 1861-1968. Bibliografia, Indice dei nomi, delle riviste e quotidiani e dei concetti notevoli, indice metrico, retorico e grammaticale, indice lessicale. Sansoni, Firenze 1997
FIRENZEX
CONTINI Gianfranco. La letteratura italiana. Otto-Novecento. Bibliografia, indice dei nomi. Sansoni, Firenze 1974
FIRENZEX
E con Leone, dal 1971, si ritornò agli ospiti selezionati. A questo periodo si riferisce una descrizione, terribile, del ricevimento da parte di Pier Paolo Pasolini nel suo postumo e incompiuto Petrolio: «In cerchi concentrici attorno al Capo dello Stato, il verminaio era tutto un agitarsi di capini ora pelati ora canuti, ora folti e ora radi: ma tutti assolutamente dignitosi».
Filippo Ceccarelli, la Repubblica 5/5/2013
BALDACCI Luigi. Novecento passato remoto. Pagine di critica militante. Indice dei nomi, indice delle opere (dei titoli). Rizzoli, Milano 2000.
FIRENZEX
La critica antiedipica dei movimenti giovanili nel Maggio del 1968, e poi nella primavera del 1977, ha mandato in frantumi la figura dominante del Padre-Padrone: il sistema patriarcale è finito di colpo, e con lei la struttura stessa delle gerarchie tradizionali.
Pasolini lo aveva capito con chiarezza, e nelle sue Lettere luterane tentava un nuovo approccio pedagogico con Gennariello, il nuovo adolescente.
Per completare il quadro di una lettura psicologica della politica italiana, si può aggiungere la figura dello Zio trasgressivo, incarnata da Silvio Berlusconi, scavezzacollo, irresponsabile, play boy seduttore, privo di freni inibitori, che ha fatto, come scrive Recalcati in Il complesso di Telemaco (Feltrinelli 2013), del godimento un imperativo assoluto, un elemento che s’impasta con l’istinto di morte. Più di trent’anni fa, Pier Paolo Pasolini ha rappresentato tutto questo nei libertini del suo film Salò-Sade.
Marco Belpoliti, La Stampa 30/4/2013
«Quando arrivava sul set – disse Roberto Benigni subito dopo la sua morte –, s’alzava un vento che faceva bene al mondo». Questa era la sua leggerezza, la sua leggerezza creatrice. Nel 1963 gliela riconosceva anche Pier Paolo Pasolini, al di là delle sue stesse intenzioni. Il Giornalista di La ricotta, appunto, così si rivolge al Regista (Orson Welles): «Quarta e ultima domanda: "Qual è la sua opinione… sul nostro grande Federico Fellini?"». E la risposta è: «Egli danza…». C’è ironia, in queste parole di Pasolini. O meglio, c’era cinquant’anni fa. Ma oggi in esse risuona una definizione profonda del cinema di Fellini, della sua poesia per immagini e luce. A completarla, si può aggiungere: egli danza sui suoi ricordi, sui propri fantasmi trasfigurati in maschere.
Roberto Escobar, il Sole 24 Ore 28/4/2013
• Alla morte di Pasolini si rivolgono a Napolitano Laura Betti, il pittore Zigaina, Dacia Maraini e Alberto Moravia: chiedono che per il poeta si facciano le onoranze funebri a Botteghe Oscure. Impossibile, risponde Napolitano: un tale onore non era stato tributato neppure a Togliatti. Zigaina minaccia di «dare Pasolini ai radicali di Pannella». Napolitano, come ministro della cultura comunista, trova la soluzione facendo organizzare i funerali alla Fgci e come luogo sceglie la Casa della cultura di via Arenula.
Pasquale Chessa, L’ultimo comunista. La presa del potere di Giorgio Napolitano, Chiarelettere, 2013, euro 13,90.
Sono anni, ricordano con precisione Anile e Giannice, in cui la cultura ha un ruolo fondamentale nella lotta politica e Il Gattopardo diventa il campo di battaglia in cui si misurano schieramenti avversi, soprattutto quando, vincendo il premio Strega, umilia gli altri concorrenti, a cominciare da Pasolini.
Paolo Mereghetti, Corriere della Sera 21/04/2013
Eppure l’Italia è tra i pochi paesi dell’Occidente che, a inizio degli anni 70, manda ancora al rogo due film accusati di oscenità: Ultimo tango a Parigi, per via della scena del burro, e Salò di Pasolini.
Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 19/04/2013
Con mia moglie faccio sempre questo gioco, in macchina. Accendo Raitre quando non vanno in onda meravigliosi programmi di musica sinfonica e operistica, quando si dà la stura al “disaggio” convocando scrittori e testimoni del tempo, sento parlare di qualsiasi cosa, che poi sono sempre sentimenti e valori, e dico: Selma, attenta, ora arriva Pasolini. Passano uno o due minuti e una voce chioccia, noiosa, da musica balcanica, dice: Pasolini. Immancabilmente.
Giuliano Ferrara, Il Foglio 15/4/2013
È probabile che a un lettore italiano questo progetto faccia tornare alla memoria uno degli ultimi articoli pubblicati da Pasolini, quello in cui Pasolini avanzava «Due modeste proposte per eliminare la criminalità in Italia», proposte che lui stesso definiva swiftiane, cioè utopistiche e umoristiche: abolire la televisione e abolire la scuola media dell’obbligo. È probabile che un lettore italiano di oggi non abbia ben chiaro il fatto che una proposta di quel genere era perfettamente integrata al dibattito sulla scuola e sulla descolarizzazione che si era svolto negli anni Cinquanta e Sessanta soprattutto negli Stati Uniti.
Claudio Giunta, Il Sole 24 Ore 31/3/2013
Giovanni Testori, il poeta e drammaturgo che succedette a Pasolini nelle prime pagine del Corriere della Sera.
Il Foglio 9/4/2013
[Vittorio Sermonti] Ce n´è una che ricorda in modo particolare?
«Ce ne sarebbero diverse. Quella con Cesare Garboli, con il quale non mancarono momenti di tensione. Ci conoscemmo a casa di Niccolò Gallo, dove spesso si ritrovavano Pasolini, Parise, Dessì, Delfini. Cesare aveva una teatralità innata.
A parte Gadda?
«A parte lui, ho ammirato il rigore di Calvino e la moralità di Pasolini. Il quale scrisse cose notevolissime, ma non certo nei suoi romanzi. Fu un impasto singolare di contraddizioni: un narciso terribile, affetto da masochismo eroico, ma anche dotato di un coraggio morale raro in Italia. Però non mi era simpatico, come non lo ero io a lui. Mi considerava un borghese. Con l´aggravante di aver sposato in prime nozze una figlia di Susanna Agnelli».
Antonio Gnoli, la Repubblica 7/4/2013
“Il nome di D’Annunzio venne subito pronunciato a proposito di Pasolini: – Pasolini lo rifiutò con sprezzo eccessivo”, ha scritto, e non occasionalmente, Enzo Siciliano nella “Vita di Pasolini”: proprio Siciliano, che poneva D’Annunzio tra i suoi autori più cari. Ma la divaricazione di giudizio tra biografo e biografato non poteva essere e mai fu più netta: “Il mio giudizio su D’Annunzio è un giudizio del tutto negativo” aveva scritto infatti Pasolini in una recensione nella quale quel giudizio negativo comportava delle conseguenze non di mera valutazione estetica ma di pratica critica. Il rapporto con d’Annunzio sollecita infatti a Pasolini una singolare riflessione sulla saggistica letteraria: solo quando il giudizio è positivo, dice Pasolini, il saggio ha o può avere un valore ermeneutico; quando il giudizio di partenza è negativo, la saggistica “resta pretestualità e basta, e come tale umilia e degrada il critico”. Più avanti, di conseguenza: “Dico tutto questo perché il mio giudizio su D’Annunzio è un giudizio del tutto negativo […] so che le mie pagine critiche avranno la debolezza degradante della pretestualità”. La recensione a un’antologia curata dall’ambasciatore Roberto Ducci è raccolta in “Descrizioni di descrizioni”, piena di snodi che portano fino a una decifrazione psicanalitica di D’Annunzio, ancora una volta oscillando nell’oscillazione infinita tra vita e opera, ma con la sessualità che prende il posto della storia, la pulsione intima che si sostituisce al gesto pubblico, e così via, volutamente e quasi con esibizionismo rinunciando a qualunque spunto di analisi linguistica o stilistica.
Raffaele Manica, Il Foglio 6/4/2013
BRIGANTI Paolo SPAGGIARI William. Poesia & C. Avviamento alla pratica dei testi poetici. Indice degli autori antologizzati, indice analitico, illustrazioni. Per ogni poeta c’è una scheda biografica. Zanichelli, Bologna 1991
FIRENZEX 0
MANACORDA Giuliano. Storia della letteratura italiana contemporanea 1940-1996. Due volumi. Note, bibliografia, indice dei nomi. Editori riuniti, Roma 1996.
ASOR ROSA Alberto. Storia europea della letteratura italiana. Vol III: La Letteratura della Nazione. Bibliografia al termine di ogni sezione, indice dei nomi. Einaudi, Torino 2009.
La prima volta che Pupi Avati vide Pierpaolo Pasolini fu quando andò a portargli a casa una copia di Le 120 giornate di Sodoma del Marchese De Sade, libro all’indice che si trovava al commercio sottobanco delle bancarelle di piazza Esedra.
Pasolini, figlio di un ufficiale bolognese e nato in una foresteria militare in via Borgonuovo. Aveva fatto il liceo al Galvani ed era stato promosso alla terza liceo con una media così alta da fargli saltare un anno e presentarsi alla maturità in anticipo.
Pupi Avati, La grande invenzione. Un’autobiografia, Rizzoli, Milano 2013
«Come diceva Pasolini, “piange ciò che muta, anche per farsi migliore”» (Nichi Vendola). [Bei, Rep]
APPUNTI DAI GIORNALI DI VENERDI’ 5 APRILE 2013
Dei quali solo Pasolini, immortalato in un video alla manifestazione di San Giovanni, potrebbe forse avere delle parentele lontane con il Califfo, per via delle borgate.
Mario Ajello, Il Messaggero 2/4/2013
Bolaño fu l’unico capace di fare quello che, citando Pasolini, si deve fare con i maestri: mangiarli in salsa piccante. Squartarli, tirarne fuori le budella, cucinarli e poi divorarli per creare qualcosa di nuovo», chiosa Cercas.
Riccardo Iori, la Repubblica 31/3/2013
[Giacomo Campiotti] Sono un autodidatta, mi devo arrangiare così.
Ha scoperto Pasolini.
Un esempio per i ragazzi della mia età. Ho amato follemente Mamma Roma. Era un intellettuale borghese capace di parlare alla pancia delle persone più semplici, dei sottoproletari.
Valerio Cappelli, Io Donna 16/3/2013
RAMPINI Federico. La speranza indiana. Storie di uomini, città e denaro della più grande democrazia del mondo. Indice dei nomi e dei luoghi. Mondadori, Milano 2007
MONDOX 1B
Pierpaolo Pasolini affermò che il Pci costituiva un’Italia eticamente più virtuosa nell’Italia tutta, salvo ricredersi.
Gennaro Sangiuliano, il Sole 24 Ore 20/3/2013
Pasolini, che, come diceva perfidamente Raboni, è stato poeta in tutto fuorché nelle sue poesie
Matteo Marchesini, il Foglio 16/3/2013
Ogni volta mi viene in mente e cito loro l’epigramma che Pasolini scrisse su Gian Luigi Rondi: ‘Sei così ipocrita che come l’ipocrisia ti avrà ucciso / sarai all’inferno, e ti crederai in paradiso’…”
Stefano Di Michele, il Foglio 16/3/2013
[Claudio Calligari] Per dare forma all’idea, annusare le tracce di Pasolini che aveva previsto la devastante comparsa della droga nelle borgate romane e ambientare il racconto nel sottoproletariato cittadino, impiegammo 5 anni.
Malcolm Pagani, il Fatto Quotidiano 16/3/2013
A quella porta di casa Bertolucci un giorno bussò un giovane poeta arrivato da Casarsa che si era trasferito a Roma con la madre, era Pier Paolo Pasolini.
Massimiliano Castellani, Avvenire 17/3/2013
Curioso, se si pensa che Saba aveva espresso decise riserve sulla scelta dialettale dell’amico e che proprio in nome della superiorità dell’italiano aveva rifiutato il parallelo tra i due fatto da Pasolini, nettamente più favorevole a Giotti.
Paolo Di Stefano, Corriere della Sera 9/3/2013
Pasolini
Considerava l’astrattismo una «proterva forma della mancanza dell’animo», non capiva Picasso, rivendicava il realismo come necessità di «stare dentro l’inferno, vicino al popolo».
«Allora non perdonavano a Chiaromonte il fatto che Chiaromonte non perdonasse niente a nessuno». Chiaromonte considerava Gramsci «un farraginoso studioso di provincia», Fortini «un corruttore di giovani e un uomo sleale», Pasolini un pedagogo petulante ed equivoco, un cattomarxista tutto bandiere rosse e rigurgiti parrocchiali» (Bettiza).
Sandra Petrignani, «Addio a Roma», Neri Pozza, euro 16,50.
Nel film “La ricotta” Pier Paolo Pasolini ricostruisce la “Deposizione” di Santa Felicita e nella sceneggiatura ne analizza l’impatto cromatico come “liquido splendente dei colori”: “In cima, verde rozzo, papavero svanito, e giallino opaco, una santa e un angelo, che guardano, pietosi. Sotto, a destra, la Madonna, tutta avvolta in una grande roba del verde delle foglie subacquee, raccolto intorno all’ovale della faccia senza sopracciglia. Sotto, a sinistra, due donne con cuffia a fragola stinta e abiti verdi d’acqua, che la guardano, e una, aiuta come può, a reggere il corpo di Cristo”.
Cinzia Leone, Il Foglio 9/3/2013
[Pupi Avati]
Ma, allo stesso tempo, è uno che ha scritto la sceneggiatura di Salò o le 120 giornate di Sodoma di Pier Paolo Pasolini, l’opera più maledetta nella storia del cinema italiano. E che di quell’esperienza conserva gelosamente, come una reliquia, il Meridiano di Baudelaire che Pasolini gli diede, tutto sottolineato con la sua penna stilografica, per trarne battute per il film.
Antonio D’Orrico, Sette 8/3/2013
Caproni, Bertolucci e Pasolini si trovarono ad abitare nello stesso quartiere, Monteverde, e dal ’59 al ’63 Pier Paolo [PASOLINI] prese addirittura casa in via Carini al 45, stesso palazzo di Attilio [BERTOLUCCI], e si affezionava ai suoi giovani figli, il piccolo Giuseppe e il più grande Bernardo che avrebbe mosso con lui i primi passi nel cinema, sul set di Accattone; proprio Bernardo che, quando Pasolini aveva bussato la prima volta a casa loro, un giorno del ’51, cercando Attilio Bertolucci, gli aveva chiuso la porta in faccia scambiandolo, dai vestiti, per un poco di buono. E il padre bonariamente l’aveva rimproverato spiegandogli: «Ma no, quello è un grande poeta!» (p. 24)
Elsa era competitiva e non sopportava che si potessero avere giudizi sui libri e gli scrittori diversi dai suoi. E non sopportava di mentire. Diceva la verità a tutti. Le capitava di rompere amicizie per questo, anche grandi amicizie, come quella con Pasolini.
Adele Cambria […] la "gazzettiera" come la definiva Elsa Morante [….] Adele [….] quando aveva capito che tipo di ruolo le stava proponendo Pier Paolo in Stella - futuro Accattone - si era un po’ risentita. «Mi sentivo una donna emancipata e lui mi vedeva in quella Nannina, una napoletana carica di figli... Rise del mio sconcerto. Ed era chiaro che avrei accettato la parte». Sul set c’era un’atmosfera piacevole, «a parte quei tremendi coattoni che ci trattavano con sufficienza e scherno. Franco Citti sghignazzava di Pasolini, non aveva nessun rispetto. Povero Pier Paolo, che li mitizzava quei trogloditi!»
[1962] L’assalto fascista si ripeté l’anno successivo alla prima romana, in settembre, del secondo film di Pasolini, Mamma Roma. Lo scrittore usciva dal cinema Quattro Fontane con Laura Betti, ma non si lasciò intimidire e rispose con una mossa di karate. Era una persona cortese e riservata, ma era anche un atleta, che curava meticolosamente il corpo e si allenava con metodo per tenersi in forma e poter giocare regolarmente a calcio. «Pasolini era l’intellettuale più dolce, più delicato, più disponibile che avessi conosciuto» l’ha descritto Maria Antonietta Macciocchi, direttore di Vie Nuove, settimanale comunista […]. E Adele Cambria testimonia un’analoga delicatezza ricordando come, all’inizio della loro amicizia, Pasolini volle rivelarle di essere omosessuale attraverso la "parabola" delle Termopili. Un giorno erano in macchina e all’improvviso le domandò perché i trecento eroi combatterono fino alla morte pur sapendo che sarebbero stati sconfitti. Lei rispose: «Per l’onore di Sparta». E lui: «No, Adele, perché erano amanti, coppie di amanti....» (p. 206)
[Arbasino] Pasolini costretto a scappar sempre via dalle cene «prima del dolce perché senno i ragazzini non lo aspettavano. E tutti: vai vai, senno vanno a dormire. Ragnetti si definivano allora. (Altro che morettoni, bonazzoni, bistecconi, come poi in seguito, col nutrimento)».
Pasolini […] in un’intervista televisiva a Enzo Biagi, del ’71, andata in onda solo dopo il suo assassinio, aveva detto: «La parola speranza è cancellata dal mio vocabolario. Quindi continuo a lottare per verità parziali, momento per momento, ora per ora, mese per mese, ma non mi pongo programmi a lunga scadenza perché non ci credo più». […] «Abbiamo perso un poeta e di poeti non ce ne sono tanti nel mondo, ne nascono due tre in un secolo...» urlava Moravia a Campo de’ Fiori il giorno dei funerali di Pasolini.
Sandra Petrignani, Addio a Roma, Neri Pozza
[Franco Cordelli] «All’epoca detestai la famigerata poesia di Pasolini su Valle Giulia, considerata oggi più o meno il Vangelo.
Andrea Cortellessa, La Stampa 2/3/2013.
Quer pasticciaccio brutto de via Merulana è un capolavoro che ha lasciato a bocca aperta anche un autore (sintetico) come Pier Paolo Pasolini.
Beppe Severgnini, la Lettura (Corriere della Sera) 24/02/2013
la copia del procedimento penale della pretura di Chioggia quando il 3 gennaio 1951 Pasolini fu condannato per ubriachezza molesta…
Francesco Permunian, Il Foglio 21/2/2013
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Nichi Vendola ha una laurea in Lettere e Filosofia all’Università di Bari, con una tesi su Pier Paolo Pasolini
Caterina Perniconi, il Fatto Quotidiano 20/2/2013
Pier Paolo Pasolini già nel 1964 si era soffermato in Nuove questioni linguistiche su un discorso di Aldo Moro pronunciato in occasione dell’inaugurazione dell’autostrada del Sole. Allo sguardo vigile dello scrittore friulano la lingua di Moro era apparsa diversa dal solito, impegnata ad acconciarsi all’avanzata tumultuosa di una nuova Italia tecnologica e industriale. All’improvviso il suo linguaggio aveva abbandonato il consueto “lessico umanista” e il “cursus latineggiante” in favore di un repertorio tecnocratico e consumistico (“l’archetipo degli slogan”) che aveva l’obiettivo di adeguarsi al processo di modernizzazione in atto, un processo che avrebbe modificato “alla radice il linguaggio politico ufficiale” e provocato un duplice e progressivo scollamento: quello tra “Progresso” e “Sviluppo”, tra “Paese reale” e “Palazzo”.
Il saggio di Pasolini ci è ritornato alla mente quest’estate, allorquando si è avuto modo di osservare in alcune occasioni il linguaggio di Pier Luigi Bersani.
Tuttavia, proprio qui nascono le perplessità. Infatti, cosa dice Bersani è chiaro, come lo dice no: il contenuto è sacrificato sull’altare della concretezza mediatica e si assiste al trionfo, avrebbe scritto Pasolini, del fine comunicativo su quello espressivo, “come in ogni lingua di alta civilizzazione e di pochi livelli culturali”, quale è ormai l’italiano. Il problema vero è che oggi gli italiani non parlano più in questo modo e i luoghi e i mestieri richiamati da Bersani sono quasi materialmente scomparsi insieme con i microcosmi sociali di riferimento: la bocciofila, la cascina, l’osteria, la bottega sartoriale, l’officina.
Miguel Gotor, Il Foglio 20/2/2013
CITTI Franco e VALENTINI Claudio. Vita di un ragazzo di vita. Introduzione: Un omaggio a Pasolini. Illustrazioni. SugarCo Edizioni, Carnago (Varese) 1992.
Contiene:
Biografia di Pier Paolo Pasolini.
Venezia
Oggi Madame Godard, tornata a essere Madame Wiazemsky, vive sola nel cuore di Parigi. Nei cinque anni del suo matrimonio ha girato sei film con Godard. In venti di carriera, ninfa del cinema impegnato, ha lavorato con Pasolini (Teorema e Porcile), Ferreri (Il seme dell’uomo), Carmelo Bene (Capricci)...
Antonella Barina, il Venerdì 15/2/2013
[Dante Ferretti] Avevo appena finito Satyricon a Ponza, suonò il telefono, era Pasolini: «Ferretti, d sarebbe da fare un film in Turchia ma bisogna partire subito per la Cappadocia. Ho già il biglietto». E così con Medea sono stato promosso da aiuto a scenografo.
Facciamo un gioco, io faccio i nomi dei registi e lei mi dice cosa ne pensa. Pasolini?
Con Pasolini ho girato otto film. Le sue inquadrature cominciano sempre con un grandangolo. Era come un Chaplin pittore: per Il Vangelo secondo Matteo, Mantegna; per I racconti di Canterbury, la pittura inglese e francese e Paolo Uccello; per Le mille e una notte, i miniaturisti arabi e persiani. Non amava gli interni, non gli piaceva lavorare in teatro. Ricostruivo fuori e facevo molti interventi per riportare l’ambiente all’epoca scelta. Girava con una raffinatissima semplicità, eliminando tutti gli orpelli.
Che cosa ricorda del 2 novembre 1975, il giorno in cui venne ucciso?
Seppi della sua morte da Petri, con il quale andai all’obitorio. Dopo mi chiamò Sergio Cittì che, d’accordo con l’avvocato Nino Marazzita, mi chiese di recarmi sul luogo del delitto a Ostia e di disegnare una pianta del posto e di prendere dei rilievi.
Per lei la pittura è fonte d’ispirazione?
Quella del Novecento. E soprattutto gli sbagli: commettere errori fa sì che te cose che uno ricostruisce siano più vere, la perfezione sa di falsità. Mai copiare la realtà, bisogna reinventarla per renderla più credibile e vitale.
Carlo Piano, Panorama 14/2/2013
Pier Paolo Pasolini portava i suoi “scritti corsari “ che aggredivano i palazzi del potere nel palazzo del giornale dove Piero Ottone (direttore fino all’arrivo della P2) si illudeva di dialogare con lettori lontani dalla volgarità del populismo. Illusione strapazzata.
Maurizio Chierici, il Fatto Quotidiano 14/2/2013
E in effetti se la posero anche pensatori non ortodossi come Pasolini («E passando davanti a San Pietro, all’inizio/ di una nuova primavera, che è la sua fine,/ (...) Ecco Pietro II che scende dalla sua piazza,/d’improvviso deserta»)
Filippo Ceccarelli, la Repubblica 13/2/2013
Pier Paolo Pasolini offre anche lui ottimi tagli, che non possono mancare in un buffet apparecchiato come si deve: scomparsa delle lucciole, omologazione, i poliziotti di Valle Giulia, «Il romanzo delle stragi», il discorso dei capelli, mutazione antropologica, scandalo del contraddirsi e via fino all’indigestione.
Guido Vitiello, la Lettura (Corriere della Sera) 10/02/2013
[Massimiliano Fuksas] Lei ha conosciuto Pasolini.
Nei ’60. Quando era chiaro che i soldi non servivano, le aspirazioni sembravano possibili e l’interclassismo una realtà. Oggi la nevrosi è un desiderio inappagato all’infinito, la gente si frequenta a segmenti e Pasolini che ripudiava il consumismo, frequentava le borgate e degli studenti se ne fregava proprio: sarebbe rimasto sgomento. Ci scrivemmo lettere terribili su Valle Giulia, poi iniziammo a giocare a calcio insieme. Io ero il 10, lui il numero 7. Bravo in campo, campione nel “dito di ferro”: medio contro medio. O ti arrendevi o te lo spezzava. Abitavo a Monteverde, ma a casa non stavo mai. Meglio piazza Rosolino Pilo. Meglio Ostia.
Malcom Pagani, il FAtto Quotidiano 7/2/2013
[Lucio Dalla] Trovo che c’è sempre un rapporto, tra il maiale e l’uomo. Un rapporto a livello di immaginazione. E mica sono il solo. George Grosz l’ha preso per i suoi disegni, Pasolini per Porcile...
L’Europeo n. 1/2 febbraio 2013
[Umberto Eco, parlando del Gruppo 63] È stata una componente goliardica che vi ha permesso di realizzare la premessa di Balestrini, quella cioè di far arrabbiare molta gente?
«Direi proprio di sì. Ricordo l’istituzione del Premio Fata, in opposizione al Premio Strega, per il romanzo più brutto dell’anno. L’idea venne a me insieme alla Cederna e ai fiorentini. Lo assegnammo a Pasolini: lo prese talmente sul serio che ci scrisse per argomentare che non potevamo dare quel premio a lui».
Marco Filoni, il Venerdì 1/2/2013
E allora torniamo al nostro Alberto Moravia. Prese il treno che da Palermo lo avrebbe riportato a Roma sapendo che nessuno lo avrebbe potuto mettere in discussione. Anche Pasolini non si preoccupò.
Roberto Cotroneo, Sette 1/2/2013
Marcello Dell’Utri non riesce a stare lontano da guai. Nemmeno quando smette gli abiti dell’imputato perenne, o del politico disinvolto, per indossare quelli del bibliofilo raffinatissimo. Gira e rigira si prende o dà una sòla, ed è quello che è successo anche stavolta, perlomeno secondo la Procura di Napoli. Ma ci vuole niente a ricordare di quando il senatore recuperò il misteriosissimo capitolo mancante di Petrolio, l’ultimo lavoro di Pier Paolo Pasolini; lì dentro doveva esserci la spiegazione del suo assassinio e la prova del coinvolgimento di spie, servizi segreti e vari poteri forti. In realtà il capitolo non dice nulla e probabilmente (sostiene per esempio Emanuele Trevi, secondo all’ultimo Strega con Qualcosa di scritto, libro anche su Pasolini) è un falso. I due gaglioffi che glielo hanno procurato se la sono poi battuta per evitare grane (la questione, poiché Pasolini è stato ucciso, ha implicazioni penali).
M. FEL., La Stampa 30/1/2013
[Charles Dantzig] Come Teorema di Pier Paolo Pasolini. «Un capolavoro in molti casi non è perfetto. Pasolini ha avuto l’idea di scrivere una specie di romanzo muto in cui nessuno parla, non ci sono dialoghi, dà questa sensazione di affresco rinascimentale. Ma in due occasioni dimentica il progetto e fa parlare i suoi personaggi, due sbavature che tolgono il capolavoro da quel sacro piedistallo su cui viene a torto innalzato e lo rendono umano, accessibile, meraviglioso».
Stefano Montefiori, la Lettura (Corriere della Sera) 27/01/2013
[Fabrizio Gifuni] Pasolini diceva che la differenza fra lui e altri intellettuali era che tutta la sua ideologia nasceva sempre da un’esperienza fisica. Ed è quello che fa sopravvivere le parole e la figura di Pasolini ancora oggi, rispetto a tanti passati di moda».
Gadda e Pasolini sono stati i numi della sua ricerca teatrale. Che cosa ha trovato di comune in due scrittori così lontani?
«Prima di tutto, un furioso amore per il proprio Paese. Sono etichettati come due antitaliani, ma è difficile trovare in altri scrittori del Novecento un così struggente amor di patria. L’altro è un tratto etico, la capacità di assumersi la responsabilità ».
Curzio Maltese, la Repubblica 24/1/2013
Si può amare o odiare il diritto canonico perché pone un limite ai governi, perché resiste all’onnipotenza dei sovrani e dei potenti, oppure perché la Chiesa, come si dolse Pasolini, «è lo spietato cuore dello Stato».
Marco Ventura, la Lettura (Corriere della Sera) 20/01/2013
Anche Pasolini di tavoli ne aveva più di uno: nella casa romana, ma anche nel buon ritiro di Chia.
Anche qui uno scatto, foto di Dino Pedriali (Pier Paolo Pasolini, Johan & Levi): il poeta sta correggendo un dattiloscritto a penna, la sua fedele Lettera 22, libri impilati sul tavolo di legno, una copia dell’«Espresso». La concentrazione calma e fattiva dell’autore al lavoro.
Marco Belpoliti, Domenicale, Il Sole 24 Ore 20/1/2013
A inizio del 2011, quando il governo Berlusconi III già traballava, Pannella s’incontrò con Silvio: «Noi dialoghiamo, certo, è il comandamento lasciatoci da Pasolini quando ci spedì il suo testamento, “abbiamo dialogato anche con le meretrici...” ». Pasolini diceva anche, in un discorso ritrasmesso proprio ieri su Radio radicale, «noi abbiamo buoni stomaci». Ecco, Marco ce l’ha. E per digerire Epurator ci vuole.
Jacopo Iacoboni, La Stampa 19/1/2013
Sei così ipocrita, che come l’ipocrisia ti avrà ucciso, sarai all’inferno, e ti crederai in paradiso (Pier Paolo Pasolini a G.L. Rondi)
Carlo Alberto Brioschi (a cura di), Il politico portatile. La questione morale da Aristotele ai Simpson, Guanda 2012
L’autrice [Petrignani] colloca questa sua guida retrospettiva all’intellighenzia della capitale tra due date: il 1952 che Pier Paolo Pasolini, arrivato due anni prima a Roma dal Friuli, evoca nelle Ceneri di Gramsci ( «Improvviso il mille novecento / cinquantadue passa sull’Italia») e la morte dello scrittore il 2 novembre del ’75. Se la prima data è più suggestiva che oggettiva, perché il fermento in città comincia immediatamente dopo la liberazione del ’44, sull’ultima non si può che concordare, forse con una sottolineatura successiva, il rapimento Moro e il ritrovamento del suo cadavere nel ’78. La Roma notturna dei funerali di PPP con l’orazione disperata di Moravia e, dopo, le immagini di via Caetani concludono simbolicamente quella stagione di fervore, anche se in realtà stanno avvenendo cambiamenti sostanziali d’altro genere, l’inizio della grande onda mediatica, l’invasione pubblicitaria (che Fellini non manca di sottolineare nel suo episodio del film collettivo «Boccaccio ’70» con il grande manifesto della Ekberg sopra al coretto di «bevete più latte, il latte fa bene...»), i vecchi negozi storici del centro che cedono alle boutique del nuovo lusso, le terrazze private che prendono il posto delle trattorie familiari, la televisione che avanza e i movimenti che retrocedono. Mentre, per riprendere l’antinomia pasoliniana tra la gloria e il successo, è sempre più quest’ultimo l’obiettivo, e l’ambizione al warholiano quarto d’ora di celebrità si sostituisce all’impegno ideologico.
Elisabetta Rasy, Domenicale, ilSole24Ore 13/1/2013
Marco Pannella, infatti, leader storico dei Radicali, ha scritto una lettera aperta al premier per ribadire “un mio, nostro scegliere la tua coalizione”. Una richiesta di dialogo significativa e spiazzante – non c’è dubbio – ma arrivata da un interlocutore che non è esattamente sinonimo di “potere forte”. (E per fortuna, avrebbe aggiunto Pier Paolo Pasolini, che nel suo “testamento” lodava i Radicali per aver cercato interlocuzioni “al centro delle città, e negli angoli più lontani, più morti, più infrequentabili”).
mvlp, Il Foglio 8/1/2013
Era la Roma di Vincenzo Cardarelli, «il più grande poeta morente», l’autore di «Distesa estate/ stagione dei caldi climi/ dei grandi mattini», con il suo centro storico scalcinato e seminato di bordelli, «vizio e sole, croste e luce!» scriverà Pasolini a un amico
Giustamente Sandra Petrignani mette come uno degli esergo di Addio a Roma una frase del Pasolini di La rabbia , perfetta nel delineare ciò che sarà: «Il mondo borghese, il mondo della tecnologia, il mondo neocapitalistico, va verso una nuova preistoria».
Il grido di dolore di Alberto Moravia in morte di Pasolini,«Abbiamo perso un poeta, i poeti sono sacri», sincero quanto anacronisticamente elitario, nel momento in cui la sacralità è ormai appannaggio delle masse e delle loro lotte, racchiude in sé la fine di un’epoca, di un mondo, di uno status.
Stenio Solinas, il Giornale 4/1/2013
«Chi ha detto che il Trullo è una borgata abbandonata? Le grida della quieta partitella, la muta primavera, non è questa la vera Italia, fuori dalle tenebre?» Sono versi di La Partitella. Pasolini scrive la poesia nel 1963, dopo avere giocato a pallone con alcuni ragazzi del Trullo, tra Monte delle Capre e Montecucco, nella periferia romana, dove tornerà tre anni dopo per girare Uccellacci e uccellini.
Uno di loro è il nonno di Inumi. «So’ io Accattone! Da Ponte Sisto, ner Tevere me ce buttavo davero!» ripete. Il nonno ha raccontato spesso al nipote del giorno in cui ha avvistato Pasolini. «Fèrmete, a Pa’, da du’carcico’nnoi!». Lo ha detto per ridere, ma Pa’ si toglie veramente la giacca e si mette a giocare con lui. Non solo. Nella Partitella, descrive quel ragazzo di borgata come un poeta che gli corre incontro, su quel prato, dalla Storia. Quel giorno al Trullo Pier Pa’ ha seminato qualcosa, segno che non sempre una discesa in campo rade gli animi al suolo.
Silvia Ranfagni, il venerdì 4/1/2013