Marco Travaglio, l’Espresso 8/11/2013, 8 novembre 2013
COME TI SGONFIO IL TESSERAMENTO
C’è un che di surreale nel dibattito interno al Pd sul tesseramento gonfiato. Non solo i candidati alla segreteria, ma tutti i leader e sottoleader fino all’ultimo peone si dichiarano esterrefatti, scandalizzati, increduli. Come se l’acquisto di centinaia di migliaia di tessere farlocche in tutt’Italia per truccare il congresso riguardasse un altro partito. Come fossero dei passanti che assistono allibiti a una scena che non li riguarda. Come se la colpa fosse del destino cinico e baro, dunque ineluttabile e imperscrutabile.
Escludendo che l’esercito di falsi tesserati a un mese dal congresso sia frutto del caso o delle avverse condizioni meteorologiche, è evidente che i mandanti e gli esecutori hanno nomi e cognomi precisi. E i capicorrente e capibastone nazionali che si stracciano le vesti, non si sa bene contro chi, li conoscono bene, dopo una vita passata a far congressi e primarie.
CIASCUNO HA I SUOI luogotenenti nelle federazioni locali, con un controllo del territorio capillare che gli consente di sapere chi sta reclutando chi e a vantaggio di chi. Matteo Renzi ha imbarcato parecchi dinosauri, fra cui Piero Fassino che anni fa fu eletto segretario Ds dopo che l’intera Uil torinese s’era iscritta al partito in una notte. E la Margherita, l’altro socio fondatore del Pd che sta in gran parte col sindaco di Firenze, celebrò il suo ultimo congresso nel 2007 fra gli scandali: gente tesserata post mortem in quasi tutto il Sud; iscritti in Calabria che superavano gli elettori delle ultime regionali (168 contro 55 a Gioia Tauro, 205 contro 123 a Locri, 95 a 21 a Siderno), come se il partito fosse talmente malfamato che non lo votavano neppure gli affiliati.
Il rivale di Renzi, cioè il dalemiano Gianni Cuperlo, si avvale in Campania dell’apporto di Andrea Cozzolino. Il quale tre anni fa, candidato favoritissimo a sindaco di Napoli, si giocò la chance e la sopravvivenza del Pd con sistemi talmente spregiudicati da indurre Roma ad annullare le primarie (il partito fu poi escluso dal ballottaggio e vinse De Magistris): code di cinesi - pagati 10 euro a testa - ai seggi; sezioni Speedy Gonzales dove gli elettori di Cozzolino erano così tanti che avrebbero dovuto impiegare 31 secondi netti a testa per entrare in cabina, segnare la scheda e uscire; seggi bulgari dove alle primarie votava più gente che alle politiche; e così via.
PER QUESTO OGGI lo sdegno di tutti i leader per un sistema che tutti i big hanno sempre usato e ormai si riproduce per li rami col pilota automatico, suona fasullo e ipocrita. Almeno finché qualcuno non comincerà a fare i nomi. O a proporre soluzioni più praticabili del blocco del tesseramento invocato da Cuperlo: che, ammesso e non concesso che venga deciso, chiuderebbe il recinto quando i buoi sono già scappati, anzi entrati. Per vanificare i tesseramenti truccati, basterebbe sospendere l’efficacia di tutte le iscrizioni degli ultimi due-tre mesi fino al giorno dopo il congresso. Così gli iscritti fasulli non vi avrebbero alcun peso. Una regola di buonsenso che potrebbe essere inserita nello statuto per il futuro: nessuno può tesserarsi nei sei mesi precedenti i congressi e le primarie (oggi invece ci si può iscrivere al Pd anche a lavori in corso). Ma non pare che l’unica soluzione efficace sia stata proposta da alcuno. Anche perché, andando un po’ a fondo, i colpevoli salterebbero fuori. E molti di quanti oggi s’indignano dovrebbero smettere per pudore.
Una tessera del Pd costa 15-20 euro a seconda delle federazioni. Chi ne compra anche solo mille deve sborsare 15-20 mila euro. O è un benefattore, e i soldi li mette di tasca sua; o è un ladro, e li prende da tangenti. Il primo movente di Tangentopoli, per i politici, era proprio incassare fondi neri per comprare tessere, scalare il partito e arraffare una poltrona pubblica per continuare a rubare e a salire sempre più su. Un giorno Piercamillo Davigo andò in carcere a interrogare due signori delle tessere, uno della Dc e uno del Psi, reclusi in due celle vicine. Il primo accusò il secondo: «È un farabutto, tesserava interi caseggiati». E l’altro: «Parla lui che tesserava i caseggiati che avevo già tesserato io». Chissà che anche quei due non siano passati al Pd.