Massimo Di Nola, Il Sole 24 Ore 8/11/2013, 8 novembre 2013
AZERBAIJAN, NON SOLO PETROLIO
Primo semestre +10,5%: è uno dei dati che il presidente Ilham Aliyev, seconda generazione di una famiglia che governa l’Azerbaijan ormai da 19 anni, cita con maggiore soddisfazione. Corrisponde alla crescita dell’economia del Paese, nel settore "non oil". Ed è un buon segnale: indica che la ricchezza creata dalle piattaforme che lavorano giorno e notte estraendo gas naturale e petrolio dal Mar Caspio si sta diffondendo ad altre attività. In realtà la produzione di greggio recentemente è un po’ calata ma non è certo un dato in grado di rallentare gli ambiziosi programmi di sviluppo e diversificazione dell’economia del Paese. Invece, che cosa cresce?
Per ora sono i servizi, il commercio e soprattutto le costruzioni. La veduta di Baku dal Caspio rivela i diversi strati di rinnovamento in atto in una città che non è nuova alla ricchezza. Lungo il fronte mare si dispiegano i grandi palazzi in stile tardo ottomano sorti in un’epoca (seconda metà dell’Ottocento) in cui Baku era già una capitale mondiale del petrolio. Ora sono stati perfettamente restaurati (almeno per quanto riguarda le facciate) ed è lì che sono collocati i negozi di Bulgari, Gucci, Zegna e altri marchi del lusso mondiale.
Più in alto svettano le sagome di tre altissime torri a forma di cornetto, simbolo di un’edilizia ambiziosa e contemporanea, reperibile anche in altri luoghi della città che vuole competere con Dubai e le altre metropoli petrolifere del Golfo. Ai margini proliferano i nuovi grattacieli-condominio destinati alla classe media locale e al resto della popolazione. Lì verranno trasferiti, ad esempio, gli abitanti del quartiere sovraffollato e un po’ fatiscente, anche se pittoresco, situato alle spalle dell’antica città medievale. Al suo posto dovrebbe sorgere un grande parco. L’impegno di pianificazione da parte del Governo peraltro non riguarda solo Baku: il presidente ha decretato che siano avviate commissioni urbanistiche in tutte le maggiori province.
Chi costruisce? I giochi (e le plusvalenze) immobiliari sono gestiti prevalentemente da gruppi e holding locali (spesso in partnership con capitali provenienti da Paesi del Golfo e Turchia) arricchitisi recentemente grazie ad attività e rendite commerciali e dotati di forti collegamenti politici. Si aggiungono finanzieri e tycoon azeri espatriati, come Vagit Alekperov, presidente di Lukoil o Aras Agalarov presidente di Krokus (Fiere e grandi magazzini in Russia) e genero di Alyiev. La progettazione degli edifici più impegnativi o comunque di prestigio è in genere affidata a grandi studi britannici e statunitensi. L’esecuzione è invece appannaggio delle grandi società di costruzione turche che si sono saldamente insediate nel Paese o anche di gruppi azeri emergenti come Akkord che opera anche negli Stati vicini (Georgia, Russia) e punta a estendere l’attività ai materiali da costruzione.
Gli italiani vengono chiamati dai committenti (o dagli esecutori) soprattutto per il design d’interni e arredi con squadre di allestitori che giungono dalla Brianza, dal Veneto, dal Piemonte. Sono ben posizionati anche nella realizzazione e progettazione del verde.
«In realtà lo spazio di mercato per le nostre imprese di progettazione, costruzione, impiantistica civile, materiali, sarebbe molto più ampio, ma dobbiamo anche farci vedere di più» sottolinea Luigi D’Aprea, direttore della sede dell’Ice recentemente riaperto a Baku. Ed è questo anche uno degli obiettivi della missione che Ice ha organizzato con Confindustria dal 13 al 15 novembre e che accanto all’edilizia civile (e alle forniture per il settore oil & gas) punta anche e soprattutto all’ambizioso programma di infrastrutture avviato o comunque annunciato dal Governo con costruzione di autostrade, ampliamento della rete metropolitana della capitale, realizzazione di un nuovo grande porto a Sud di Baku, modernizzazione del collegamento ferroviario, via Tbilisi (Georgia) fino a Kars in Turchia. Segno che l’Azerbaijan sta giocando seriamente le carte con cui prevede di posizionarsi come hub di riferimento dei flussi logistici tra Europa ed Asia centrale.
Per attrarre nuovi investimenti dall’estero sono poi in fase di avvio alcuni parchi industriali che mettono a disposizione infrastrutture specializzate e notevoli benefici fiscali. Il più ambizioso è Sumgait Chemical Park. Sumgait, non lontana da Baku, è un polo industriale di era sovietica dove sorgeranno ora nuovi impianti petrolchimici. A Balachan, localizzata a 15 minuti di auto dalla capitale, è prevista invece un’area specializzata in attività di waste management (trattamento rifiuti urbani, riciclaggio plastica, pneumatici, batterie). In fase di avvio infine un polo dedicato alla filiera Ict (software per banche e istituzioni). L’Azerbaijan prevede di realizzare una rete nazionale a banda larga e ha appena lanciato il primo di due satelliti per le telecomunicazioni. Infine l’agricoltura: «Insieme al turismo è il settore a cui stiamo guardando conm maggiore interesse», spiega Jafar Babajef, general manager di Caspian international investment un fondo di private equity promosso dal Governo e da Islamic development bank a cui partecipano anche gruppi finanziari yemeneti e kuwaitiani. I territori dell’Azerbaijan alle pendici del Caucaso hanno un grande potenziale e anche una tradizione nel settore agricolo (ortofrutta, inclusa viticoltura) e dell’allevamento (bovini e ovini). «Eppure - spiega Babajef - ci troviamo a importare la maggior parte dei prodotti alimentari confezionati, dalle bevande al burro».
Ci sono enormi possibilità, quindi, sia sul nostro mercato sia per estendere e aggiungere valore all’export verso i Paesi vicini (Russia, Kazakistan) dove i prezzi al consumo sono spesso elevatissimi e ci consentono ampi margini. Anche il Governo ci crede: in questi anni ha investito e continua a investire nelle infrastrutture necessarie (strade, canalizzazioni) e ha varato un vasto programma di iniziative di supporto agli agricoltori inclusa una società, Agroleasing, che fornisce finanziamenti a tasso bassissimo e sovvenzioni agli agricoltori disposti a investire. Cominciano a crederci multinazionali come Danone, che ha appena aperto un impianto di lavorazione del latte. «Ma anche l’Italia può essere un partner prezioso lungo tutta la catena del valore» sottolinea Babajef che spiega: «Ad esempio, a Roma ho recentemente incontrato una società con linee di lavorazione e packaging per ortofrutta che effettua esattamente l’attività che intendiamo avviare noi. Ma anche nel campo della meccanizzazione delle campagne c’è moltissimo da fare. Da noi circolano ancora i vecchi trattori Ursus di epoca sovietica: quella non è più roba che fa per noi».