Daniele Autieri; Carlo Bonini, la Repubblica 8/11/2013, 8 novembre 2013
ALL’ATAC UN’ASSOCIAZIONE A DELINQUERE
Atac, l’azienda di trasporto pubblico di Roma, entra nella “tempesta perfetta”. L’inchiesta di Repubblica sulla doppia contabilità assicurata dalla truffa dei biglietti clonati (70 milioni di euro l’anno sottratti ai libri contabili) e il patto politico trasversale (sinistra e destra) che nel tempo (13 anni) l’avrebbe consentita in cambio di finanziamenti occulti assicurati proprio da quel “bilancio nero”, accende la rabbia della città, dei sindacati, delle associazioni di consumatori. Sollecita buona parte dell’arco politico consiliare in Campidoglio, dal Pd al Movimento 5 stelle a Sel, alla lista Marchini, alla Lista civica Marino, fino all’ex sindaco Alemanno (che di Atac è stato azionista unico fino a quattro mesi fa), a chiedere l’azzeramento dei vertici aziendali, a una «pulizia che stavolta sia davvero tale». Convince il presidente dei senatori del Pd, Luigi Zanda, a dare alla faccenda la dignità e il peso di una questione politica nazionale, chiedendo «un’inchiesta interna i cui risultati vengano resi noti in tempi rapidissimi all’opinione pubblica».
Tutti chiedono di scoperchiare il verminaio di un’azienda il cui dissesto è sotto gli occhi di tutti da molto tempo. Solo a volerlo vedere e non tollerare. Tutti - anche chi, come il Campidoglio, di Atac è proprietario unico da sempre - si interrogano ora su come sia stato possibile che Atac abbia gonfiato i propri organici oltre misura (12mila dipenden-ti), raggiunto un indebitamento di 1 miliardo 600 milioni di euro, perda 150 milioni di euro l’anno, per ritrovarsi senza un quattrino per pagare gli straordinari degli autisti e far circolare nelle strade un parco veicoli degno di questo nome.
L’amministratore delegato di Atac, Danilo Broggi (nominato da Marino nel luglio scorso), al termine di una giornata di infernale silenzio consegna alle agenzie di stampa una breve nota che conferma quanto riferito giovedì mattina da Repubblica. Che l’Atac sapeva cosa era accaduto e stava accadendo nei suoi uffici. Da almeno tre anni.
«La questione della truffa consumata sul sistema di bigliettazione Atac è nota all’azienda», si legge. «Atac ne ha fatto oggetto di documenti di indagine interna sin dal 2010. Tale attività ha condotto, nell’agosto del 2012, alla consegna alla Procura della Repubblica di un rapporto commissionato a uno studio legale esterno. Sin dal momento del mio insediamento, tuttavia, ho avviato ulteriori approfondimenti sui processi organizzativi per verificare se ci siano state o meno inerzie da parte aziendale. Per il resto, riconfermo la piena collaborazione al lavoro dei magistrati».
Conviene dunque tornare proprio a quell’audit interno consegnato nell’estate 2012 alla Procura, di cui Repubblica è in possesso e di cui ha già dato in parte conto ieri. Perché la lettura delle 374 pagine di quel rapporto consente di comprendere quanto e in che termini ultimativi l’azienda e il suo azionista (il Campidoglio) sapessero. «Diversa e più pericolosa - si legge a pagina 309 - si presenta la situazione nel caso di attacchi (alla sicurezza del sistema di bigliettazione, ndr) che si originano in seno all’azienda, per cui si potrebbe affermare che il pericolo per Atac è se stessa!».
Già, «il pericolo per Atac è se stessa!». Il punto esclamativo è degli estensori dell’audit e suona come il grido disperato di chi non sa più come farsi ascoltare. Di chi vede qualcosa che lo spaventa. Scrive infatti delle possibili responsabilità in Atac lo studio legale Guidone di Napoli, il cui parere è allegato al dossier: «Non va sottaciuta la possibile sussistenza di un’associazione per delinquere».