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 2013  novembre 07 Giovedì calendario

PERISCOPIO


Cara ministra Cancellieri, già che si trova, non potrebbe chiedere la grazia anche per Berlusconi? Jena. La Stampa.

Negli anni 90 la sinistra c’era. Adesso è scomparsa. Allora era scombiccherata, pronta a mettere in azione una macchina da guerra senza accorgersi che era già a pezzi, sotto choc per il crollo del regime sovietico. Ma c’era. Oggi, in tutte le sue componenti più o meno moderate, più o meno estremiste, ha fatto fare ad altri, si è dileguata, si è nascosta. Ha evitato ogni parola, ogni discorso, ogni dichiarazione che potesse dare alla crisi del berlusconismo una connotazione che non fosse di moderatismo democristiano. Ritanna Armeni. Il Foglio.

Per far fuori Berlusconi è stato allestito un grande fuoco con la pentola per cannibali in cui cuocere a fuoco lento il Cavaliere, accompagnato dal canto delle sirene, destinato ai deputati e ai senatori del Pdl. Ecco il ritornello: «Dovete e potete vivere senza il vostro leader: dividetevi e noi vi daremo la patente di VPD, Vero Partito Democratico. Il trucco è sotto gli occhi di tutti poiché l’unico elemento dell’identità collettiva del Pdl è l’identità singola del suo leader e fondatore. Chiedere l’eliminazione di quell’identità, significa chiedere, con soave gentilezza, il suicidio assistito: «Sparatevi e diverremo amici». Veramente gentili. Paolo Guzzanti. Il Giornale.

Se Cècile Kyenge non fosse nera, non sarebbe diventata ministro. Con lei è stata fatta una scelta politica: quella di mettere un ministro di colore, al di là di quella che poteva esser la reale esigenza del governo. Non l’ho mai vista fare una proposta concreta, al di là di dire abolisco questo o quest’altro. Sullo ius soli non ha spiegato come intende renderlo compatibile con l’ordinamento italiano. La sua nomina, infatti, è stata una scelta demagogica. Per ora, rischia di essere più il ministro della propaganda che quello dell’integrazione. Flavio Tosi, sindaco di Verona, oggi al programma Un Giorno da Pecora, Radio2.

Chi tradisce, in politica, beneficia di un vantaggio immediato, ma che svanisce piuttosto velocemente. È chiaro che, nel primo periodo, coloro che hanno beneficiato del tuo tradimento, ti coccolano, ti colmano di attenzioni, promesse e pacche sulle spalle. Dopo un po’, però, ti guardano con sospetto perché non si fidano. Chi ha tradito una volta, può tradire di nuovo. Clemente Mastella. il venerdì.

Fatico a vedere l’utilità dell’Ordine dei giornalisti. Credo sarebbe più utile, come da altre parti, un’associazione seria e rigorosa nella quale si entra per quello che fai e non tanto per aver dato un esame. E non dico questo per il fatto che sono stata bocciata all’esame per l’accesso alla professione. L’ho fatto insieme ai miei allievi della scuola di giornalismo. Loro sono passati, io no. L’esame non l’ho più fatto. Per fare gli orali avrei dovuto imparare l’Abruzzo, nel senso del libro di Franco Abruzzo. Un tomo che dovevi (e forse devi ancora) mandare a memoria per sapere tutto di cose che, quando ti servono, le vai a vedere volta per volta. Non ha senso. Ho pensato che si può vivere lo stesso anche senza essere giornalista professionista. Milena Gabanelli. Sette.

Senza dittatura del proletariato sono bastati Keynes e il pil, ovvero una spesa statale eversiva di qualsiasi buon senso, a compiere lo stato socialista. Progressisticamente, per opera di Mussolini o dei laburisti, del New Deal o di Kennedy, il capitalismo di stato ha compiuto il socialismo. E con delle provvidenze come le pensioni o l’assistenza sanitaria, ben oltre quelle pensate da Marx. La disoccupazione è retribuita, il non lavoro è ormai una scelta e non una condanna: tant’è che ora si importano immigrati. Geminello Alvi, Il capitalismo. Marsilio.

Un’azienda entra in crisi perché i suoi prodotti sono superati o per degli squilibri patrimoniali. A quel punto, si agisce operando su costi e ricavi, così da poter rimborsare i debiti eccedenti. Ma si ragiona in termini drastici, cioè di riduzione di almeno il 10% delle poste in bilancio. Lo stato italiano dovrebbe fare altrettanto, a partire dalla riduzione delle spesa pubblica di 8-10 punti percentuali. Guido Roberto Vitale, banchiere d’affari. Il Foglio.

Ho fatto la terza media. Ho smesso di studiare perché i miei non potevano mantenermi e sono andato subito a lavorare fuori casa. Ho studiato dopo, ho azzardato e dato l’esame di maturità a 26 anni facendo cinque anni in uno, per avere il diploma e accedere all’università. Mi sono laureato tardi, in Lingue e letterature straniere. Conoscevo tre lingue e ora leggo anche i classici in castigliano, poi ho studiato da solo il greco, ma non a fondo. Però tutto non si può fare. Già imparare bene il tedesco e non dimenticarlo del tutto... ho tradotto Goethe e Schiller, eppure faccio ancora ogni giorno un’ora di esercizi, di compitini. Aldo Busi. Il Fatto quotidiano.

Isaac Bashevis Singer viveva tra due mondi, tra lo yiddish e l’inglese. Tra Varsavia e New York. Tra il padre e i figli, i viventi e i morti. Tra Yitskhok e Isacco. Tra lui stesso e il suo doppio. Bruno Corty. Le Figaro.

Dove eravamo, doveva essere stato un bel paese. Ora invece, delle case, rimanevano in piedi soltanto i camini di mattoni. La chiesa era metà, e, nell’abside, erano il comando di compagnia, un osservatorio e una postazione per la pesante. Scavando i camminamenti negli orti delle case che non c’erano più, uscivano fuori dalla terra e dalla neve patate, cavoli, carote, zucche. Qualche volta era roba buona e si faceva la minestra. Mario Rigoni Stern, Il sergente nella neve. Einaudi.

«Rabbi voglio morire!». «Morire non è una soluzione...». «Vivere! Bisogna dunque vivere?». «Vivere non è una soluzione». «Allora, Rabbi, qual è la soluzione?». «E chi ha detto che c’è una soluzione?». M.A. Ouaknin, D. Rotnemer, Così giovane e già ebreo. A cura di Moni Ovadia. Piemme

Dovette interrompersi perché era arrivata una bistecca che aveva la forma della Svizzera, la grandezza e lo spessore di un messale. Gamaliele la aggredì con coltello e forchetta, mangiandone anche i bordi cartilaginosi. Arrivato alla fine, pulì il piatto con un pezzo di pane e riprese a discorrere. Piero Chiara, Viva Migliavacca!. Mondadori. 1982.

Prima mi guardavo allo specchio. Oggi mi accontento delle vetrine. Roberto Gervaso. Il Messaggero.