Gian Antonio Stella, Sette 8/11/2013, 8 novembre 2013
GIGGINO ’0 FACTOTUM IL SINDACO DI NAPOLI LUIGI DE MAGISTRIS HA BATTUTO TUTTI I RECORD DI CENTRALISMO DEMOCRATICO: S’È PRESO LA BELLEZZA DI 18 DELEGHE. INSOMMA, “FASSO TUTO MI”
«Giggino qua / Giggino là / Giggino su / Giggino su…». Secondo il Corriere del Mezzogiorno, che ha fatto i conti, il sindaco di Napoli Luigi De Magistris batte tutti ma proprio tutti i record di, chiamiamolo così, centralismo democratico. Si è preso o ripreso dopo le dimissioni di questo o quell’assessore la bellezza di 18 deleghe. Tanto da guadagnarsi sulle pagine partenopee del Corriere un titolo che si richiama sportivamente a Fausto Coppi o più malignamente al Capoccione: «Un uomo solo al comando».
Va detto che proprio solo in assoluto non è. Diciotto deleghe, infatti, se l’era già prese il sindaco di Bari Michele Emiliano, lui pure ex magistrato come il collega napoletano e lui pure non esente, diciamo così, da qualche tentazione di protagonismo. Dettata da quello spirito traducibile soltanto nel veneto “fasso tuto mi”.
«Ma come fa?», si è chiesto l’autore dell’articolo Paolo Cuozzo. «Siamo di fronte ad un sindaco o ad un superassessore? Il primo cittadino napoletano, infatti, oramai da mesi svolge contemporaneamente il ruolo di sindaco, di assessore alla Mobilità con delega alla Metropolitana e a tutte le società di trasporto pubblico (Anm, Metronapoli, Napolipark), e di assessore alla Sicurezza e alla Polizia Municipale. E non solo. Perché da qualche settimana l’ex pm è anche assessore ad interim allo Sport e alla sanità, viste le dimissioni di Pina Tommasielli. Insomma, al Comune fa tutto lui, il sindaco, dove gestisce anche i fondi europei, la delega agli eventi internazionali, vedi il Forum delle Culture…».
Non bastasse, stando al sito web ufficiale del Comune, «riesce perfino a tenere i rapporti con le Municipalità (sono ben 10) e con il Consiglio comunale. Ma come farà? E gli altri assessori cosa fanno? Il superdinamismo del sindaco fa a cazzotti col fatto che in giunta ci siano assessori che di deleghe ne hanno appena una: vedi Alessandra Clemente, che ha quella ai Giovani; oppure Nino Daniele, che gestisce Cultura, turismo e biblioteche. Lui no. Lui non si risparmia. Lui, il sindaco, fa di tutto. Compreso tenere i rapporti con Aurelio De Laurentiis, quindi col Calcio Napoli – perché quelli non intende proprio affidarli a nessuno – soprattutto per quanto attiene al futuro dello stadio San Paolo». Nessun altro sindaco in Italia, spiega il giornale diretto da Marco Demarco, si è accaparrato tante deleghe. Solo Giuliano Pisapia, a Milano, ne ha parecchie: nove. Compresa quella all’Expo 2015 in qualche modo obbligata dalla sua presenza nella struttura commissariale. Ma si tratta, comunque, della metà di quelle del collega partenopeo. Quanto a Ignazio Marino, eletto ad amministrare Roma che è molto più grande di Napoli, ne ha un terzo: sei. Tutti gli altri stanno sotto. Piero Fassino, che oltre a essere il sindaco di Torino è anche presidente dell’Anci, l’associazione nazionale dei comuni, di deleghe ne ha tenute tre. Leoluca Orlando, che amministra la più grande città del Mezzogiorno dopo la metropoli vesuviana, ha nominato nella sua giunta due assessori in meno (dieci contro dodici) del primo cittadino napoletano eppure di deleghe non ne ha tenuta manco una. Esattamente come il sindaco oggi più famoso d’Italia, quello di Firenze Matteo Renzi: zero.
Nomignoli. Va da sé che i napoletani, che in questo gioco sono maestri insuperabili, hanno appiccicato al loro incontenibile “viceré” un nuovo nomignolo. I primi li aveva già elencati Aldo Grasso: «“Giggino ’a manetta” (da magistrato incarcerava), “Giggino ’o skipper” (omaggio all’America’s Cup), “Giggino ’o scassatore” (rottamatore), “Giggino ’o floppe” (sta per flop), “Giggino ’a promessa” (alla bulimia verbale non sempre sono corrisposti i fatti), “Giggino ’ncoppa a gaffe” (“Napoli è più sicura di Bruxelles”, per dirne una)» fino alla sintesi: «Giggino ’o narcisindaco». La collezione, grazie alla difficoltà del nostro a fidarsi degli altri, finalmente si arricchisce: «Giggino ’o factotum».