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 2013  novembre 08 Venerdì calendario

STAITI DI CUDDIA, IL «BARONE NERO»: «LA DESTRA? RIBOLLITA DISGUSTOSA»


Barone Tomaso Staiti di Cuddia delle Chiuse, cosa bolle nel pentolone della destra italiana?
«Non bolle, ribolle: e ne verrà fuori una ribollita. Disgustosa».
Continui.
«La settimana scorsa assistetti alla presentazione del libro di Gianfranco Fini presso la Fondazione Corriere della Sera , e rimasi molto sorpreso. Non dai toni di Fini, che come al solito quando parla di politica è burocratico, senza un grammo di passione: no, a sorprendermi fu il modo in cui egli glissò sui suoi rapporti con Berlusconi. Ero certo che spiegasse, almeno in parte, cosa è realmente accaduto con il Cavaliere dopo quel famoso “Che fai, mi cacci?”. E invece niente, non una parola, stranamente molto tiepido...».
Secondo quanto riportato dal Foglio , tra una precisazione e l’altra, Guido Crosetto di Fratelli d’Italia sostiene che in realtà Fini spera di scongelare simbolo e patrimonio di Alleanza nazionale e, per riuscire nell’operazione, starebbe cercando di ricucire i rapporti con il Cavaliere, visto che nella fondazione di An siedono due berlusconiani come Gasparri e Matteoli.
«Mi sembra del tutto credibile, sì. Fini, del resto, ha tutta l’aria di essere intenzionato a rientrare in pista e lui, meglio di chiunque, sa bene quanto sia ingente il tesoretto di An, che poi altro non è che la magnifica eredità del Msi, tra donazioni di denaro liquido e di beni immobili, cui — modestamente — contribuii anche io, quando nel 1970 acquistai per 2 milioni di lire la sede del partito a Milano, in via Mancini».
Il tesoretto ammonterebbe a circa 400 milioni di euro.
«È chiaro che una simile somma faccia gola, no? Ma per fare politica, o tornare a fare politica, solo i soldi non bastano».
E qui arriviamo al secondo indizio: Fini glissa sul Cavaliere ma, nelle interviste, è spesso ruvido con La Russa e Meloni di Fratelli d’Italia...
«Sondaggi alla mano, la mossa di Fini potrebbe apparire strategicamente sbagliata, perché Fratelli d’Italia sembra avere numeri discreti. Però io un’idea ce l’ho. Primo, qualcosa a livello personale con La Russa, di cui era molto amico, e con la Meloni, una sua creatura, è successo. Secondo: il fatto che intorno a quel partito ronzino tipi come Magdi Allam e Oscar Giannino insospettisce Gianfranco... Terzo: ho la sensazione che Fini subisca molto l’influenza della sua compagna».
E così arriviamo a una sola conclusione possibile.
«Semplice semplice... se Fini vuol davvero rientrare nei giochi della politica, a destra non gli resta che Francesco Storace. I due sono stati legatissimi, Storace è stato un suo formidabile portavoce...».
Ma su alcuni temi, come quello dell’immigrazione, ad esempio, ci sarebbero profonde incompatibilità.
«Con uno come Fini lei parla di incompatibilità? Ah ah ah! Ma no, ma cosa dice? E poi in politica tutto si gira, rigira, tutto si giustifica... No, anzi: Storace sarebbe perfetto per lasciar fare a Fini il padre nobile di una certa destra...».
L’accoppiata Fini-Storace sarebbe davvero clamorosa.
«Clamorosa, ma piuttosto obbligata. Fini è rimasto isolato, non soltanto fisicamente, ma anche dal punto di vista politico. Certe posizioni, che lo avevano portato alla deriva che sappiamo, le aveva condivise con la Perina, con Granata... tutti spariti... chi gli è rimasto? Bocchino?».
Lei, barone, è comunque molto severo con Fini.
«È un uomo che non ha mai faticato per ottenere qualcosa. A cominciare da quando diventò segretario del Fronte della Gioventù, scelto da Giorgio Almirante in una rosa di dieci candidati dove lui, Fini, era però arrivato sesto. Un giorno lo andai a trovare nel suo ufficio alla Camera. E gli chiesi: ma perché non ti dimetti da presidente, e ti batti? Mi osservò con quel suo sguardo lungo, immobile. Allora lo incalzai: ma come hai fatto a stare tutti questi anni con Berlusconi? E lui: “Posti e potere”. Mi arrabbiai, gli chiesi: e ora ti metti pure con Casini? Mi rispose gelido: “Casini è un ombrello. E quando piove, un ombrello serve”. È questo Fini».
Però stiamo qui a parlare ancora di lui.
«Il dramma della destra italiana è questo: non aver cresciuto nessun quarantenne in grado di traghettare il mondo del neo-fascismo a qualcosa che andasse oltre An, senza scivolare in nostalgismi cretini, saluti romani, eia eia alalà, che tornano buoni solo in campagna elettorale, per racimolare qualche voto».
Ci sarebbe la Meloni.
«Mah, insomma... Ha imparato, ha studiato... Ma riscalda i cuori?».
Alemanno?
«Alemanno è sempre alla ricerca di un posto retribuito... Direi di no».
Resta Storace.
«Mi sta simpatico, ma ha un volto vecchio, usurato».
Lei non vede futuro a destra.
«No, non ne vedo. Certo, per onestà intellettuale, non nego possa essere influenzato da un certo mio risentimento...».
(Ultimo testimone di rango di ciò che fu il Msi, parlamentare in tre legislature, fama da playboy — soprannominato «il terrore dei mariti» — oggi a 81 anni vive a Lesa, sul Lago Maggiore ).