Paolo Nori, Libero 8/11/2013, 8 novembre 2013
MA COME FA UNO A BUTTARSI A SINISTRA AL 78° MINUTO DI UNA PARTITA DI CALCIO?
Un signore che si chiama Viktor Sklovskij, che si potrebbe forse definire come il padre della teoria formalista, «l’unica teoria - scrive Lev Trockij, - che in Russia si sia opposta in questi anni al marxismo», quel signore lì, nel 1923 scrive che «il colore dell’arte non riflette mai il colore della bandiera che sventola sulla cittadella del potere»; tutte le volte che, in questi anni, ho pensato a quella frase di Sklovskij, ho pensato che, se è vera, e a me sembra vera, è vero anche il contrario, cioè che il colore dell’arte non riflette mai il colore della bandiera che sventola sulla cittadella dell’opposizione.
In questo senso, mi ha molto incuriosito il libro di Francesco Piccolo Il desiderio di essere come tutti, che è una specie di autobiografia politica nella quale Piccolo identifica anche il momento esatto in cui è nato il suo, per così dire, sentimento comunista: «Il 22 giugno 1974 - scrive Piccolo - al settantottesimo minuto di una partita di calcio, sono diventato comunista». La partita è una partita del mondiale del 1974, Germania Ovest contro Germania Est, ed è stata vinta dalla Gernania Est, uno a zero, gol di Jürgen Sparwasser al settantottesimo minuto, appunto. Ecco io faccio fatica a capire come il gol di Sparwasser ha fatto sì che Piccolo diventasse comunista.
Perché va bene, è normale, per un bambino (Piccolo aveva dieci anni) tenere per i più deboli, ma a quei mondiali partecipava, per esempio, anche Haiti, che si scontrò anche con l’Italia, e andò in vantaggio nel secondo tempo, al quarantanovesimo, con un gol di Sanon, ed è indubitabile che Haiti fosse più debole dell’Italia ma Piccolo, per questo, non diventa un Dinosauro (così venivano chiamati, c’è scritto su Wikipedia, i sostenitori di Jean-Claude Duvalier, alias Baby Doc, il dittatore che all’epoca governava Haiti). Qualcuno potrebbe obiettare che i giocatori di Haiti erano vittime, della dittatura di Baby doc, e che Sanon era tutt’altro che un dinosauro, ma può darsi che lo stesso si possa dire dei giocatori della Germania Est (so pochissimo della Germania Est, oltre che di Haiti, ma sul profilo di Wikipedia di Jürgen Sparwasser, quello che ha fatto diventare Piccolo comunista, la prima cosa che c’è scritta è una frase dello stesso Sparwasser: «Dopo il gol alla Germania Ovest si diceva che ero stato ricompensato generosamente con una macchina, una casa, e un ricco premio in denaro. Ma non è vero »).
Ancora meno capisco quel che è successo a Piccolo il 9 ottobre del 1998, quando Bertinotti ha votato contro il governo Prodi. «Quel giorno, – scrive Piccolo, – è cambiato il mio atteggiamento nei confronti della politica – per sempre. Quel giorno è cambiato il mio atteggiamento verso la vita – per sempre. La purezza, il senso di giustizia, non sono state mai più il mio criterio, nemmeno come amico, o come amante». Quando, qualche anno fa, mi sono chiesto che cos’è il potere, mi sono risposto che il potere è quello che uno è capace di fare, e se penso al potere che Bertinotti ha, o ha avuto, nei miei confronti, mi vien da dire che non ha, e non ha avuto, nessun potere, sulla mia vita, e per me è stupefacente vedere i disastri che ha combinato invece nella vita di Piccolo. Ma la cosa che mi spiego meno di tutte è il finale, del libro di Piccolo, quando Piccolo scrive che voterà «per tutta la vita il partito della sinistra riformista che cercherà di governare secondo i criteri del compromesso e della collaborazione. Che ci riesca, che non ci riesca, che i suoi rappresentanti siano virtuosi o viziosi, scadenti o di grande personalità, io sto insieme a loro» ha scritto Piccolo, e io quando l’ho letto ho pensato a Simon Weil, che nel 1940, nella sua Note sur la suppression générale des partis politiques scriveva: «Quasi ovunque, e spesso anche per questioni squisitamente tecniche, il fatto di prendere partito, di prendere posizione pro o contro, ha sostituito il fatto di pensare? È una peste che si è originata nel contesto politico e si è diffusa a tutto il paese, alla quasi totalità del pensiero». Ecco io non solo non capisco, ma faccio fatica a credere che Francesco Piccolo, per il gusto di prendere partito, rinunci, per tutta la vita, a pensare, e che sia pronto a seguire i rappresentanti del «partito della sinistra riformista che cercherà di governare secondo i criteri del compromesso e della collaborazione» anche se fossero «viziosi o scadenti»; faccio fatica a crederci, ma c’è scritto proprio così.