Sara Faillaci, Vanity Fair 7/11/2013, 7 novembre 2013
SERENA DANDINI L’UOMO CHE VORREI
«Mai avrei immaginato che questo lavoro avrebbe assunto simili proporzioni. Dire che l’ho fatto durante il mio anno sabbatico, dopo essere stata cacciata dalla Rai».
Le proporzioni di cui parla Serena Dandini si riferiscono al successo del suo Ferite a morte: dal libro uscito meno di un anno fa, monologhi ispirati al femminicidio, sono nate prima le letture da parte di donne della società civile in tutta Italia, e ora un tour teatrale di 50 date con un cast fisso (Lella Costa, Orsetta De Rossi, Giorgia Cardaci, Rita Pelusio) di cui la Dandini è anche regista. I monologhi, in scena anche all’estero, il 25 novembre saranno l’evento ufficiale, all’interno nel Palazzo dell’Onu, della Giornata internazionale contro la violenza alle donne.
La Tv di solito crea dipendenza in chi la fa. Lei non è andata in crisi?
«La Tv è una brutta bestia, quando sei su quella giostra è difficile decidere di scendere. Quello che è successo in Rai è ingiusto ma alla fine mi ha dato la possibilità di tornare, dopo tanto tempo, nel mondo vero».
Mondo dove le donne continuano a essere vittime della violenza degli uomini.
«Ferite a morte nasce grazie alle donne del Centro di violenza di Palermo, uno dei tanti con cui lavoriamo, per non dimenticare Carmela Petrucci, la ragazza morta per difendere la sorella dall’ex fidanzato. In un momento di immobilismo della politica, questo è l’unico modo per incidere sulla vita pubblica: il recente decreto sul femminicidio, seppur imperfetto, è comunque un primo passo».
Farebbe politica in prima persona?
«Mai dire mai».
Lei si è definita in passato di sinistra ma non comunista. Le piace Renzi?
«Purtroppo le persone di sinistra oggi non possono permettersi di dire “Non mi piace Renzi”, è l’unica sponda che abbiamo. Trovo che sia troppo di chiacchiera, il suo difetto principale è il “renzismo”. Detto questo, lo voterò».
La violenza non risparmia le nuove generazioni: che cosa pensa dello stupro di gruppo della sedicenne a Modena?
«Maura Misiti, la ricercatrice del Cnr che lavora con me, mi ha detto che da uno studio fatto nelle scuole medie e biennio superiore risulta che la percezione della differenza di genere che hanno i ragazzi oggi è quella dei nostri bisnonni. Questo succede perché le donne hanno introiettato il femminismo mentre gli uomini non hanno fatto alcun percorso di crescita. Spesso è proprio l’emancipazione della donna a scatenare la violenza: i maschi quando si trovano in una situazione di conflitto, di crisi, o di elaborazione di un lutto tornano alla cultura primitiva, che in Italia è dietro l’angolo; il delitto d’onore è stato tolto dal nostro codice l’altro ieri».
Sua figlia Adele ha 30 anni, fa la regista di documentari e vive a Londra. Lei che madre è stata?
«Tradizionale, non ho mai fatto l’amica: credo che in un processo di crescita il distacco dai genitori a un certo punto sia necessario. Come fai a “uccidere il padre, o la madre” se hai dei genitori che si vestono come te, ascoltano la tua musica? Questo mito dell’eterna giovinezza – i cinquantenni con le fidanzate giovani, le cinquantenni con i labbroni e i tubini strizzati – è deleterio soprattutto per i figli».
Lei ha avuto due mariti e dal 1993 ha un compagno, il musicista Lele Marchitelli. Il padre di Adele è stato presente?
«Assolutamente, come il mio compagno è stato un meraviglioso padre acquisito. Facciamo Natali stranissimi e pieni di gente, li farei vedere a Calderoli e a Giovanardi».
Quindi lei non ha mai subito violenza dagli uomini?
«Psicologica, che a volte può essere più pesante di quella fisica: se tu hai successo o sei più forte di un uomo, o socialmente più riconosciuta, i maschi non te lo perdonano. Non te lo diranno mai apertamente ma te la faranno pagare colpendoti sulle cose dove ti sanno più debole, piccole inadeguatezze, in modo che tu non ti senta mai all’altezza, mai brava, mai abbastanza amata. Gocce che lentamente si insinuano dentro di noi, minandoci».
Ha mai subito avance sul lavoro?
«Come no, anche in Rai, soprattutto agli inizi. Ho dovuto imparare ciò che tutte le donne dovrebbero, la prima cosa che ho insegnato a mia figlia: non è colpa nostra. Se uno sbaglia e supera quella linea che non andrebbe passata, non è perché tu glielo hai permesso. È un passaggio che sembra piccolo ma in realtà ha un peso enorme. Per me è stato difficile e doloroso».
Non aveva paura di ritorsioni, che non la facessero più lavorare?
«Certo. Poi mi sono detta che ero abbastanza forte per andare avanti da sola con le mie capacità. Per anni poi ho subito la “violenza” di chi non mi considerava abbastanza autorevole perché donna. Ho sviluppato il mio lato ironico anche per questo, la satira come modo per dire le cose, come arma».
Per reazione avrebbe potuto nascondere la femminilità, invece ha sempre mostrato gambe, scollature, tanto che dagli uomini è considerata molto sexy.
«Invecchiando cadono tutti i freni inibitori, quello che dovevi dimostrare l’hai dimostrato. Pensavo in realtà che gli uomini fossero spaventati da me, l’ironia in una donna spaventa. Ma se mi dice così, mi dia i numeri di telefono. Sono sempre stata molto pigra ma non è mai troppo tardi».
Mai stata attratta da un politico?
«Ai tempi piaceva a tutte D’Alema, ma io come facevo a trovarlo sexy quando in trasmissione avevo tutti i giorni Sabina Guzzanti che lo imitava ed era uguale?». Da qualcuno che ha intervistato? «Ero molto attratta da George Clooney. Andai a Londra per intervistarlo, peccato che avesse appena mangiato dell’aglio – qualcuno deve avergli detto che fa bene al cuore – per cui l’incontro non fu simpaticissimo. Una volta sola ho provato un’attrazione fisica pazzesca: per un chitarrista fenomenale che venne ospite a Parla con me».
Starà mica parlando di Ben Harper?
«Proprio lui. Per capire cosa ho provato basta guardare la registrazione con la mia faccia quando si siede accanto a me sul divano».
Capisco. Ho provato anche io la stessa sensazione quando l’ho incontrato.
FEMMINICIDI NON SOLO IN ITALIA
66.000 sarebbero le vittime di femminicidio nel mondo secondo le ultime stime: circa il 17 per cento degli omicidi intenzionali totali. Nella metà dei casi l’autore sarebbe l’attuale compagno o un ex. Ferite a morte di Serena Dandini testimonierà la mobilitazione italiana contro la violenza sulle donne nella versione inglese Wounded To Death, in 4 tappe internazionali: la prima a Washington, il 19 novembre (leggono 34 ministre alle Pari opportunità dell’America del Nord e del Sud oltre alla viceministro italiana Maria Cecilia Guerra); il 25 novembre nel palazzo dell’Onu di New York (leggono tra le altre Valeria Golino, Maria Grazia Cucinotta, Giovanna Calvino, figlia di Italo, e Rula Jebreal); il 28 novembre a Bruxelles (tra le lettrici, Malika Ayane) e il 3 dicembre a Londra all’interno della Trust Women Conference (leggono tra le altre Gianna Nannini, Emma Bonino e Livia Firth). Il tour internazionale è sponsorizzato da Eni e da Gucci nell’ambito dell’iniziativa Chime for change.