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 2013  novembre 07 Giovedì calendario

UNA SOCIOPATICA PER AMICA


Dicono le statistiche che da una o quattro persone su cento sono sociopatiche: niente di più probabile di averne incontrata qualcuna nella vita. Lungi dall’essere tutti dei serial killer (ma talvolta anche, sì), i soggetti affetti da questa patologia che nell’ICD-10 (la classificazione internazionale delle malattie) viene definita «disturbo antisociale di personalità» hanno, come racconta M. E. Thomas sul suo blog (www.sociopathworld.com) e ora nel libro Confessioni di una sociopatica (Marsilio Editore) vite apparentemente normali e, come nel suo caso, anche di successo. Avvocato, docente universitaria, M.E. vive la sua condizione all’insaputa di quasi tutti, pur raccontando la sua vita sul Web. «Lo faccio per tutte le persone che si sentono diverse e non sanno dare un nome a queste sensazioni e per tutti quelli che amano un sociopatico e vogliono trovare il modo migliore per conviverci».
Chi è un sociopatico?
«Il sociopatico non è la tipa che ti tradisce con l’ex fidanzato, né quello strambo in ufficio. È affascinante e perfettamente inserito. Ti ascolta, ti fa sentire come se fossi la persona più importante del mondo. Solo che non ha la coscienza e nessuna empatia. Magari lo è anche lei».
E lei quando ha scoperto di esserlo?
«Avevo vent’anni, me lo disse un’amica. Cercai su Internet la definizione e mi dissi che, sì, poteva avere ragione»
Da bambina si sentiva diversa dagli altri?
«Mi sono sempre sentita diversa. Ero precoce, ero indipendente e non avevo paura di nulla. Dicevano che ero sveglia, una leader. C’erano delle definizioni per il mio modo di essere, quindi nessuno si è preoccupato di cercarne un’altra, quella giusta».
Che cosa la distingue dalle altre persone?
«Il fatto di ammettere tranquillamente e accettare di essere manipolatoria, assetata di potere e talvolta crudele. Per le persone normali le emozioni sono il centro della vita, per me, invece, sono come la fame o la stanchezza: sensazioni momentanee».
Perché ha scritto questo libro?
«Per tutti i sociopatici che si sentono dire da tutti che sono “cattivi”. Se a qualcuno dici sempre e solo che è cattivo non proverà mai a diventare migliore».
Però non lo ha firmato col suo vero nome.
«Nel libro racconto cose intime, ma non voglio che le mie scelte ricadano sulla mia famiglia o i miei amici. La gente odia i sociopatici».
La sociopatia costituisce un ostacolo nella sua vita?
«Dipende dalle situazioni e dai contesti. È un po’ come essere altissimi: va bene ai concerti o se devi giocare a basket, ma è terribile quando voli in economica. La mia sociopatia mi fa vedere il mondo in modo diverso e questo mi aiuta ad avere idee brillanti, a intravvedere difetti, che agli altri sfuggono, nelle cose e nelle persone. Ma mi rende vulnerabile di fronte a tutto ciò che riguarda la sfera emotiva: non mi accorgo della rabbia altrui e non riesco a stare con qualcuno per più di sei mesi».
Come sono i suoi rapporti di amicizia e sentimentali?
«Da un punto di vista razionale, so che le persone sono esseri indipendenti dotati di una loro vita, ma il mio istinto mi porta a considerare tutti come comparse del mio film, a mia completa disposizione. Ma come tutti anche io voglio rendere felici le persone che mi sono care. Spesso renderle felici significa nascondergli la visione che ho io dei nostri rapporti».
Come si fa a capire se una persona è sociopatica?
«Se sei aperto e tollerante, ti accorgerai di quante persone diverse ti circondano e magari capirai di essere diverso tu stesso. In ogni caso è molto meglio avere un sociopatico come amico che come nemico».