Stefano Caviglia; Stefano Vespa, Panorama 7/11/2013, 7 novembre 2013
LORO, I SUPERPAGATI
Un operaio guadagna mediamente 23 mila euro lordi l’anno, un impiegato 28 mila, un quadro 55 mila e un dirigente d’azienda 112 mila euro. Guardando le retribuzioni medie pagate dalle imprese a chi tira avanti il Paese (servizio a pagina 48), molti stipendi pubblici, e quindi per definizione «di servizio», continuano ad apparire eccessivi. Un consigliere regionale incassa in un mese quanto un operaio guadagna in sei mesi. Un funzionario della Farnesina prende ogni anno il doppio di un direttore generale d’azienda. Un elettricista della Camera a fine carriera più di un dirigente industriale. Il tetto massimo per i dipendenti pubblici è stato fissato a 302 mila euro l’anno, stipendio del primo presidente della Cassazione (limite che già non vale per le società pubbliche quotate in borsa e quelle che emettono obbligazioni, esposte alla concorrenza). In tutti gli altri casi si deve tagliare ancor più di quanto non si è già fatto, a maggior ragione dopo gli ultimi dati dell’Ue secondo i quali il deficit italiano è salito al 3 per cento e l’anno prossimo sarà del 2,7 anziché del 2,5 come previsto. Negli ultimi due anni gli stipendi di politici, manager, dirigenti sono stati tagliati, ma resta in piedi un serio problema di equità sociale.
I parlamentari
Il taglio del 2012 (con una riduzione di circa il 10 per cento dell’indennità, l’obbligo di documentare il 50 per cento delle spese e il passaggio a un sistema pensionistico commisurato ai contributi versati) poteva essere ben più corposo. Oggi deputati e senatori percepiscono circa 5 mila euro netti al mese di indennità (meno 250 euro se continuano a svolgere il vecchio lavoro); 3.500 di diaria (decurtata di 206 euro per ogni assenza alle votazioni elettroniche); 1.500 euro circa di rimborso spese per trasporti e telefono; 3.690 alla Camera e 4 mila al Senato di rimborsi spese generali, di cui metà a forfait e il resto da documentare. Vuol dire che, se anche non presentano ricevute e si fanno vedere in aula una volta ogni tanto, i parlamentari incassano circa 12 mila euro netti al mese. E al momento di tornare a casa hanno una liquidazione pari all’80 per cento lordo del compenso. Tutti i deputati costano 119 milioni l’anno rispetto ai soli 51 milioni dei loro colleghi britannici, come risulta da uno studio di Roberto Perotti dell’Università Bocconi per Lavoce.info. La spesa per le pensioni supera di cinque volte quella britannica e, sempre secondo Perotti, pensioni e vitalizi italiani aumenteranno quest’anno di quasi 10 milioni.
Commessi e militari
Continuano a destare scandalo anche gli stipendi dei dipendenti della Camera: un elettricista entra con 30 mila euro e tocca i 136 mila a fine carriera, quando i consiglieri parlamentari superano i 350 mila. Riduzioni? Certo, del 20 per cento, ma solo per chi è assunto dopo il 1° febbraio scorso.
Polemiche anche per i prepensionamenti alla Difesa: l’esodo di migliaia di militari in seguito alla riforma del settore prevede per i cinquantenni l’85 per cento dello stipendio. Ma è possibile che in Parlamento la norma subirà modifiche.
I consiglieri regionali
Facciamo questa somma: 6.600+4.500=11.100. Se poi aggiungiamo altri 2.700, fanno 13.800. Parliamo di euro lordi al mese. Dopo il decreto del governo Monti dell’anno scorso, tutte le regioni hanno dovuto adeguare gli stipendi ai nuovi massimi: 11.100 euro per i consiglieri senza altri incarichi (ma è difficile trovarne) e 13.800 per i presidenti della giunta o del consiglio. All’indennità base di 6.600 euro si aggiunge quasi ovunque un rimborso spese di 4.500. Se poi sei presidente di regione, solitamente sono altri 2.700 euro. Quasi tutte si sono adeguate al massimo consentito, usufruendo di indennità aggiuntive anche in caso di presidenza o vicepresidenza di commissione.
Qualche eccezione c’è. La regione più virtuosa è l’Emilia-Romagna, dove ai 6.104 euro lordi di indennità mensile se ne aggiungono 2.258 netti di rimborso spese. Dunque, a seconda che il consigliere abbia rinunciato o meno all’assegno vitalizio, il mensile netto varia da 5.330 a 6.304 euro. A ruota segue l’Umbria, dove il minimo del consigliere senza incarico è di 10.100 euro lordi e i presidenti della giunta e del consiglio toccano i 12.500: in tutto, dai 1.000 ai 1.300 euro in meno. Sulla stessa linea anche il Friuli-Venezia Giulia, che ai 6.300 euro lordi di indennità base aggiunge dai 2.500 ai 3.500 euro netti di rimborsi a seconda della zona di provenienza. Molise, Lombardia e Toscana si avvicinano al massimo, al vertice restano Campania, Puglia, Calabria, Basilicata, Veneto, Lazio, Marche, Liguria, Piemonte e Abruzzo, che pure aveva già tagliato del 10 per cento gli stipendi prima di Monti.
Fra le regioni a statuto speciale, Sardegna e Trentino-Alto Adige ancora non si adeguano al tetto. In Sardegna il consigliere regionale percepisce, a seconda del rimborso calcolato in base alla distanza, da 8.200 a 9.200 euro netti mensili, mentre in Trentino i consiglieri neoeletti alle amministrative di fine ottobre percepiranno ogni mese 9.800 euro lordi più 1.450 netti per rimborso spese, come stabilito nel settembre 2012.
Poi c’è la solita eccezione negativa: la Sicilia. Con la scusa dell’autonomia, è stata istituita addirittura la commissione alla spending review che ha deciso un taglio lineare del 20 per cento che non solo non è stato ancora approvato dall’assemblea regionale, ma che comunque fisserà lo stipendio del deputato «semplice» a circa 14 mila euro lordi mensili, rispetto ai 18 mila attuali. Nel frattempo l’Enel e la Telecom hanno avviato le procedure per staccare luce e telefono alla Regione Siciliana, morosa da parecchi mesi e debitrice di quasi 4 milioni per il 2012, con il presidente Rosario Crocetta che sollecita i dipartimenti interessati a pagare.
Manager pubblici
Pur avendo subito un ridimensionamento, neppure loro possono lamentarsi. L’eccezione al tetto di 302 mila euro comporta che, oltre agli amministratori delegati dell’Eni Paolo Scaroni (6,3 milioni lordi l’anno), dell’Enel Fulvio Conti (4 milioni lordi, anche come direttore generale), della Terna Flavio Cattaneo (2,39 milioni) e della Finmeccanica Alessandro Pansa (700 mila più 800 mila di parte variabile), anche altri godono di questa deroga: Mauro Moretti delle Ferrovie (874 mila euro l’anno), Massimo Sarmi delle Poste (che è anche direttore generale, totale: 1,5 milioni), il presidente delle Poste Giovanni Ialongo (600 mila, uno dei più pagati fra i pari grado) e l’amministratore delegato della Cassa depositi e prestiti Giovanni Gorno Tempini (1,3 milioni). In teoria tutti i loro stipendi dovrebbero essere correlati con quelli dei rispettivi dipendenti, come richiesto da una direttiva del ministero dell’Economia del giugno scorso. Ma non è stata ancora messa in atto alcuna iniziativa.
Il «silenzio» di alcune aziende pubbliche
La franchigia rispetto al tetto dei 302 mila euro vale anche per le controllate di tutte queste aziende, fra cui spiccano tre società finite nel perimetro della Cassa depositi e prestiti giusto in tempo per evitare il tetto: la Fintecna, la Simest e la Sace. Nessuna delle tre ha accettato di rispondere alle domande di Panorama sulle retribuzioni, con la parziale eccezione della Fintecna, che comunica solo la spesa totale per i sei consiglieri di amministrazione: 1,1 milioni l’anno. Più trasparente è il Fondo strategico italiano (controllato anch’esso dalla Cassa), il cui amministratore delegato, Maurizio Tamagnini, guadagna 660 mila euro lordi.
I pochi stipendi ridotti
Fra i pochi cui è toccata la riduzione ci sono Domenico Casalino, amministratore delegato della Consip, Pietro Ciucci (Anas) e Domenico Arcuri (Invitalia), tutti e tre sottoposti al tetto. Il ribasso è consistente soprattutto per gli ultimi due, che viaggiavano entrambi oltre i 700 mila. L’obbligo di stare entro il tetto vale anche per il direttore generale della Rai. Quello futuro. Luigi Gubitosi è stato ingaggiato prima che la norma fosse applicata e continua a godersi i suoi 650 mila.
I grand commis
Guadagna un po’ meno il vertice della Banca d’Italia: nel 2013 il governatore Ignazio Visco e il suo direttore generale, Salvatore Rossi, porteranno a casa rispettivamente 495 mila e 450 mila euro lordi, frutto di una decurtazione del 10 per cento. Entrambi superano nettamente il compenso del presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, che percepisce 350 mila euro. Sul complesso della dirigenza di via Nazionale c’è buio pesto: la Banca d’Italia, a differenza della Bce, non fornisce alcuna informazione sulle varie fasce retributive.
Stipendio bloccato dal 2008 per i dirigenti del ministero degli Esteri. Il segretario generale della Farnesina guadagna poco più di 300 mila euro lordi l’anno e il suo capo di gabinetto 282 mila. Ben diversa la situazione degli ambasciatori in carica. Le cifre variano in base alle sedi, ma l’indennità di servizio all’estero (Ise) supera i 10 mila euro al mese. Londra e Parigi sono fra 15 e 16 mila, Singapore oltre i 13 mila. Netti, visto che l’indennità non è soggetta a tassazione. A cui si aggiungono i rimborsi per le spese di rappresentanza (sempre di diverse migliaia di euro) e la retribuzione vera e propria, ridotta rispetto a quando si è in patria. I diplomatici sottolineano che è solo quella a produrre versamenti previdenziali. Con uno svantaggio, percepito evidentemente come assai doloroso, ai fini della futura pensione.
(hanno collaborato Antonella Aldrighetti, Anna Maria Angelone, Antonio Amorosi, Enzo Beretta, Francesco Bisozzi, Emiliano Farina, Maria Pirro, Accursio Sabella, Giorgio Sturlese Tosi)