Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  novembre 07 Giovedì calendario

IL VERBALE DELLE BABY-ESCORT: SOLDI E VESTITI, VOLEVAMO TUTTO


“Noi siamo ragazze esigenti. Vogliamo macchine, vestiti, cose griffate. Vogliamo soldi per comprare tutto quello che ci piace” È per questo che si prostituivano Emanuela e Serena, 14 e 15 anni (i nomi sono di fantasia). Sembra quasi sapessero cosa stavano facendo, per quanto lo possano sapere due adolescenti. Parlano di prostituzione, ma usano ancora un linguaggio da bambine.

Discutono di preliminari e rapporti completi e si definiscono amiche del cuore. Si vendono per qualche centinaia di euro in un seminterrato dei Parioli e rifiutano un coetaneo perché troppo “opprimente” Eppure l’analisi davanti ai magistrati è lucida. “Io penso di conoscere il motivo per cui sono qui oggi: sono stata colta nel fatto, ovvero mi prostituivo a scopo economico fin dal luglio del 2013” Inizia cosi il verbale di interrogatorio di Emanuela.

“VOLEVAMO FACILMENTE TANTI SOLDI” È il 28 ottobre scorso. Mentre i carabinieri del nucleo investigativo di Roma arrestano quattro clienti e sua madre (tutti accusati di induzione e sfruttamento della prostituzione minorile), Emanuela, 15 anni da qualche giorno, si siede davanti al procuratore aggiunto Maria Monteleone e al pm Cristiana Macchiusi. “Tutto è iniziato con la mia amica Serena. Un giorno ci siamo collegate su Bakecaincontrii per trovare lavoretti ed essere autonome e abbiamo visto un annuncio invitante per lavorare e guadagnare facilmente tanti soldi. Conosco Serena da quando facevamo la medie: è la mia amica del cuore. Lei ha iniziato subito a lavorare, io l’ho fatto più tardi perché non me la sentivo, non mi sembrava una bella cosa” Serena, come dimostrano le indagini, si prostituiva già da maggio. Presto, però, la seguirà anche Manu. “Dopo qualche mese, ho iniziato a lavorare anche io. Mia madre non lavora se non saltuariamente, mio fratello ha problemi di salute: gli manca mio padre. Io non ho mai sentito la sua mancanza. Ho 14 anni e quando sono truccata ne dimostro di più. Ho deciso di provare e così ci siamo organizzate autonomamente con Serena preparando un annuncio tutto nostro. La prima volta che è avvenuto un incontro, è stato con un signore di 35 anni che ci ha portato a piazza Fiume a casa sua” È la stessa storia che racconta, qualche ora dopo, l’amica. “La prima volta che Manu è venuta con me, avevamo deciso di metterci da sole dopo il fatto di Pizzacalla (Nunzio, uno degli arrestati, che cercava di organizzare incontri a Serena e prendere una percentuale, ndr).

Il primo appuntamento lo abbiamo avuto con uno a piazza Fiume, ci siamo divise i compiti: lei doveva avere i rapporti sessuali. Io le ho fatto vedere come si doveva fare su internet, io prendevo i soldi e me li facevo dare prima del rapporto che lei consumava. Anche io chiamavo il taxi per andare agli incontri con i clienti, io l’ho vista come una cosa “alla pari“”

“300 EURO INSIEME, 150 SOLO UNA” Il lavoro sembra facile. E si fanno tanti soldi. “Inizialmente - continua Manu nel verbale depositato al tribunale del Riesame, che il 12 novembre discuterà le istanze di scarcerazione degli indagati - lavoravamo sempre insieme perché io avevo paura e con lei ho iniziato ad imparare. Prendevamo 300 euro, tutte e due insieme per la prestazione con rapporto completo, 200 euro per soli preliminari. Piano piano ho iniziato a lavorare da sola chiedendo 150. Senza Mirko (Ieni, anche lui in manette, ndr) lavoravamo tre volte a settimana, con lui tutti i giorni c’erano almeno due incontri. Lo abbiamo conosciuto come cliente e poi è diventato il nostro intermediario. Prima gli incontri avvenivano in macchina o a casa dei clienti, poi Mirko ha preso in affitto un appartamento. A settembre ho avuto il mio primo rapporto lavorativo da sola in quanto ho dovuto sostituire Serena. L’accordo con Mirko era la metà di quanto guadagnavo ” Quando entra in scena Mirko, lo conferma anche Serena, il business, sul quale la procura e i carabinieri continuano gli accertamenti, fa un salto di qualità. “A “Mimmi“ - dice Serena che parla anche di hashish e cocaina - davamo 10 euro ogni volta che avevamo bisogno della casa. Secondo me faceva finta di non sapere che eravamo minorenni”

IL RAPPORTO CON LE MAMME. La mamma di Emanuela è finita in carcere perché, secondo la procura, induceva la figlia a “lavorare” La mamma di Serena, invece, ha denunciato tutto dando il via alle indagini. Serena non va d’accordo con la madre: “Abbiamo un rapporto burrascoso, quello di Manu con la sua è diverso” Tanto che, continua la ragazzina, “la mamma della mia amica non sapeva cosa facevamo ma lo sospettava perché giravano troppi soldi. Una volta ci chiese come mai avessimo tutti questi soldi e noi rispondemmo che “spacciavamo” Lei disse che “se ci beccavano
ci si bevevano” Penso che entrambe abbiano pensato che ci prostituivamo perché non potevamo avere tutti quei soldi spacciando, perché chi spaccia ha sopra di sé qualcuno” Eppure la madre di Emanuela secondo i pm sapeva. Manu la difende. “Mamma non chiedeva ma io cercavo di aiutarla. Quando le davo i soldi li prendeva anche se pensava non fosse giusto. Ma lei pensava io spacciassi e comunque mi rimproverava e mi diceva che non me li ero guadagnati”