Daniele Autieri Carlo Bonini, La Repubblica 7/11/2013, 7 novembre 2013
“BIGLIETTI CLONATI E FONDI NERI PER FINANZIARE LA POLITICA” È IL SISTEMA ROMANO DEI TRASPORTI
ROMA - La più grande azienda di trasporto pubblico locale in Italia e una delle più grandi in Europa, l’Atac, è il perno di un Sistema che, da dieci anni almeno, finanzia la politica a Roma. Fonti e documenti interni all’Azienda indicano l’esistenza di una doppia contabilità cresciuta all’ombra di una truffa di cui Atac è oggettivamente vittima, ma, si scopre ora, anche architetto. La Procura di Roma e la Guardia di Finanza, da tempo, indagano sull’azienda e, nel marzo scorso, hanno notificato tre avvisi di garanzia per una vicenda nota come "la truffa dei biglietti clonati". Un flusso incontrollato di "titoli di viaggio" falsi, stampati da Atac e girati ai rivenditori ufficiali, consentirebbe infatti di accantonare fuori bilancio circa 70 milioni di euro all’anno. Di questa truffa la Finanza e la Procura avevano sin qui svelato l’esistenza, ma ignoti ne restavano gli artefici e i beneficiari.
"L’ACCORDO".
È il 29 aprile 2008. Gianni Alemanno è il nuovo sindaco di Roma. Il senatore Pdl (e futuro vicesindaco) Mauro Cutrufo presenta un’interrogazione. Attacca la gestione "veltroniana" delle aziende comunali, denuncia appalti truccati, disservizi, e sprechi. Ma la verve polemica della Destra è un fuoco fatuo, che si spegne in un’estate. "Nel settembre 2008 - racconta un ex manager dei trasporti - partecipai ad una cena a casa di Riccardo Mancini in cui si parlò dei vertici delle aziende del trasporto pubblico". Mancini è l’asso di briscola del nuovo sindaco. Ha un passato neofascista in Avanguardia Nazionale e un presente da tesoriere della campagna elettorale di Alemanno (finirà in galera per le tangenti sugli appalti per i filobus). Per la "politica dei trasporti" è dunque da lui che bisogna passare.
Quella sera, intorno al tavolo di casa Mancini, oltre al senatore Pdl Vincenzo Piso, sono seduti alcuni top manager. "Fu l’occasione - racconta la fonte - per parlare di un accordo politico bipartisan, siglato ad alti livelli, che avrebbe imposto pacificazione e continuità sulle aziende del trasporto pubblico nel passaggio dal centrosinistra al centrodestra. Il messaggio era chiaro a tutti: il sistema andava preservato". Lo spoil system promesso da Alemanno si risolve dunque in un’operazione di facciata. Tutti, manager e dirigenti, vengono cooptati al nuovo "patto".
LA CONTINUITÀ DEL SISTEMA.
Estate 2013, Ignazio Marino è in Campidoglio. Il 27 luglio, Danilo Broggi arriva in Atac come nuovo ad. Arriva da Consip. Molti, con enfasi, parlano di "rivoluzione". In realtà, Broggi mette piede in una foresta pietrificata. Il presidente dell’azienda, Roberto Grappelli, confermato da Marino, è stato infatti nominato da Gianni Alemanno nel dicembre del 2012. Antonio Cassano, il potente ex direttore generale di Atac, viene messo "a disposizione" dell’ad Broggi con uno stipendio di quasi 280mila euro. Gioacchino Gabbuti, dopo aver guidato l’Atac dal 2005 al 2009, prima con Veltroni poi con Alemanno, viene accomodato sulla poltrona di amministratore delegato di Atac Patrimonio, con uno stipendio, tra indennità e bonus, di quasi 600mila euro. Il direttore acquisti, Franco Middei, nonostante le inchieste in corso su alcuni appalti sospetti, rimane saldamente ancorato alla sua poltrona.
"BIGLIETTI FALSI". L’inossidabilità del Sistema Atac ha una ratio. Che una qualificata fonte interna all’Azienda racconta così. L’Atac stampa biglietti per autobus e metro. E i biglietti sono denaro. Chi ha le mani sui biglietti, ha le mani sulla cassa. E se quella cassa è in parte in chiaro e in parte in nero, perché quei biglietti sono in parte veri e in parte falsi, chi ha le mani sull’Atac ha di fatto le mani su una banca che batte moneta. È un fatto che, a fronte di 1 miliardo di passeggeri annui, i ricavi da biglietti si fermano a 249 milioni di euro (bilancio 2012). Ed è un fatto che la Guardia di Finanza ha lavorato a lungo sulla "falsa bigliettazione Atac", arrivando alla conclusione - come riferiscono fonti investigative - che si tratta di "un sistema oliatissimo capace di creare una contabilità parallela" dell’azienda. 70 milioni si è detto. A beneficio di chi? Sentiamo la fonte interna ad Atac: "Tutti i biglietti emessi da Atac hanno un numero. Quando il biglietto viene ceduto ai rivenditori ufficiali entra automaticamente in una white list. Una volta acquistato e obliterato, finisce invece in una black list. Così quando il ciclo si conclude, white liste black list
si ricongiungono e i biglietti venduti e utilizzati vengono cancellati. Quest’ultimo passaggio nel sistema di Atac non c’è. La black list non è mai ricongiunta con la
white list e un ipotetico biglietto clonato può passare anche dieci volte senza che le macchinette lo riconoscano. Atac è come la Banca d’Italia: ha la carta moneta, vende e rendiconta. Il tutto senza alcun controllo esterno".
La frode, a quanto pare, va avanti da 13 anni. Ancora la fonte: "Dal 2000 in avanti, gli uomini che gestiscono il servizio biglietti sono gli stessi da sempre. Sono una ventina: l’intelligenza del sistema di bigliettazione. Lavorano in via Sondrio, dove ci sono uffici Atac. In un’area blindata cui si accede solo se abilitati. In Azienda quel posto è conosciuto come "i tre scalini". Quindi, la chiosa. Decisiva. "È un sistema che dura da anni, un tram che ha arricchito tanti. Manager, prima di tutto, e poi la Politica. Istituzioni locali, ma anche alcuni parlamentari. Il salto fu nel 2006 quando si capì che al tavolo avrebbero dovuto sedersi tutti, centrosinistra e centrodestra. Il modo migliore per assicurarsi che nessuno lo avrebbe ribaltato".
L’AUDIT INTERNO E LE "CHIESETTE"
Eppure l’Atac non ignora cosa accade al suo interno. Il 3 agosto 2012 consegna alla Procura di Roma una Relazione tecnico investigativa sui titoli di viaggio dell’Atac spa, report coperto da segreto cui ha lavorato un team di specialisti. "La maggior parte degli illeciti attinenti i titoli di viaggio - si legge nella Relazione - sono avvenuti a mezzo complicità interne all’azienda (...). Ciò perché il settore dei titoli di viaggio Atac è vasto e complesso, il personale impiegato è numeroso, i compartimenti sono stagni e se ciò evita le comunicazioni e le associazioni, viene favorita invece la formazione di "chiesette" consolidate sulle quali il controllo diventa difficile (...) Il sistema di bigliettazione elettronica dell’azienda è completamente indifeso". Un secondo report, frutto del lavoro di una commissione interna di manager Atac, non è mai uscito dagli uffici di via Prenestina.
Troppo, e troppo gravi, a quanto pare, le scoperte. Troppo netta l’indicazione della Politica capitolina come beneficiaria della contabilità nera. Il 7 marzo scorso la Procura ha inviato avvisi di garanzia a tre alti dirigenti dell’Azienda (l’allora direttore commerciale, il responsabile della bigliettazione elettronica e il dirigente del settore informatico). Nulla è accaduto. Un sasso nello stagno. Le "chiesette" di Atac sanno che il silenzio aiuta a dimenticare.