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 2013  novembre 07 Giovedì calendario

PREZZO RECORD PER TWITTER IN BORSA


Oggi all’avvio delle contrattazioni, la campanella di Wall Street sarà accompagnata dal cinguettìo di Twitter. Il «social network» farà l’esordio sul listino azionario del New York stock exchange, a compimento di un’offerta pubblica che ha fatto discutere molto. E sino all’ultimo giorno, con la scia di voci e rettifiche sul prezzo di quotazione che hanno caratterizzato tutta la vigilia con l’ultimo colpo di scena giunto ieri, quando fonti vicine a Wall Street davano di nuovo in aumento il «price target». La forbice individuata da Twitter tra i 23 e i 25 dollari per azione - già ritoccata dal precedente intervallo tra i 17 e i 20 dollari - è stata nuovamente alzata tra 25 e 28 dollari per azione. L’aumento riflette la forte richiesta: d’altra parte la raccolta degli ordini s’è chiusa in anticipo. E pensare che le premesse erano di tutt’altro tenore, visto che la società ha optato per la procedura confidenziale in base allo “Jobs Act”, introdotto da Barack Obama lo scorso anno, per agevolare la quotazione delle società con fatturato inferiore al miliardo di dollari. Un modo per evitare dinamiche inflattive sul valore di quotazione come accaduto nel caso di Facebook con le pesanti conseguenze in termini di aspettative disattese che ne sono seguite.
Se a 25 dollari il valore della società avrebbe toccato i 15 miliardi, a 27 - il valore più probabile, il prezzo è stato fissato a mercato chiuso - supera i 15, e batte l’asta di Google del 2004. Ma le differenze fra le due società sono evidenti: il motore di ricerca era già in utile quando è arrivata a Wall Street, mentre Twitter ha ha accusato perdite per quasi 80 milioni (su 317 di vendite), mentre nei primi nove mesi del 2013 i ricavi sono saliti a 422 milioni ma le perdite sono state di 134.
Sulle prospettive future della società si interrogano gli analisti, con Goldman Sachs che prevede una crescita dei ricavi del 32% nel 2015, mentre Morningstar punta su un aumento del 64% anche se le informazioni a sua disposizione sono più limitate rispetto a quelle di Goldman Sachs: quest’ultima è una delle banche sottoscrittrici. In ogni caso si tratta della Ipo tecnologica più imponente da quella di Facebook, avvenuta 18 mesi fa. Da allora ci sono state ben 250 operazioni di sbarco sui listini azionari americani, a conferma del ritrovato interesse della Corporate America per Wall Street. Ottobre è stato il mese più attivo dal 2007, ovvero da prima dello scoppio della crisi finanziaria, con 33 società che hanno avviato le procedure per la quotazione con un totale di 12 miliardi di dollari raccolti complessivamente.
Per gli analisti si profila un periodo più florido del boom delle “dot.com” di fine anni Novanta. Le Cassandre di Wall Street non risparmiano moniti sinistri, in primis perché il fenomeno ”dot.com” si trasformò in una bolla, e secondo perché la più recente storia di Facebbok non depone a favore. L’esordio «col botto» a 38 dollari del social network si è poi trasformato in una trappola dove il titolo è rimasto prigioniero per tutto il primo anno. La società guidata da Jack Dorsey e Evan Willimas ha sempre fatto il possibile per smarcarsi da quella di Mark Zuckerberg, tanto da aver optato per il Nyse, snobbando il Nasdaq, il mercato tecnologico totalmente automatizzato, che molti problemi aveva creato in fase di avvio a Facebook tanto, da costargli pesanti azioni legali. Un colpo importante messo a segno da Duncan Niederauer, numero uno del Nyse, che accostando i cinguettii a rintocchi della campanella, mira a portare l’hi-tech nella Borsa più antica d’America.