Carlo Bertini, La Stampa 7/11/2013, 7 novembre 2013
ALLA FINE MATTEO SI ARRENDE “NON COPRO CERTE SCHIFEZZE”
«Io non voglio certo passare per quello che copre queste schifezze, quindi ok». Il placet da Firenze di Matteo Renzi al blocco del tesseramento arriva a fine mattinata: i suoi uomini sono appena usciti dal primo round di una tormentata riunione della segreteria dove Epifani ha sposato la richiesta di Cuperlo di congelare le iscrizioni, fissando però come condizione che siano d’accordo i quattro candidati. Quando i fedelissimi del sindaco lo sentono al telefono per chiedergli lumi, prima che la riunione a porte chiuse riprenda, già sanno che Civati e Pittella si metteranno di traverso: mettono in conto dunque che la svolta choc è appesa al filo diplomatico che Epifani tesserà da qui a domani per convincere i riottosi che questa è la scelta più giusta per raffreddare gli animi e non sfasciare tutto.
Ma tutti sanno che la strada è impervia, che il congresso potrebbe finire sotto la spada di Damocle dei ricorsi se non vi fosse un voto della Direzione che aveva approvato il regolamento. Ma ai cuperliani sta bene così, «abbiamo segnato un punto, Renzi è stato costretto a dire di sì». Ai renziani pure, visto che se la proposta naufragherà non sarà certo per colpa loro. Ma ora che la frittata è fatta, con il caos iscritti al suo diapason, con decine di contestazioni in giro per l’Italia e una serie di congressi provinciali - Asti, Siracusa, Trapani, Cosenza, Lecce - a rischio annullamento, Epifani vuole evitare altre polemiche prima del calcio d’inizio della seconda tornata di questa partita: il voto nei circoli degli iscritti al partito sui candidati nazionali, da cui uscirà la terna di nomi che correrà alle primarie l’8 dicembre.
Un voto che non conterà ai fini della vittoria decisiva, quella delle primarie, ma in cui le percentuali conteranno per capire quanto Renzi possa avere in mano il polso del partito nelle sue propaggini tentacolari. Insomma, a un mese dall’apertura dei gazebo, il congresso Pd è in pieno marasma. «Vogliono sporcare la vittoria di Matteo», è l’accusa lanciata ai bersaniani: la miccia innescata in periferia dal caos tessere fa dunque esplodere il bubbone nella Capitale, dove scatta la fiera dei sospetti. «Io aprirò un sito dove chiunque l’8 dicembre, dalle centinaia di comuni italiani, potrà far arrivare foto per segnalare fenomeni strani, come cingalesi o gente del Pdl in coda per votare, perché la trasparenza deve essere massima», annuncia minaccioso Beppe Fioroni.
E che la tensione sia ai massimi lo dimostra lo scontro furibondo andato in scena ieri nel secondo round della segreteria, tra il bersaniano Alfredo D’Attorre e il responsabile della comunicazione, il renziano Antonio Funiciello. A finire sotto processo non è tanto lo slogan «Io voto perché», ma il sottotitolo della campagna, «le primarie sono aperte»: per gli anti-Renzi non chiarisce che si vota solo per il segretario e invita «chiunque a votare, anche quelli di centrodestra». Ed è «figlio di un’ideologia che offende gli iscritti, un tentativo di manipolare la comunicazione», accusa D’Attorre. «State rovinando il congresso, avete alimentato la confusione e fatto uscire dati falsi sui congressi provinciali», gli grida contro Funiciello. Quando i bersaniani chiedono di sostituire la dicitura con la formula «le primarie sono aperte a iscritti e a elettori che si riconoscono nel Pd», è Epifani a mettersi di traverso, spalleggiato dal braccio destro di Renzi, Luca Lotti. Il segretario difende la linea che le primarie devono essere aperte: «Non possiamo snaturare un messaggio, sono preoccupato per la partecipazione dell’8 dicembre e quindi dobbiamo lavorare per pacificare il clima ed evitare forzature».