Elena Molinari, Avvenire 7/11/2013, 7 novembre 2013
IL «GOD BLESS AMERICA» FINISCE ALLA CORTE SUPREMA
È lecito iniziare la seduta di un consiglio comunale o di qualsiasi altra assemblea pubblica con una preghiera? La tradizionale “preghiera legislativa” – perfino il solito “God bless America” – può esssere mantenuta? La questione non sembra essere stata mai del tutto chiarita negli Stati Uniti: devoti, fedeli alle loro origini cristiane, e abituati a invocare l’intervento divino nella vita pubblica, ma anche rigorosi nell’evitare discriminazioni fra le fedi e nel professare la separazione fra Stato e Chiesa.
Dove, però, quella linea di separazione esattamente cada è aperto all’interpretazione dei tribunali da più di 200 anni. La frequenza di casi simili si è però notevolmente diradata.
Ieri, quando la Corte suprema ha esaminato la costituzionalità di una sentenza sul diritto alla preghiera, era da trent’anni che non si sentiva parlare di Dio nelle sue severe stanze. Tranne, naturalmente, all’inizio di ogni seduta, quando i nove togati chiedono «a Dio» di «salvare gli Stati Uniti e questa onorevole corte».
Il caso in esame era una causa mossa da due donne della città di Greece, nello Stato di New York, dove dal 1999 ogni riunione del consiglio comunale è stata preceduta da un momento di preghiera. Le due donne, una atea e una ebrea, non contestano l’abitudine in sé. Non hanno gradito che la maggior parte delle invocazioni siano state affidate solo a ministri di fede cristiana.
Solo dopo il 2008, quando si sono lamentate, il sindaco della cittadina, John Auberger, ha cominciato a invitare esponenti di altre religioni in Consiglio. Ma ormai il cammino legale era partito e il caso aveva assunto vita propria, attirando difensori e oppositori della preghiera non solo nelle assemblee locali, ma anche in altri uffici pubblici. L’ultimo pronunciamento del massimo tribunale americano in merito risale al 1983, quando decise che Parlamenti, assemblee e consigli potevano pregare purché non facessero nessun tentativo di proselitismo e non discriminassero nei confronti di chi non aderiva ai momenti di invocazione del divino. Molti esperti di diritto costituzionale sostengono, però, che quella sentenza non era abbastanza specifica e che da allora molti casi ne hanno messo alla prova i limiti. Eppure negli ultimi tre decenni non è diminuito il numero di candidati e di personaggi politici, anche non esplicitamente religiosi, che terminano i loro discorsi con un ringraziamento a Dio e con la richiesta che protegga gli Stati Uniti, o la loro città, o la loro famiglia.
«Abbiamo una ricca tradizione – ha fatto notare il sindaco di Greece, Auberger – che risale alla fondazione della nostra nazione, di aprire le assemblee in cui vengono prese importanti decisioni con una preghiera, a partire dalle sessioni del Congresso che stilò la Costituzione e che proibì al governo americano la professione di una religione di Stato».