Claudio Bozza, Oggi 6/11/2013, 6 novembre 2013
RENZI STYLE
Firenze, novembre
Chi l’ha detto che uno di sinistra debba vestirsi da sfigato? Matteo Renzi è stato il primo politico a rompere il tabù, di sinistra, dei politici che vanno sulle passerelle della moda, stringendo rapporti con i più grandi stilisti italiani: da Armani a Gucci; da Cavalli a Scervino; da Prada a Ricci, solo per citarne alcuni. Che fanno quasi a gara a vestire il post Rottamatore. Il sindaco di Firenze, ormai lanciato verso la segreteria del Pd, ha chiuso da anni con le tristi giacche di fustagno, né ha mai simpatizzato per la sinistra in cachemire stile Bertinotti, che certo non aiutava ad ampliare il pantheon di consensi e simpatie.
E allora Renzi ha sparigliato pure su questo, capendo prima degli altri che look e immagine erano alla base della rottamazione con cui vuole rivoluzionare la sinistra. Primo passo, ormai sette anni fa: abolire il marrone. Si racconta, a questo proposito, che il piglio politico di quel ragazzo che allora faceva il presidente della Provincia di Firenze colpì addirittura Berlusconi, che ai pidiellini fiorentini fece notare: «Quel Renzi mi pare davvero in gamba, ma dovrebbe eliminare quella giacca marrone, è da sinistra perdente». Come quella indossata da Cicchetto nel ’94, proprio durante il confronto tv con il Cavaliere, prima che la «gioiosa macchina da guerra» della sinistra uscisse distrutta dallo scontro. Eletto sindaco, e archiviato il marrone, Renzi sforbiciò pure il ciuffo alla Bobby Solo e anche qualche chiletto di troppo tra allenamenti e maratone, che proseguono anche oggi. Il post ideologico Renzi capì che il modo di vestirsi, se ben interpretato, era essenziale per distinguersi e avvicinarsi alla gente, creare empatia con gli italiani, in particolar modo quelli che non si sentono rappresentati dalla politica. Esempio chiave è il giubbotto in pelle alla Fonzie indossato negli Studi di Amici di Maria De Filippi. Un altro tabù infranto, la prima volta di un politico a un talent show, con pubblico giovanissimo e un look altrettanto giovane, come dire: «Ehi, sono uno di voi, non un alieno: io vi posso capire».
Nel 2009, vinte a sorpresa le primarie per Palazzo Vecchio, il Renzi non ancora alla ribalta nazionale si presentò altrettanto a sorpresa da Michele Santoro con un pullover viola, colore “vietato” in tv (per scaramanzia), ma amatissimo dal sindaco (per la Fiorentina).
Il pallino di Renzi per la moda non si limita alla propria immagine, ma è anche strategia politica. Il sindaco è attento e punta sullo sviluppo di un comparto produttivo capace di dare nuovi posti di lavoro puntando sulle eccellenze del Made in Italy. Settembre 2012, nel pieno della sfida contro Bersani, il sindaco si presenta a Milano senza dire niente a nessuno, in prima fila per le sfilate di Armani e di Scervino. Poche settimane fa, invece, l’aspirante segretario del Pd ha presentato la biografia del fiorentino Roberto Cavalli, uno che da giovane votava a sinistra salvo poi smettere per (ri)entusiasmarsi «solo con Matteo».
L’INVESTITURA DI “RE GIORGIO” «Matteo mi sta simpatico, è uno con gli attributi», dice “Re” Giorgio Armani. C’è poi il “concittadino” Ermanno Daelli Scervino, il cui rapporto con Renzi è strettissimo anche perché i suoi capi sono tra i preferiti dal sindaco e da sua moglie Agnese: «Matteo è giovane, è bravo, vede oltre, è coraggioso, fa quello che dice e non promette soltanto, l’ho visto nella mia città», spiega lo stilista fiorentino protagonista, nel gennaio scorso per Pitti Uomo, di una sfilata da sogno nel Salone de’ Cinquecento, a Palazzo Vecchio.
C’è il Renzi elegante, quello istituzionale e quello casual o sportivo. E c’è quello che, anche la scorsa settimana, ha pedalato ancora una volta controcorrente, presentandosi sì in abito scuro e cravatta Gucci in seta dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ma arrivando in prefettura in bicicletta e senza auto blu. Gli abiti e le scarpe sono solo un’appendice d’immagine del solido rapporto costruito nel tempo dal post Rottamatore con Patrizio Di Marco, numero uno di Gucci. Una relazione che, nata nel campo della moda, è stata fondamentale quando i vertici della maison del lusso hanno deciso di scendere in campo (con tanti milioni di euro) per rilevare la Richard Ginori di Sesto Fiorentino, salvando un’eccellenza italiana e oltre 200 posti di lavoro.
HA ROTTAMATO LA MAGLIETTA
Più di una volta è capitato che scatole di confezioni haute couture arrivassero a Palazzo Vecchio, dove spesso, si racconta, che il sindaco si impunti e pretenda le fatture. Proprio in Sala Clemente VII, durante i collegamenti tv dall’ufficio, ai più attenti non sarà sfuggita la foto sullo sfondo che ritrae il sindaco mentre stringe la mano a Nelson Mandela, in Sudafrica, dove Renzi volò per consegnare il Fiorino d’Oro, massima onoreficenza fiorentina, al padre della lotta contro l’apartheid. Un incontro, anche questo, reso possibile grazie ai rapporti nel settore della moda: pochi sanno, infatti, che a confezionare le preziose camicie in seta per Mandela, è uno stilista fiorentino: Stefano Ricci, molto vicino a Renzi, al quale, però, in privato non risparmia pungolature. E di camicie, quelle bianche da look alla Obama e spesso confezionate da Ricci o Bagutta, il sindaco ne consuma a profusione. Ma a una condizione: se non indossa la cravatta, la camicia deve rimanere sganciata fino al secondo bottone, anche perché la “maglietta della salute” l’ha rottamata anni fa.
Sempre all’ombra di Palazzo Vecchio, anche il patron di Rifle, Sandro Fratini, dedica grande attenzione al Rottamatore, per il quale ha confezionato jeans vintage con tanto di cifratura rossa (M.R.) sul taschino. Ma come non ricordare il sindaco che, rientrato dalle vacanze estive negli Stati Uniti, si presenta alla prima giunta comunale con una polo di Luna Rossa? Una settimana prima, assieme alla moglie e ai tre figli, aveva fatto visita a Patrizio Bertelli, patron di Prada, impegnato a San Francisco per la Coppa America. Insomma, a chi l’accusa di essere un figlio della cultura della «Milano da bere» e del berlusconismo, il sindaco sembra rispondere plasticamente con una nuova Italia. Da vestire.
Claudio Bozza