Carlo Antini, Il Tempo 6/11/2013, 6 novembre 2013
LO SMOKING DI LUTTAZZI SUPERSTAR DA MUSEO
Lo chiamavano «portatore sano di smoking». Lelio Luttazzi è stato musicista, cantante, presentatore, attore, regista e chi più ne ha più ne metta. Soprattutto è stato un uomo brillante e un artista ispirato. Per lui lo swing non era soltanto un ritmo ma uno stile di vita. Che lo accompagnava in pubblico e in privato.
«Della musica black mi piaceva tutto: ritmo, armonia, ma soprattutto mi piaceva lo swing, a cui mi rifacevo e mi rifaccio ancora adesso, se devo fare qualcosa». Così parlava Luttazzi a chi gli chiedeva cosa significasse per lui la musica. Da domani al 2 febbraio i Mercati di Traiano ospitano un viaggio nella memoria che parte da Trieste, la sua città. Radio Trieste, il jazz, il primo complesso «I gatti selvatici», gli americani, il piano bar all’Hotel de la Ville.
Poi Milano, la direzione artistica alla Cgd con Teddy Reno e i tanti dischi pieni di swing. E ancora, Torino chiamato dalla sede Rai per dirigere la prima orchestra d’archi ritmica di sua invenzione. E Roma con la radio, il periodo d’oro della tv e del cinema. Infine il ritorno a Trieste, gli ultimi concerti, Sanremo e il memorabile concerto del 15 agosto 2009.
In una delle otto sale di cui si compone la mostra, anche un salottino vintage con tanto di jukebox e televisori d’epoca. In onda in rotazione le mille apparizioni in tv dell’eclettico artista triestino. Da «Studio Uno» con Mina e Ornella Vanoni al Carosello del dado Liebig. Dagli sketch con i mille compagni d’avventura (Walter Chiari su tutti) alle interpretazioni dei suoi successi: «Legata ad uno scoglio», «Una zebra a pois», Il male oscuro», «Souvenir d’Italie», solo per dirne alcuni.
E ancora oggetti, curiosità, reperti, come il pianoforte verticale dei primi del Novecento, il microfono radiofonico anni ’40 o il televisore Geloso anni ’50-’60 restaurato, dischi di Rabagliati, i primissimi dischi preziosi della Cgd o la foto originale di Louis Armstrong che Lelio ha sempre tenuto accanto al pianoforte. Manoscritti, lettere, premi e oggetti personali. Tutto quello che serve per entrare nell’animo di uno degli intrattenitori più amati nell’Italia del dopoguerra.
Fino alla sezione multimediale in cui c’è l’installazione interattiva «Play Lelio swing». In altre parole il visitatore, alzando le braccia, simula nell’aria il gesto di suonare su una tastiera proiettata sul grande schermo di fronte a lui e attiva il meccanismo che gli permette di scegliere un ambito artistico tra jazz, canzoni e duetti, accompagnando Lelio nel video trasmesso.
Tanti i ricordi di chi ha conosciuto e amato Lelio Luttazzi anche nella vita privata. «Per me rappresentava il mito - confessa Pippo Baudo - Nessuno saprà mai portare lo smoking come lui. Era il Cole Porter della nostra musica leggera. Quando sono arrivato a via Teulada c’era già lui che scriveva una canzone al giorno per Mina e le Gemelle Kessler». Fino ai problemi legati alla giustizia e all’ingiusta carcerazione. «Poi una sera andai a cena a casa sua e mi sedetti al pianoforte - prosegue Baudo - Iniziai a suonare «Tristemente» e la suonai male appositamente. A un certo punto Lelio non ne potè più. Mi diede una culata e si mise a suonare lui. Ed è proprio quella sera che è partita la sua seconda carriera».
Una volta Luttazzi disse che «lo swing non morirà mai». Come dargli torto soprattutto alla vigilia di una mostra come quella allestita ai Mercati di Traiano. Un’occasione da non perdere per chi lo ha conosciuto da vicino, lo ha visto solo in tv o lo scopre oggi. Tutti hanno la fortuna di rivivere l’Italia degli anni Cinquanta e Sessanta, quella del boom economico. Visto attraverso lo sguardo privilegiato dell’artista.
Carlo Antini