Mario Platero, Il Sole 24 Ore 6/11/2013, 6 novembre 2013
A NEW YORK COMINCIA L’ERA DI BILL DE BLASIO
Il passaggio, storico, è avvenuto. In una giornata grigia e fredda, i newyorchesi hanno deciso un cambio della guardia: dopo vent’anni di guida di centro destra nella città più di sinistra d’America hanno eletto Bill de Blasio come loro sindaco al posto di Michael Bloomberg. Per Joe Lotha, il repubblicano centrista che ha rimesso ordine nella metropolitana e che si vendeva come ottimo manager, la corsa era senza speranza. Non sappiamo ancora mentre scriviamo per quale percentuale, ma sappiamo che per de Blasio si tratterà di un landslide, una vittoria a valanga. Ma non è solo questa l’elezione importante che si è tenuta in America ieri: il New Jersey ha eletto per un secondo mandato Chris Christie alla poltrona di governatore. Questa elezione è molto più importante di quella di New York perché rappresenta il primo passo di Christie verso la campagna per le presidenziali del 2016. Ma è New York che affascina nell’immediato perché la città ama sperimentare. E perché questa volta il cambiamento è radicale de Blasio ha vinto grazie all’appoggio incondizionato di gruppi di pressione e rappresentanti di categoria dai quali Michael Bloomberg aveva mantenuto un rapporto di maggiore distanza.
Ed è proprio in questa differenza di base elettorale(Bloomberg poteva permetterselo, ha speso 75 milioni di dollari nell’ultima campagna) il passaggio più importante nella gestione della città. Bloomberg privilegiava il mercato. De Blasio vuole che i contratti della città non vadano necessariamente al più competitivo, ma siano invece distribuiti anche fra minoranza e piccole imprese che non ce la fanno contro i colossi.
Dopo che Bloomberg aveva fatto di tutto per mantenere una separazione netta fra stato e chiesa – non autorizzava le preghiere in palestra, non ha autorizzato altri autobus a gruppi ebraici, non ha consentito l’aggiunta di due giornate festive musulmane – de Blasio dovrà cedere.
Ci saranno preghiere nelle palestre, ci saranno quasi certamente i due giorni in più di vacanza per i musulmani e si concederà che certi gruppi di ebrei ortodossi possano svolgere la circoncisione seguendo un rituale oggi proibito. De Blasio 52 anni porterà anche una ventata progressista nell’immagine stessa della sua famiglia, la moglie Chirlane McCray, 58 anni una poetesa che fu in passato lesbica, è afroamericana. I figli si chiamano Chiara, 18 anni e Dante 16 anni, carnagione chiara tipo Barack Obama. Porta una ventata di allegria fra i sindacati.
Se c’è una città nell’America del libero mercato fortemente sindacalizzata quella città è New York. Se c’è una cosa che de Blasio ha fatto bene è stata quella di raccogliere l’appoggio di tutti i sindacati che contano, da quello degli insegnanti a quello dei dipendenti pubblici da quello delle infermiere a quello dei tassisti, fino a decine di altre organizzazioni sindacali, religiose, sociali e di quartiere. Sono serbatoi di decine di migliaia di voti che de Blasio ha corteggiato con lungimiranza, abilità e, soprattutto, comunanza di vedute. La sua formazione, per come la descrive lui stesso è «di sinistra...progressista». E difatti uno dei suoi slogan più noti poggia sul "Racconto delle Due Città" di Charles Dickens: «Abbiamo due città, una città ricca e una città povera» è stato il messaggio ricorrente nei suoi comizi «dobbiamo costruire un ponte». Il ponte di de Blasio per i sindacati, ad esempio quello degli insegnanti, è di limitare le charter school, scuole gestite privatamente coi fondi pubblici. Sul piano fiscale vuole aumentare le tasse comunali per i più ricchi, per finanziare nuovi asili nido.
Il passaggio più importante che si profila a caldo, nel momento in cui si stanno ancora contando gli ultimi voti è quello da un sindaco molto indipendente come Bloomberg, capace di imporre decisioni impopolari, come il divieto a fumare persino all’aria aperta a Central Park a un sindaco dirigista che deve molto a molte persone. Per questo i ricchi hanno paura. Anche se, come ci dice un newyorchese benestante «a mali estremi estremi rimedi, se le tasse saranno troppo forti me andrò in Connecticut». L’unica salvezza dalle tasse? L’intervento di un altro italo americano, il governatore dello stato, Andrew Cuomo: ha già fatto sapere che non firmerà mai: non vuole correre il rischio di un esodo che priverà il suo stato di redditi chiave. Ma anche quello è un primato, sia lo stato che la città chiave hanno una guida italoamericana.