Andrea Tarquini, La Repubblica 6/11/2013, 6 novembre 2013
TESORO DI HITLER ECCO I CAPOLAVORI DI CHAGALL E DIX MAI VISTI PRIMA
BERLINO Ci sono capolavori eccezionali, e in parte finora sconosciuti al mondo, nel “tesoro di Hitler” ritrovato a Monaco nella casa d’un trafficante d’arte figlio d’un complice di Goebbels. Centoventuno quadri incorniciati e 1285 senza cornice, tutti ben conservati. Ma la collezione straordinaria non sarà resa pubblica dalle autorità, che di fatto, finché dureranno le indagini, la confiscano un’altra volta. Guardiamo i massimi capolavori, tra i pochi dipinti illustrati ieri dalla magistratura: ecco i due cavalieri sulla spiaggia di Max Libermann, che sfuggì alle persecuzioni antisemite lasciando la Germania. Ecco la fanciulla con capretta di Gustave Courbet. E ancora, un autoritratto di Otto Dix che si dipinge mentre fuma la pipa, finora sconosciuto. O la donna seduta attribuita a Henri Matisse, o una scena allegorica opera di Marc Chagall, anch’essa finora non catalogata tra le sue opere. Per non parlare di uno schizzo del Canaletto o persino di opere di Dürer. «Tutte opere assolutamente autentiche, lo certifico», ha detto l’esperta d’Arte dottoressa Meike Hoffmann, della Freie Universität di Berlino, aggiungendo: «Vedere un simile tesoro suscita meraviglia, stupore: è una gioia indescrivibile».
Arte confiscata, cioè rubata dai nazisti ai legittimi proprietari ebrei, all’inizio delle persecuzioni che poi portarono alla Shoah. Finita in mano a mercanti senza scrupoli che per conto di Goebbels vendevano quei quadri ovunque nel mondo: il Reich quasi in bancarotta aveva fame di contanti. Arte nascosta per decenni dai figli dei mercanti, e oggi custodita dalla Dogana in un luogo segreto.
L’incredibile vicenda della scoperta del “tesoro di Hitler”, notava ieri mattina la prudente Frankfurter Allgemeine, acquista sempre più il volto di un evento mostruoso. Non si aspettino, pubblico e critici d’arte del mondo intero, di vedere presto immagini di tutti i capolavori, a parte i pochi, di valore forse inestimabile, magari oltre il miliardo delle prime dichiarazioni ufficiali, mostrati ieri. È stato un susseguirsi di sorprese sconcertanti, una dopo l’altra, la conferenza stampa tenuta ieri ad Augsburg (l’antica Augusta) dal procuratore Reinhard Nemetz. Ma appunto il tesoro sarà mostrato solo dopo la fine delle indagini, perché «vale il segreto fiscale in un’indagine di presunta evasione». Il garantismo a protezione d’una famiglia di spacciatori d’arte al servizio prima dei nazisti poi di se stessi sembra far premio su ogni accordo internazionale.
Secondo: il blitz dei doganieri a casa di Cornelius Gurlitt, lo ammettono solo ora, «non fu un caso ». Avvenne nel febbraio 2012, perché Gurlitt scoperto a bordo d’un intercity Zurigo-Monaco con 9000 euro in tasca fu subito ritenuto sospetto. Ma in uno Stato di diritto ciò non basta per legittimare una perquisizione. I veri sospetti su Gurlitt nacquero dalla sua vendita all’asta, nell’autunno 2011 presso la casa d’incanto Lemperz, di un quadro, Il domatore di leoni, di Max Beckmann. Inchiesta lenta, perquisizione solo dopo che magari Gurlitt aveva venduto altro ancora. Già, ma il silenzio totale sul caso dal febbraio 2012 a domenica, fino allo scoop di Focus, la dice tristemente lunga sull’idea che élites e magistratura di qui hanno del dovere d’informare l’opinione pubblica mondiale.
Per decenni, dopo la disfatta nazista dell’8 maggio 1945, dice Julia Voss della Frankfurter, mercanti d’arte senza scrupoli come i Gurlitt hanno continuato a vivere di vendite d’arte rubata e di menzogne. Solo adesso decenni di menzogne prima di papà Hildebrand poi sue investono Cornelius. Ma non lo travolgono: «Non c’è pericolo di fuga, quindi non c’è motivo di arrestarlo, c’è solo un’indagine fiscale, ora non ci serve nemmeno sapere dove si trovi». Spaventosamente comodo, un bel colpo di spugna sul passato. Sulla Notte dei Cristalli, sulla Shoah e sull’occupazione di quasi tutta l’Europa oppressa, ma anche derubata dei suoi tesori.
Nemetz e il suo team sono impassibili, qua e là un no comment devia le domande imbarazzanti. Non importa che Gurlitt fosse in possesso non solo di “arte degenerata” bensì anche di opere molto più antiche, da incisioni di Canaletto a quadri di Dürer. Non pesa nemmeno il sospetto che Gurlitt possa aver avuto altri nascondigli, a casa a Salisburgo o dalla sorella in Svizzera. «Non abbiamo finora ritenuto di contattare le autorità austriache ed elvetiche», ha precisato il procuratore.