M. Antonietta Calabrò, Corriere della Sera 6/11/2013, 6 novembre 2013
LA RICETTA DI D’ALIMONTE: DOPPIO TURNO E PREMIO AL 40%
ROMA — Politologo di lungo corso, analista politico, professore universitario, Roberto D’Alimonte è tra i maggiori esperti italiani di sistemi elettorali. Ha parlato alla Leopolda: tra lui e Matteo Renzi c’è una convergenza sulla modifica da fare alla legge elettorale.
Qual è la sua proposta?
«Una riforma che metta in grado i cittadini di decidere chi governa e che costringa chi governa a rispondere direttamente ai cittadini, senza alcun alibi. Questo obiettivo si può realizzare con sistemi elettorali diversi. In questa fase il più semplice, secondo me, e il più efficace è il doppio turno di lista (cioè di coalizione) con un premio di maggioranza concesso solo a chi arriva almeno al 40% dei voti (e non a chiunque prenda un voto in più, come accade oggi). Questa soglia può essere anche più alta: il 45 o anche il 50%. La novità più importante da introdurre è però che, se nessuno arriva al 40% (o al 45 o al 50%) i due partiti o le due coalizioni più votate vanno al ballottaggio. E di conseguenza, al secondo turno, il premio si assegna a chi ha il 50% più uno dei voti. È un modo molto semplice ed efficace per assicurare che ci sia un vincitore e che il vincitore possa governare. Così si garantisce chiarezza dell’esito del voto, bipolarismo e alternanza».
Ci saranno altre conseguenze?
«Si tratta di un sistema elettorale che incide sulla forma di governo senza modificare la Costituzione. È il modello che più si avvicina a quello con cui eleggiamo i sindaci. Introduce non formalmente, ma di fatto, l’elezione diretta del primo ministro. Pensate a un ballottaggio tra Renzi e Alfano o Fitto. Il vincitore avrà non solo una legittimazione popolare diretta, ma anche la maggioranza assoluta dei seggi in Parlamento».
C’è un problema: il sistema elettorale del Senato con il premio di maggioranza su base regionale...
«Sì. Una follia a cui in tanti anni non si è posto rimedio. Una cosa, però, si può fare subito. Si può introdurre anche a Palazzo Madama il premio di maggioranza a livello nazionale al posto della lotteria dei 17 premi regionali che c’è ora. E usare delle circoscrizioni più piccole per poi decidere se introdurre o meno il voto di preferenza. Se dovessi scegliere tra liste corte bloccate e voto di preferenza (due sistemi che permettono un maggiore rapporto tra elettore ed eletto) la mia idea è che la preferenza sia peggio, ma so che questo è impopolare.».
Che ostacoli vede affinché le cose cambino nel senso da lei auspicato?
«La voglia di proporzionale che cova da sempre sotto la cenere. Serpeggia dentro una parte del Pd e ora anche dentro una parte del Pdl-Forza Italia. Una volta il partito di Berlusconi si vantava di essere la sentinella del bipolarismo. Adesso ha posto due veti: sui collegi uninominali e sul doppio turno. Così però l’unica riforma possibile è il proporzionale. Ma in questo modo in fin dei conti non vince nessuno e piombiamo nella ingovernabilità o nella perpetuazione delle larghe intese. Per questo vorrei aggiungere una cosa veramente impopolare...».
Quale?
«Non condivido affatto la posizione di chi sostiene che una qualsiasi riforma elettorale sia meglio del cosidetto Porcellum. Si provi, con determinazione, a fare una buona riforma, ma se alla fine del tira e molla la scelta sarà tra il Porcellum e un proporzionale annacquato, io scelgo il Porcellum. Perché altrimenti il Paese, con l’attuale frammentazione, sarà sì veramente ingovernabile. Deve essere chiaro a tutti che ci può essere qualcosa di peggio dell’attuale sistema».
Il giudizio della Corte Costituzionale sul Porcellum incombe...
«Secondo me, la Corte costituzionale si dovrebbe astenere. E non solo e non tanto perché alcuni giuristi ritengono che il ricorso sia inammissibile. Io penso che ci siano motivi sostanziali: l’ intervento della Consulta rischierebbe di produrre effetti istituzionali indesiderati sia a livello nazionale che regionale».