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 2013  novembre 06 Mercoledì calendario

GIOCHI DI SABBIA PER IL SÉ


Alice ha 11 anni e la sua vita somiglia a quella delle adolescenti della sua età, con la scuola al mattino, i compiti a casa il pomeriggio e qualche uscita con le amiche nel weekend. A differenza delle coetanee, però, Alice ogni notte è sopraffatta da un’angoscia inspiegabile che non le permette di dormire da sola: per questa ragione dorme da sempre nel lettone con la madre.
Alla prima seduta dallo psicoterapeuta dà forma alle sue angosce modellando con la sabbia una figura soprannaturale con il corpo di un bambino: la rappresentazione dell’essere che disturba il suo sonno. Durante le sedute successive, poi, Alice fa evolvere quella figura fantasiosa e terrificante verso modelli più amichevoli che lei stessa compone nella sabbia: prima un cagnolino, poi un pesce rosso. Qualcosa cambia e, nel giro di qualche settimana, Alice non ha più bisogno del lettone della madre per sentirsi sicura: ora è in grado di dormire da sola nel proprio letto senza timori ingiustificati.
La storia (realmente accaduta) di Alice è solo una delle tante che dimostrano come sia possibile risolvere i conflitti interiori nei bambini e negli adulti attraverso il «gioco della sabbia», una pratica psicoanalitica attraverso la quale si dà sfogo alla propria fantasia, modellando figure nella sabbia che rendono concreti i disagi interiori.
«Attraverso il gioco della sabbia si esprime con la materia qualcosa che va oltre la parola. È un racconto per immagini. In questo modo si portano a galla sentimenti ed esperienze spesso difficili da definire a parole», spiega Lella Ravasi Bellocchio, psicoterapeuta e membro della International Association for Analytical Psychology, che ha dedicato un libro a questo tema: «Come una pietra leggera. Giochi di sabbia che curano» (Skira).
Messa a punto oltre mezzo secolo fa da una psicologa svizzera allieva di Jung, Dora Kalff, la pratica del gioco della sabbia è oggi applicata contro diversi tipi di conflitti interiori - tra cui ansia, depressione, disturbi alimentari ed esperienze traumatiche - anche in accompagnamento alla psicoterapia tradizionale. «Specialmente nell’adulto questa pratica è indicata nei casi in cui con la psicoterapia non si riesce a far entrare in gioco il proprio inconscio, la propria immaginazione», spiega l’esperta.
Durante la seduta grandi e piccoli sono posti di fronte a due scatole contenenti sabbia bagnata o asciutta. Ogni scena creata nella sabbia può essere arricchita con oggetti e personaggi: sassi, conchiglie, bambole, animali, soldatini. Ed è in quel micro-ambiente libero da qualsiasi influenza esterna che il soggetto dà sfogo alle proprie paure e ai sentimenti più profondi. L’immagine che ne emerge può essere a sua volta modellata, modificata o distrutta, in un processo di trasformazione che contribuisce a far evolvere la personalità.
A volte le figure che si generano sono chiaramente riconducibili al disagio, come nel caso della rappresentazione di vissuti traumatici, altre volte l’immagine nella sabbia riporta a figure astratte, prive di logica. Ma ciò non sembra influenzare l’effetto della terapia. «Nei giochi di sabbia non è così importante l’interpretazione dell’immagine che si crea quanto la relazione paziente-psicoterapeuta», chiarisce Lella Ravasi Bellocchio. L’obiettivo è assistere il soggetto nel proprio percorso, osservandolo e lasciandogli esprimere ciò che ha dentro senza alcun giudizio. Sarà poi il paziente stesso a dar vita al proprio percorso di crescita interiore attraverso la manipolazione della sabbia e le forme che ne derivano. In un processo in cui tutto si evolve e diventa plasmabile come la sabbia stessa.