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 2013  novembre 05 Martedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - LA CANCELLIERI SI DIFENDE IN PARLAMENTO


ROMA - "A differenza di quanto sostenuto da alcuni organi di informazione, non ho mai sollecitato la magistratura a rilasciare la signora Giulia Ligresti né indotto altri a simile comportamento". Così il ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri, in aula Senato nella sua informativa (poi ripetuta alla Camera) per replicare alle accuse arrivate in questi giorni dopo le rivelazioni della telefonata in cui esprimeva solidarietà alla famiglia dell’imprenditore siciliano finito in carcere per il caso Fonsai.
Nessuna ingerenza. "La scarcerazione non è avvenuta a seguito o per effetto di una mia ingerenza, che non vi è mai stata né è mai stata concepita, ma a seguito di una decisione libera ed autonoma della magistratura torinese", aggiunge il ministro. "Non vi è stato mai da parte di nessuno- chiarisce ancora il Guardasigilli - il benché minimo tentativo di influenzare l’esito di tale iniziativa". "Ho agito, se pur d’istinto, senza derogare mai dai miei doveri di ministro e senza che la conoscenza con alcuni componenti della famiglia ligresti condizionasse il mio operato", ribadisce.
Le segnalazioni al Dap. "E’ vero, non tutti hanno la possibilità di bussare alla porta del ministro della giustizia, non tutti hanno un diretto contatto. Ma posso garantire che nessuno più di me avverte questa disparità in tutta la sua dolorosa ingiustizia. E’ difficile essere vicini a tutti" i carcerati, si schermisce poi Cancellieri, sottolineando che "ogni vita che si spegne in carcere è una sconfitta e io ne sento il peso". Ad ogni modo, ricorda, le segnalazioni possono arrivare in "qualunque modo", sia dal carcere sia dall’esterno, dal Dap o da familiari, associazioni e singoli parlamentari. "Spesso di queste segnalazioni - precisa il ministro - mi faccio carico personalmente in un colloquio quotidiano con l’amministrazione penitenziaria".
La difesa del figlio. Il Guardasigilli respinge quindi tutte le accuse piovutegli addosso in queste ore. "Corrisponde a una distorta visione dei fatti - spiega - dire che la vicenda di Giulia Ligresti testimoni un trattamento privilegiato e differenziato, diverso da quello che sarebbe spettato a qualsiasi altro detenuto". "Mio figlio Giorgio Peluso - prosegue - è stato indebitamente trascinato in questa vicenda", mentre "in nessun modo la mia carriera è stata influenzata" dalle amicizie. "Sono e voglio essere considerata una persona libera, che non ha contratto debiti di riconoscenza a cui non potrebbe sottrarsi", precisa Cancellieri parlando del suo rapporto con la famiglia Ligresti. "Sono stata solo amica di Antonino Ligresti, conoscenza maturata durante la mia lunga permanenza a Milano, per ragioni estranee alla mia professione. In nessun modo la mia carriera è stata influenzata da questi e altri rapporti personali", assicura.
Eccesso di sentimenti. In particolare, nella telefonata con Gabriella Fragni, il ministro spiega di aver utilizzato espressioni di "empatia verso una persona provata". "Mi rendo conto - ammette - che alcune espressioni possano aver generato dubbi e mi rammarico per aver fatto prevalere i sentimenti sul distacco che il mio ruolo di ministro mi impone. Ma invito ad analizzare i comportamenti successivi a quella telefonata, da cui emerge che non ci sia stata nessuna ’deroga’ ai doveri da ministro". Intervenendo successivamente a Montecitorio, Cancellieri ha parlato di "onore offeso". "Il tema è tra i più delicati perché offende più di ogni altro il mio onore, adombrando opacità di comportamenti o, peggio, vere e proprie distorsioni e deviazioni dai canoni di imparzialità e di correttezza istituzionale. In altre parole sarei venuta meno ai miei doveri di ufficio", ha aggiunto.
Mandato a disposizione. Il ministro conclude il suo intervento a Palazzo Madama mettendo comunque il suo mandato a disposizione del presidente del Consiglio. "La fiducia è per me decisiva per andare avanti nell’incarico di ministro della Giustizia, se dovessi essere d’intralcio a questo governo sono pronta a fare un passo indietro", dice il Guardasigilli.
Lega e M5S: "Dimissioni". Spiegazioni che non hanno convinto Lega e M5S, che hanno ribadito in Aula la loro richiesta di dimissioni del Guardasigilli. "E’ gravissimo che lei si sia impegnata come ministro a far qualcosa, le chiediamo un passo indietro per ridare trasparenza a tutte le istituzioni", ha detto il capogruppo del Carroccio Massimo Bitonci. Ancora più dure le parole del grillino Alberto Airola. "Può un ministro della Giustizia, la Dea bendata, mettersi a disposizione di un’intera famiglia per cui ha lavorato anche suo figlio? Per noi non può e ciò rivela che c’è un tessuto di potere in Italia che è un intreccio che andrebbe definitivamente bonificato", ha aggiunto il senatore del M5S.
Critiche, ma senza richiesta di un passo indietro, anche da Sel, che ha rinfacciato al ministro "un atto non alla luce del sole, ma una telefonata nel classico stile ’intervento dall’alto’...".
Solidarietà dalla maggioranza. Piena solidarietà e fiducia alla Cancellieri è arrivata invece da Pd, Pdl e Scelta civica. "Signor ministro, le sono sempre state riconosciute competenza, senso dello stato e correttezza professionale. Le dico tutto questo, perché ciascuno di noi ha diritto di vedere riconosciute le proprie azioni nel quadro di quel che ha fatto di buono nella propria vita", ha detto il capogruppo democraico Luigi Zanda. "Io convengo sul suo rammarico per la telefonata alla signora Gabriella Fragni. Ho ascoltato con piacere le sue parole, il suo rammarico per non aver usato il distacco necessario", ha aggiunto Zanda.
Fiducia poi ribadita anche dal segretario Guglielmo Epifani, costretto nei giorni scorsi a fare i conti con un partito che si era fortemente diviso nei giudizi sul comportamento del ministro. "Abbiamo ascoltato la relazione del ministro Cancellieri alla Camera e al Senato, e guardando l’esposizione dei fatti e gli atti abbiamo confermato la fiducia: non ci sono stati interventi fuori dalla sua responsabilità: per quanto ci riguarda, la fiducia nel ministro è confermata", ha spiegato Epifani.

LA LAUREA HONORIS CAUSA DI JONELLA
Gliel’avevano data fra mille polemiche e tolta in meno di un lampo: per sei ore soltanto Jonella Ligresti era stata "dottoressa" in Economia aziendale, quando nel 2007 fu la protagonista della laurea honoris causa più breve e discussa della storia. Non aveva i requisiti, la figlia di "don" Salvatore, per meritarsi la corona d’alloro, e così il ministero dell’Università (all’epoca Fabio Mussi) le aveva revocato al pomeriggio il titolo conferito al mattino dall’Università di Torino e dal rettore Ezio Pelizzetti. A distanza di anni, quell’episodio, raccontato da Repubblica, fa ancora discutere e spunta di nuovo dalle carte dell’inchiesta Fonsai. Si parla e si ride anche di questo, infatti, nelle intercettazioni degli indagati. E a fare ironia, ipotizzando addirittura che l’imprenditrice, presidente di Fondiaria Sai, non avesse avuto nemmeno l’abilità di scriversi la sua tesi di laurea sulle assicurazioni, è proprio l’amministratore delegato Fausto Marchionni.
La telefonata è quella del 10 ottobre 2012: Marchionni è al telefono con una donna di Catania (l’utenza di lei appartiene in realtà all’avvocato Vittorio Balestrazzi), e dopo aver discusso di come vengono gestiti i sinistri assicurativi con un programma on line, i due discutono di una puntata del programma Report dedicata al caso Fonsai. "Non so se hai visto la trasmissione della Gabanelli - dice l’amministratore delegato, che aggiunge - La sostanza dice: questa è un’operazione voluta dalla massoneria e dall’Opus Dei". "Certo - risponde la donna - La Gabanelli... Quindi tutti la volevano questa operazione, tutti hanno fatto in modo che una società andasse in un modo che quell’altra non venisse imputata perché andava peggio di questa e non bisognava farlo vedere, una storia e un’altra. Per cui su sta roba qua le Authority, che sono quelle nominate da quelli che adesso vogliono che le cose vadano in una certa maniera, hanno messo le cose in una maniera così... giusto o sbagliato che sia...". Ed è qui che però tira in ballo la laurea di Jonella: "Ha parlato di tutto (la trasmissione, ndr) a me mi ha preso solo di sguincio, dicendo che ero professore universitario a Torino e quindi al tavolo quando Jonella ha preso la laurea ad honorem, e dato che lei ha fatto una tale... una tesi sulle assicurazioni, non si voleva insinuare niente, ma l’aveva soltanto letta. Come dire che gliel’avevo fatta io. Ma è reato fare... (ride)". E continua: "No, specialmente in una laurea ad honorem, cioè francamente (ride) non ho trovato niente su cui appigliarmi. Io non dico né sì né no. Ma
anche ammesso... è reato?". La donna lo rincuora: "No. È reato avere una gran testa ed è reato aver trovato un capro espiatorio. Troppo comodo".
Non chiarisce insomma, Marchionni, se in effetti sia poi stato davvero lui l’autore del discorso pronunciato da Jonella il 24 luglio 2007, ma lascia intendere, e si chiede se sarebbe comunque stato un reato. Probabilmente no, dato che il titolo era stato subito dichiarato "giuridicamente nullo".