Alberto Crespi, l’Unità 5/11/2013, 5 novembre 2013
ZALONE, QUEI SOLDI A CATINELLE
Con tutto l’affetto per Checco Zalone, le cifre – anche quelle entusiasmanti – vanno analizzate. 18,6 milioni di incasso nel primo weekend sono una cifra enorme. Ma va considerato che da circa un anno i weekend cinematografici durano un giorno in più perché i film escono il giovedì.
Per cui, in 4 giorni, Sole a catinelle ha incassato poco più di 4,6 milioni di euro al giorno. Dividendo la cifra per le 1.250 sale dichiarate in conferenza stampa (ma pare siano qualcuna in più) si evince che ogni sala ha incassato 3.680 euro al giorno. Calcolando una media di 4 proiezioni al giorno (il film è breve), si arriva a 920 euro a proiezione. È una media ottima, ma non eccezionale.
Le cifre, appunto, sono cifre. 18,6 milioni di incasso al primo weekend battono i 16,3 di Che bella giornata, il precedente film di Checco. Il secondo weekend dirà se il nuovo film può battere il predecessore, che si attestò sull’incasso record di 45 milioni. È il più grande successo italiano nella storia del nostro box-office: all’epoca Che bella giornata battè La vita è bella, e diversi commentatori si stracciarono le vesti (vuoi mettere, per gli intellettuali di salotto, la «volgarità» di Zalone rispetto alla poesia di Benigni applicata all’Olocausto?). I due più grandi incassi nella storia d’Italia rimangono due film diretti da un canadese: Avatar e Titanic, entrambi di James Cameron. Tra un paio di weekend sapremo se Checco Zalone ha lui nel mirino, o se deve «limitarsi» a combattere contro se stesso.
La notazione sulla media sala non vuol essere snobistica, né vuole sminuire il fenomeno-Zalone. Come detto, sono cifre: 1.250 copie non sono un’uscita, sono un’occupazione militare. Un film lanciato con una simile potenza di fuoco non può non arrivare a tali risultati, almeno nel primo weekend: checché ne dica il produttore Pietro Valsecchi («Un risultato incredibile, oltre ogni più rosea aspettativa»), è esattamente quello che era lecito attendersi.
Sole a catinelle arriva a simili incassi grazie alla strategia commerciale di Medusa e alla grande attesa che covava, tra il pubblico, per il ritorno del comico pugliese dopo un anno sabbatico (nel 2012 Zalone e il suo regista Gennaro Nunziante avevano saltato un giro). È ormai evidente che il «turpiloquio poetico» di Zalone, il suo modo apparentemente naif (in realtà assai sofisticato) di raccontare la nostra epoca cafona è ciò che il pubblico italiano vuole. Ieri, interpellato da Sky Tg 24, ha dato il suo endorsement anche il candidato alla segreteria del Pd Gianni Cuperlo: «È una buonissima notizia per il cinema italiano in un’annata non particolarmente felice, ben venga il successo di Zalone. Lo trovo abbastanza geniale, ho visto i suoi film precedenti e li ho trovati divertenti anche con la sua comicità brutale». Insolito, ma non incongruo, l’aggettivo «brutale» riferito a un comico.
Ovviamente è vero quello che aggiunge Valsecchi: questi 18,6 milioni in 4 giorni sono ossigeno puro per gli esercenti. Ma non si arrivi a dire che in questo modo Checco Zalone salva il cinema italiano: questo ragionamento poteva valere ai tempi di Totò o di Franco & Ciccio, quando il cinema era un’industria globale e gli stessi produttori dei film comici reinvestivano nel cinema d’autore. Oggi, Zalone e Valsecchi salvano solo se stessi. Vorremmo quindi sperare che una minima percentuale di quella montagna di denaro venga destinata a lavorare con un po’ più di fosforo, e magari con uno sceneggiatore di professione, sul copione del prossimo film. Perché continuiamo a pensare che Sole a catinelle sia scritto in un modo che non rende giustizia al talento del suo protagonista. E almeno questa minima riserva, un critico, sarà autorizzato ad esprimerla?