Alessandro Plateroti, Il Sole 24 Ore 5/11/2013, 5 novembre 2013
ERRORI SU ALITALIA, MA ORA È UN’OCCASIONE
[Roberto Colaninno]
Quarto piano di Via Broletto 13 a Milano, quartier generale del gruppo Piaggio. Tra meno di 24 ore, Roberto Colaninno dovrà affrontare le domande dei giornalisti nella conferenza stampa di apertura dell’Eicma, il salone del ciclo e motociclo di Milano, dove Piaggio presenta la nuova Vespa Primavera. Ma con il caso Alitalia che domina la scena, il rischio è che oggi le domande finiscano tutte per convergere su un solo argomento: chi saranno i prossimi padroni di Alitalia, quale ruolo avrà Air France, il perchè delle sue dimissioni da presidente, l’ascesa e la caduta della "cordata dei patrioti". E allora, meglio anticipare l’assalto, sperando così che all’Eicma resti spazio anche per la Piaggio, quella che considera davvero la "sua" impresa. «Ho creduto nel progetto Alitalia nel 2008 - esordisce Colaninno - e continuo a credere e a difendere l’investimento che ho fatto: Alitalia è un marchio straordinario, una compagnia con enormi potenzialità di business pur operando in un mercato altamente competitivo e in continua evoluzione. È un vettore che offre destinazioni uniche al mondo come Roma, Firenze o Venezia, e che quindi come loro dovrebbe quasi "vendersi da solo". Sa che cosa mi ha detto l’amministratore delegato di una grande compagnia aerea internazionale? «Ma voi come fate a non guadagnare?»
E lei che cosa ha risposto, visto che la stessa domanda se la fanno milioni di italiani? Siete partiti con un’azienda priva di debito e con rotte redditizie e protette, come il Roma-Milano. Come avete fatto a perdere soldi, bruciare la liquidità e tornare sostanzialmente alla situazione del 2008? E tra l’altro, visto che lei si è dimesso pochi giorni fa da Presidente della compagnia, a che titolo sta parlando ora visto che ci troviamo nella sede della Piaggio e non di Cai?
Comincio dalla fine. Sono il presidente in carica di Alitalia e manterrò tutte le deleghe fino al momento in cui, dopo l’aumento di capitale, verrà espresso un nuovo azionariato e la governance sarà conseguente a questo nuovo azionariato. Al momento, posso dire che una volta chiusa la ricapitalizzazione diventerò solo un azionista di riferimento che ha tutta l’intenzione di salvaguardare il proprio investimento. Non mi hanno cacciato, ho avvisato che avrei passato la mano.
Detto questo, passiamo all’analisi di quanto è accaduto dal 2008 a oggi. Questo giornale, attraverso gli articoli del collega Gianni Dragoni, ha più volte messo in dubbio nel corso degli anni la capacità di Alitalia di poter stare a lungo sul mercato senza altre ricapitalizzazioni o contando solo sui soci di Cai: un’ipotesi, questa, che avete sempre smentito. Aveva ragione lui...
Vede, la questione è più complessa e non si può ridurre solo a una ricerca dei colpevoli. È ovvio che, se oggi aspettiamo l’esito di un aumento di capitale fatto d’urgenza e al rebus sulla partecipazione di Air France, degli errori da parte nostra siano stati fatti.
Può essere più specifico? È più alta la responsabilità dei soci o quella del management?
Se partiamo dal presupposto che esiste una differenza sostanziale tra il numero di passeggeri trasportati da Alitalia e il suo bacino potenziale di mercato, allora possiamo dire questo: Alitalia ha un ottimo management se si considerano come tali i piloti, i caposcali, il personale di volo, i responsabili della "macchina" e degli investimenti in tecnologia. Al contrario, oggi posso dire che negli anni passati abbiamo commesso degli errori di valutazione su altri fronti, pagandone poi le conseguenze: l’area commerciale, il marketing e persino la comunicazione non sono stati all’altezza della sfida che avevamo davanti. In questo senso, abbiamo forse mancato di visione anche nella scelta dell’amministratore delegato più idoneo per il rilancio della compagnia: Sabelli si è concentrato nella generazione dei ricavi collaterali al servizio aereo con ottimi risultati, ma poi ci siamo resi conto che la vera criticità riguardava il core business, cioè rotte e destinazioni. La svolta non è arrivata neppure con Ragnetti, ma a quel punto la situazione del gruppo era già critica: ora è Gabriele del Torchio che sta cercando di rimettere ordine nelle strategie e rendere appetibile la compagnia ai potenziali partner internazionali. È bene ricordare, però, che rispetto alla vecchia Alitalia la nostra ha problemi diversi: allora affondava sui costi, oggi non ha abbastanza ricavi.
Quindi, soci assolti?
Non dico questo. E comunque tutti dovrebbero ricordare che i soci di Cai hanno investito più di un miliardo di propria tasca. Ma non voglio sottrarmi alla domanda. Il nostro errore più grande, forse il mio errore più grande, è stato quello di aver sopravvalutato la potenzialità della compagnia emersa dalla privatizzazione del 2008. Noi credevamo che la ristrutturazione avviata con la cessione a Cai avrebbe cambiato il Dna di Alitalia in poco tempo, trasformandola in quattro anni in una compagnia snella e redditizia. Non è stato così. Quattro anni non sono bastati per ridarle lo slancio e la redditività, ma solo per rendere Alitalia una macchina più gestibile e potenzialmente redditizia: noi riteniamo che il 2016 sarà l’anno del pareggio dei conti di Alitalia. Ma è chiaro che senza un partner estero per coprire le rotte a lungo raggio, le possibilità di successo a medio-lungo termine sono molto esigue. Oggi sono le dimensioni che contano, tanto per noi quanto per le low cost, il cui modello di business è molto più in difficoltà di quanto molti pensano.
E qui arriviamo ai giorni nostri. L’aumento di capitale vi ha portato, almeno per la parte già sottoscritta, risorse che alcuni ritengono fondamentali per evitare il fallimento. Dando per scontato che potreste perdere per strada più della metà dei 21 soci attuali di Alitalia, il vero nodo sono le incognite sul ruolo di Air France: diventerà il socio guida di Alitalia o passerà la mano ad altri? A volte si ha l’impressione che i francesi stiano facendo di tutto per legittimare un loro ritiro dalla partita...
Guardi, Air France sta solo cercando di massimizzare le condizioni favorevoli per ridurre al minimo i suoi rischi finanziari. I francesi sanno bene che sul piano industriale non possono pretendere che Alitalia si ritiri dalle rotte intercontinentali, le uniche su cui le compagnie guadagnano. Vogliamo rimanere partner dei francesi ma non sottomessi ai loro desiderata che ci annullerebbero. Comunque, tirare la corda non conviene troppo neanche anche ad Air France: l’ultima cosa che desiderano i francesi, è un’Alitalia che si unisce a un altro partner più grande e gli porta la concorrenza in casa. Detto questo, confermo che non esiste solo Air France: senza commentare, le ricordo l’interesse di Ethiad o quello di Aeroflot (con cui i vertici Alitalia si incontreremo questa settimana, ndr.). Malgrado le chiacchiere, l’Alitalia di oggi avrà pure i conti in rosso, ma dal 2008 a oggi è diventata una delle migliori compagnie del mondo, per servizio e puntualità. I dati, per altro riconosciuti da autorità indipendenti, sono eccellenti: siamo la compagnia più puntuale e il nostro servizio è apprezzato come tra i migliori al mondo. Forse non ci si ricorda di come stava la vecchia Alitalia quando l’abbiamo acquisita.
Vero. Ma da quanto dice, mi sembra di capire che a goderne i benefici non saranno i soci originari di Cai ma i francesi o qualcun altro. Rispetto alle ambizioni di 4 anni fa c’è una bella differenza...
Certamente non sono contento di come sono andate le cose: essere comprati, per me, è sempre una sconfitta. Ma quanto è successo, gli errori commessi, possono essere di insegnamento per tutti: la prossima Alitalia, quella che emergerà dall’aumento di capitale, dovrà avere non solo nuovi soci, ma anche una governance migliore. A cominciare dal consiglio di amministrazione, che potrebbe avere molti meno consiglieri di quello attuale.
Vuole dire che è difficile gestire una compagnia privata avendo interno al tavolo 21 soci che dicono la loro?
Questo lo dice lei. Io posso dire che la governance ha ampi spazi di miglioramento.
Come si sceglie il partner ideale?
In questo momento Alitalia non ha la forza per fare una acquisizione. Dobbiamo quindi trattare fino allo stremo per valorizzare in sede negoziale le nostre qualità e difendere il nostro ruolo.
Quando è suonato l’allarme sull’emergenza finanziaria di Alitalia lo Stato non si è tirato indietro. Prima si pensato a un intervento delle Ferrovie dello Stato, oggi vostro "concorrente" in Italia con i suoi treni ad alta velocità, poi si è deciso di far scendere in campo le Poste. Lei che ne pensa?
Premesso che la scelta l’ha fatta il Governo, e che comunque sono stato rassicurato dai nostri legali sul fatto che non si tratta di aiuti di Stato, con Ferrovie si sarebbero potute sviluppare alcune sinergie importanti. Ma lo stesso vale per Poste. Anzi, posso dirle che oltre alle possibili sinergie sulle destinazioni coperte dal trasporto aereo postale, con le Poste c’è un’opportunità di business da non sottovalutare: la rete dei loro 30mila sportelli. Noi siamo felicissimi del lavoro svolto dalla rete di agenzie di viaggi, ma avere in futuro un alleato che ogni giorno è vicino a milioni di italiani potrebbe rappresentare un bel vantaggio.
Colaninno, non le sembra che stiamo facendo un po’ i conti senza l’oste, visto che l’operazione di aumento di capitale è ancora aperta? In fondo, non sappiamo ancora chi comanderà e nemmeno se i 300 milioni della ricapitalizzazione saranno sufficienti.
Il progetto prevede che Alitalia avrà a disposizione anche 200 milioni di euro in linee di credito delle banche: in totale, avremo quindi 500 milioni di euro per garantire lo sviluppo internazionale del gruppo. Per questo non abbiamo alcuna intenzione di procedere, come alcuni vorrebbero, a un concordato in continuità che non ha senso visto che siamo in bonis e sotto aumento di capitale. Detto questo, è ovvio che Alitalia avrà bisogno di altre risorse per crescere.
Manca solo una sua risposta su Air France per chiudere: che cosa succede se i francesi sottoscrivono o non sottoscrivono l’aumento? Chi comanderà in Alitalia?
Difficile dirlo con certezza: bisogna capire quanto inoptato rimarrà e chi lo chiederà... certamente dopo l’assegnazione dell’inoptato e cioè a fine novembre, ma ci sarà un cda che deciderà i tempi, ci sarà tempo da parte di chiunque per comperare le azioni eventualmente rimaste sul mercato e non ci sarà più prelazione da parte dei soci. Le azioni, a quel punto, potranno essere comprate da chiunque... Dai francesi, dai cinesi, dai russi... da chiunque è in grado di capire che razza di affare si trova davanti.