Laura Galvagni, Il Sole 24 Ore 5/11/2013, 5 novembre 2013
PER FONSAI PELUSO È STATA LA SECONDA SCELTA
C’è un dettaglio nella complessa vicenda di Fondiaria Sai che mette in discussione la teoria del complotto secondo cui Piergiorgio Peluso sarebbe stato l’emissario di UniCredit e Mediobanca per "depredare" la famiglia Ligresti del proprio patrimonio. Quel particolare lo racconta Peluso stesso nell’ultimo interrogatorio, datato 2 settembre 2013, di fronte ai magistrati di Torino: l’arrivo del manager al vertice della compagnia assicurativa è avvenuto solo dopo che erano tramontate le trattative per portare alla direzione generale del gruppo Claudio De Conto.
Per comprendere è necessario fare un ulteriore passo indietro. Quando le banche, UniCredit in testa, cominciano a percepire che la galassia FonSai ha più di un problema sul fronte della solidità patrimoniale si fa strada l’idea che debba esserci «un cambio della direzione di Fondiaria» come racconta Peluso stesso. «Questo discorso era stato fatto chiaramente nel corso di una riunione con tutta la famiglia, riunione che si tenne in UniCredit e che - spiega il manager al pm Marco Gianoglio - posso collocare in un periodo di poco anteriore alla nomina di Erbetta quale amministratore delegato».
Le banche creditrici, dunque, iniziano a fare pressione sui Ligresti perché si realizzi una staffetta al timone di FonSai, lasciano tuttavia alla famiglia ampia libertà di scelta su come realizzare quel cambio. L’esito è tuttavia la nomina di Emanuele Erbetta, manager cresciuto in seno a Fondiaria, quale nuovo amministratore delegato. Una soluzione che, aggiunge Peluso, «ci sorprese in quanto non ritenuta propriamente nella direzione auspicata ed esposta in quella riunione di gennaio». Detto ciò, considerato che era in corso la trattativa con Groupama, vista con favore dai creditori, le banche non intervengono. Poi, però, quando Consob dispone in capo alla compagnia francese l’obbligo d’Opa, gli istituti tornano al tavolo con i Ligresti e qui nasce l’idea di nominare De Conto dg. «Vi furono una serie di riunioni tra la famiglia e UniCredit nel corso delle quali venne riproposto il tema della governance - racconta Peluso - a questo punto nella forma di un direttore generale e ciò in quanto nella prospettiva di un aumento di capitale non sembrava opportuno procedere ad un cambio dell’amministratore delegato appena nominato». Viene quindi proposto De Conto: «Manager di lunga esperienza e che aveva requisiti di professionalità che ritenevamo adeguati alle necessità dell’incarico». Di più: «La scelta circa De Conto venne condivisa in una riunione alla quale parteciparono - spiega Peluso - oltre a me e al dottor Ghizzoni per UniCredit, Salvatore Ligresti e Jonella Ligresti per la famiglia, accompagnati dal dottor Pini». Da lì partono le trattative con De Conto per provare a trovare un accordo. Intesa che non viene raggiunta e questo perché «De Conto riteneva di dover gestire in prima persona le deleghe sulla parte immobiliare, ma questo fu un punto decisivo per il mancato raggiungimento dell’accordo». Insomma la famiglia non si rende disponibile a lasciare quello che era, come emergerà poi una volta venute alla luce tutte le operazioni con parti correlate, il pilastro centrale dei suoi interessi. È in quel momento, assicura Peluso, «che emerse la mia candidatura, gradita a entrambe le parti».
Ed è dopo qualche mese che il manager si rende conto dell’effettiva gravità della situazione. E a metterlo nero su bianco è l’analisi delle riserve condotta da uno studio esterno alla compagnia, quello «della Zappari», chiamato dal manager stesso. «I risultati sono quelli noti, vale a dire che emerse una sottoriservazione consistente, alla fine quantificata in circa 630 milioni di euro», dice l’ex banchiere nel verbale. La cifra è tale che piano piano comincia a convincersi anche Erbetta che non c’è alternativa alla ricapitalizzazione: «Nel cda del 23 dicembre 2011 ha manifestato la propria opinione favorevole all’aumento di capitale». I Ligresti provano a cercare strade alternative, nuovi soci, ma la FonSai non è più quel gioiello per il quale Axa «seppur informalmente» qualche anno prima aveva fatto «un’importante offerta», si «parlava di cifre considerevoli, che si aggiravano intorno ai 3 miliardi di euro».
Ieri, intanto, la procura di Torino ha dato parere favorevole alla richiesta di patteggiamento di 3 anni e 4 mesi avanzata da Jonella Ligresti. Secondo i suoi legali, se la richiesta verrà accolta dal gip, non è escluso che possa scontare la pena in affidamento ai servizi sociali.