Paolo Siepi, ItaliaOggi 5/11/2013, 5 novembre 2013
PERISCOPIO
Qualsiasi terapia del male italiano deve passare da qui: come rendere il Paese governabile. Come aprirsi un sentiero praticabile tra due Camere, 20 Regioni, più di 100 province, più di 8 mila Comuni. Come ridurre il numero dei partiti, ridurne il potere, ridurne l’ingerenza. Antonio Polito, Corsera.
«Intercettateci tutti», dicevano. «Tanto io non ho niente da temere, io sono onesto», insistevano. Bene. Adesso che ci intercettano veramente, di che si lamentano, costoro? Mario Albertari. Il Foglio.
Berlusconi, politicamente, è finito. Però ha capito l’aria. Il prossimo scontro elettorale sarà tra il rinnovamento di Grillo e la conservazione del berlusconismo. Il Pd invece è morto. Bersani, con noi, voleva fare scouting, ma dai! E ho presente anche Renzi che però è il nulla. Una figurina. Slogan, parole, un bel faccino, ma nessun contenuto. È un prodotto dei giornali e delle tv. Lo zero assoluto. Paolo Becchi, docente di filosofia del diritto a Genova e intellettuale di riferimento dell’M5S. La Stampa.
Alfano non vuole entrare nella nuova Forza Italia. Preferisce che sia lei a entrare in lui. Spinoza. Il fatto.
La gente, a Berlusconi, i voti glieli darà comunque, non crede più ai giudici. Col carattere che ha, Silvio combatterà, combatterà fino alla fine. Umberto Bossi. La Stampa.
«Il Datagate non è così scandaloso» titola Il Foglio di Ferrara, che, appena intercettano un malavitoso, chiama Amnesty International e i caschi blu. Manca soltanto che il Platinette barbuto, dopo i sit-in: «Siamo tutti puttane», ne organizzi un altro con una cimice gigante in testa, dal titolo: «Siamo tutti intercettatori». Marco Travaglio. Il Fatto.
Gianfranco Fini è stato vittima di una volontà autodistruttiva. Esemplare il fatto che il suo Fli, che nasceva battezzato dai sondaggi al 9-12%, finì alle urne con lo 0,4%. La sua parabola discendente inizia nel 2008 quando è al massimo del suo consenso, perfino internazionale. Da lì, improvvisamente, finisce fuori strada perché non digerisce la nascita del partito unico, il Pdl. Adolfo Urso, Vent’anni e una notte. Castelvecchi.
Aveva detto: «A Enna vinco col proporzionale, col maggioritario e anche per sorteggio» e dall’urna è uscito ancora una volta un plebiscito. «Impresentabile» a Montecitorio e Palazzo Madama, Vladimiro «Mirello» Crisafulli conferma le legge del 90%, mantenendo salda la sua ipoteca sul Pd siciliano attraversato dalle polemiche sul tesseramento falso. Giuseppe Lo Bianco. Il Fatto.
Nel 1947 fu processato Kappler, le ferite del Secondo conflitto mondiale erano molto più sanguinanti di quanto possano essere oggi, ma, proprio perché si era vicinissimi alla guerra, se ne conoscevano le leggi. Infatti Kappler, il diretto superiore di Priebke, non fu condannato per la rappresaglia in sé, che era ammessa e legittimata dalla convezione di Ginevra, ma perché, in un macabro eccesso di zelo, fece fucilare cinque persone in più di quanto previsto (10 a uno). Quando gli Alleati occuparono la Germania, i francesi emisero bandi di rappresaglia nella proporzione di 20 a uno, i russi di 50 a uno e gli americani, sempre grandiosi, di 200 a uno. Ma poiché la Germania era rasa al suolo e non ci fu nessuna resistenza partigiana, mancò l’occasione di applicarli. Massimo Fini. Il Fatto.
Alle Leopolda era tutto un: che bravo Matteo, che gran discorso Matteo, che grinta Matteo, che forza Matteo, che squadra Matteo, che leadership Matteo e che grande Matteo. Ma, alla fine dei conti, tra un Barricco e un Serra, un Farinetti e un Guerra, un Delrio e un Franceschini, un Migliore e un Fassino, la vera domanda sussurrata a bassa voce dall’immensa platea della Leopolda era sempre quella: ma come può riuscire Renzi ad asfaltare il vecchio Pd e a trasformare il Popolo della Leopolda, così lo ha chiamato Renzi, nel nuovo grande contenitore del centrosinistra italiano? Claudio Cerasa. Il Foglio.
I vari clan del Pd sono diventati così numerosi e arroganti da sfidare il vertice del partito. Un’impresa da nulla, vista l’estrema fragilità del segretario Epifani. Un povero cristo diventato leader senza neppure il passaggio congressuale. È arrivato a quel posto soltanto per rimediare alla crisi personale di Pier Luigi Bersani. Incappato nella vittoria mutilata dell’elezione di febbraio e poi nella palude che bloccava la nascita del governo. Giampaolo Pansa. Libero.
Ma perché migliaia di persone affollano i centri storici nelle feste del libro? Sono reduce da strabocchevoli sagre librarie in tutt’Italia, mi accingo a un altro bagno di libidine nel borgo natio. Folle refrattarie ai libri e alla lettura, inchiodate ai tablet o alla tv, partecipano a questo struscio intellettuale di massa. Come mai? Ritrovano, nelle feste librarie, la festa patronale. Non è illuminismo di massa ma luminarie per i santi in veste di autori. Si comprano gelati e focacce e si lascia l’obolo al santo, acquistando un libro-santino, con la benedizione firmata dell’autore e, per i più devoti, con dedica personale. Marcello Veneziani. Il Giornale.
Voglio mostrami nuda ai tuoi occhi melodiosi / voglio che tu mi veda mentre urlo di piacere. / Che le mie membra piegate sotto un carico troppo pesante / ti spingano a gesti blasfemi. / Che i capelli lisci della mia testa offerta / rimangano sospesi alle tue unghie ricurve di furore. / Che ti tenga in piedi cieco e devoto / guardando dall’alto il mio corpo spiumato. Joyce Mansour. Traduzione di Marco Conti.
I ragazzini, certe vorte, la chiamavano di giù: dal pozzo favoloso del cortile: «A sora Manuè ce sta quarcuno! Scegnete che ve vonno!». Quanno che nun annaveno a scola. Il marito era impegnatissimo alla Centrolatte Fontanelli. Lei discendeva, pa-plàf, pa-plàf, co le gote accese: la tramontana! Centoventinove scalini. Cor fiato che odorava d’anice. Un venticello! Carlo Emilio Gadda, Quer pasticciaccio brutto de via Merulana. Garzanti. 1957.
Una veloce tramontana aveva spazzato la nebbia e rubava le ultime foglie ai platani seminudi del viale Monforte. Tutta la vita e l’allegria del mondo sembravano concentrate nelle botteghe alimentari, piene di gialla luce, dove i garzoni dei salumai e dei droghieri servivano grappoli di donnette intabarrate. Luigi Santucci, Il velocifero. Mondadori. 1963.
Speriamo che la pace eterna sia eterna davvero. Roberto Gervaso. Il Messaggero.