Angela Zoppo, MilanoFinanza 5/11/2013, 5 novembre 2013
ALITALIA, RITORNA IN PISTA ETIHAD
Resta Etihad la carta che gli azionisti di Alitalia sono pronti a giocarsi in caso di ritiro definitivo di Air France-Klm dalla partita ricapitalizzazione. L’interesse della compagnia emiratina, secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, non è mai venuto meno, tanto che in questi giorni i contatti si sarebbero persino intensificati. Insomma, è su Dubai più che su Mosca che si appuntano le speranze di trovare un partner internazionale di peso alternativo (e non sgradito) a Parigi. Lo proverebbe anche il fatto che la missione in Russia del top management Alitalia per incontrare i vertici di Aeroflot non trova conferme e non sarebbe in programma almeno per questa settimana, nonostante alcune indiscrezioni di stampa l’abbiano data per imminente. Nessuna decisione, comunque, potrà essere presa prima del cda in calendario per metà novembre, perché solo entro quella data, termine fissato per l’esercizio dei diritti di opzione legati all’aumento di capitale, sarà chiaro se i francesi saranno dentro o fuori.
Intanto, però, Air France-Klm non ci sta a fare la parte dell’avvoltoio. La compagnia franco-olandese con una nota ha smentito di avere individuato addirittura 5mila esuberi, come riportato domenica 3 da un quotidiano, nel suo piano per la ristrutturazione della compagnia italiana. Fonti vicine al dossier hanno precisato che un piano di riorganizzazione severo è necessario per garantire la sopravvivenza a lungo termine di Alitalia, ma le cifre stimate per sfoltire il personale non arrivano certo a un tale ordine di grandezza. Un taglio di 5 mila posti di lavoro «è troppo, non è credibile», è la chiosa affidata a Le Monde da fonti della compagnia, che invece indicano in circa 2 mila i tagli che Parigi vorrebbe attuare, semplicemente non rinnovando i contratti a tempo determinato. Davanti a questo balletto di cifre il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, ha invitato a non drammatizzare. «In caso di esuberi saranno messi in campo una serie di meccanismi e di ammortizzatori sociali», ha detto. «Non mi pare sia mai capitato che una grande impresa chiuda un pezzo della sua attività senza che ci sia un aiuto anche da parte dello Stato in modo tale da non creare drammi sociali». Gli ammortizzatori sociali erano stati evocati a proposito di Alitalia anche dal ceo di Air France-Klm, Alexandre De Juniac, il 31 ottobre scorso, quando la compagnia franco-olandese ha pubblicato i conti del terzo trimestre dai quali è emerso l’azzeramento del valore della partecipazione del 25% detenuta in Alitalia.
Mentre cresce l’attesa per le decisioni d’Oltralpe, Corrado Passera, uno dei più convinti sostenitori dell’operazione Fenice che ha privatizzato Alitalia, torna a difendere la validità di quell’intervento. «La vecchia Alitalia è stata un disastro: gestione pubblica, 5 miliardi persi solo nel fallimento, ma ne aveva già persi altri», ha detto l’ex ministro ed ex ad di Intesa Sanpaolo, «Dopo di che hanno cercato anche di venderla ma non l’ha voluta nessuno. Fenice ha permesso di non lasciare a casa 30 mila persone. Si pensi quanto di più sarebbe costato il fallimento senza Fenice». La convinzione di Passera è che Air France-Klm non si tirerà indietro, ma se lo facesse «comunque l’aumento di capitale è garantito quindi Alitalia ha i soldi per il prossimo pezzo di strada. Non ci sarà più Air France? Troveremo un altro socio internazionale». Quanto ai capitani coraggiosi, come sono stati definiti i 21 imprenditori italiani che hanno rilevato la compagnia, Passera non ha dubbi. « Cominciamo a dire che ci hanno messo più di 1 miliardo di soldi loro. L’hanno fatto per salvare un’azienda con 30 mila posti di lavoro diretti e indiretti».
Al ruolo dei 21 imprenditori e a quello che Alitalia può ancora giocare nel rilancio del Paese MF-Milano Finanza ha dedicato nel numero di sabato scorso una pagina pubblicitaria nell’ambito dell’iniziativa L’Italia c’è. Volate Alitalia, Alitalia fa bene, è lo slogan scelto per sostenere la compagnia e introdurre tutte le ragioni per non lasciarla a terra: dalla spinta al turismo internazionale (per esempio con la rotta da e per Shanghai che l’ad Gabriele Del Torchio vorrebbe reintrodurre), fino all’iniezione di fiducia nello spirito imprenditoriale del Paese, partendo proprio dal riconoscere quanto fatto da quegli imprenditori che nel 2008 hanno investito un miliardo di euro per rilanciarla e che invece si sono imbattuti da lì in avanti in «cinque anni di crisi spaventosa», senza i quali Alitalia forse ora sarebbe già in attivo.