Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  novembre 05 Martedì calendario

L’ISTAT CORREGGE L’OTTIMISMO DEL TESORO


È guerra di cifre tra l’Istat e il Tesoro. Un conflitto a colpi di pochi decimali ma che potrebbe avere conseguenze pesanti. Il tema è l’aumento del pil. L’istituto di statistica ha tagliato le stime del governo: l’economia italiana subirà quest’anno una contrazione dell’1,8% e crescerà dello 0,7% l’anno prossimo. È una percentuale inferiore a quella diffusa dal ministro Saccomanni, che nell’audizione al Senato del 29 ottobre scorso aveva parlato di una crescita dell’1,1%. Si tratta di una differenza minima ma rilevante ai fini del rispetto del faditico tetto del deficit al 3% del pil. Se il pil dovesse crescere meno di quanto ha stimato il governo, questo obiettivo potrebbe essere compromesso e sarebbe indispensabile una manovra di aggiustamento. Il che significa l’attivazione automatica della clausola di salvaguardia prevista dalla legge di Stabilità.
Saccomanni ha subito puntualizzato che le cifre dell’Istat «non tengono conto delle riforme». La differenza di stime sulla crescita del pil, ha spiegato il ministro da Londra, «è essenzialmente dovuta al processo di riforme strutturali che abbiamo intrapreso e alle misure per il rimborso dei debiti della pubblica amministrazione che sta procedendo molto bene: non so in che misura l’Istat tenga conto anche di questi fattori e comunque è un tema sul quale evidentemente abbiamo opinioni leggermente diverse». Il ministro ritiene, in particolare, «che la differenza, che è una differenza modesta, sia essenzialmente dovuta all’attività del processo di riforme strutturali che abbiamo intrapreso».
Il ministro del Lavoro Enrico Giovannini sostiene che l’analisi dell’Istat prevede anche la possibilità che con la crescita della fiducia e se la ripresa economica dovesse continuare si arriverebbe intorno all’1%. L’analisi dell’Istat appare quindi a Giovannini «come uno stimolo per fare la legge di stabilità». A ricordare che la situazione è ancora difficile è intervenuto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, sottolineando che in questo momento le risorse «scarseggiano; la coperta resterà corta anche se riusciremo con grande sforzo collettivo di responsabilità e di coesione a riaprirci presto un sentiero di crescita per l’economia italiana nel quadro europeo e di alleggerimento del debito pubblico e del deficit di bilancio».
Bankitalia però è ottimista. Nel consueto incontro del Direttorio della Banca d’Italia con i maggiori gruppi bancari italiani e con i rappresentanti dell’Associazione Bancaria Italiana, si è parlato di un generale rafforzamento dei segnli di miglioramento dell’economia in Europa e in Italia «sebbene la spirale tra bassa crescita economica, crisi del debito sovrano e condizioni complessive del sistema bancario continui a rappresentare il principale rischio per le prospettive della ripresa».
Nel rapporto dell’Istat c’è anche la stima sulla disoccupazione che crescerà dal 12,1% al 12,4%. Su questo tema l’Ocse è intervenuto per rimproverare il governo per la scarsa efficacia delle politiche a sostegno del mercato del lavoro. «In Spagna, Grecia, Irlanda e Portogallo, l’aggiustamento del costo del lavoro è stato molto forte, in Italia invece questo aggiustamento ancora non si vede», è l’analisi del vice segretario generale Piercarlo Padoan, che mette in luce come questo problema pesi sulla produttività. In Italia, in particolare, la poca produttività dipende soprattutto da fattori legati alla scarsa capacità innovativa. Problemi che negli ultimi anni si sono aggravati. Peraltro il costo del lavoro in Italia, ma questo l’organizzazione di Parigi sembra non prenderlo in considerazione, dipende parecchio dal cuneo fiscale.
Mentre l’Istat e Saccomanni litigano, oggi la Commissione europea dovrebbe indicare il livello di disavanzo che, a suo parere, l’Italia raggiungerà quest’anno. Se i tecnici di Bruxelles concludono che il deficit sta di nuovo superando il 3% del pil, il Paese tornerà sotto procedura per violazione delle regole europee di finanza pubblica. Il governo perderebbe lo spazio per nuovi investimenti, circa tre miliardi, che sono alla base della manovra sul 2014.
È probabile però che la Commissione attenda il consuntivo dei conti a marzo per riaprire, se necessario, la procedura. Nessuno ha fretta di tornare sui propri passi sulla base di una semplice previsione, dunque la tregua per ora dovrebbe tenere.
Il governo ha ribadito che quest’anno il deficit si fermerà al 3%. Ma questa valutazione si basa sulle stime di un aumento delle entrate fiscali grazie a un rimbalzo del Pil che però, come dimostrano i dati dell’Istat, non è affatto scontato. Gli equilibri di bilancio restano fragili, perché fondati su grandezze economiche incerte. Ecco quindi che torna a rischio la sospensione della seconda rata di dicembre dell’Imu e torna lo spettro della clausola di salvaguardia, ovvero l’aumento delle accise.
Laura Della Pasqua