Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  novembre 05 Martedì calendario

IL RE DI NEW YORK LASCIA IL TRONO E TORNA AI MILIARDI


Michael Bloomberg smetterà di andare in metropolitana. Non dovrà più dimostrare di essere come gli altri, potrà essere il tredicesimo uomo più ricco del mondo. Finisce la sua era di sindaco di New York, dopo tre mandati e 12 anni alla guida della città più importante del pianeta. Lascia una metropoli diversa da quella che ha trovato: entrò nella City Hall con una metropoli terrorizzata dall’11 settembre 2001.La cede al suo successore Bill De Blasio cambiata: più serena, più sicura, più ricca, più forte, più tutto. Perché New York è e resta «un’isola galleggiante su acqua di fiume come un iceberg di diamante», come la definì Truman Capote. Un gioiello costruito dall’uomo e dalla sua forza.
Lui, Bloomberg, ha contribuito a tenerla in piedi e rilanciarla, per governarla ha rinunciato alle lusinghe più o meno pressanti che l’avrebbero potuto spingere a candidarsi alla Casa Bianca. Ha scelto New York. Ha scelto la sua città, ma soprattutto una città Stato.Perché non c’entra con Parigi, con Londra, con Pechino, con Tokyo, con Brasilia. Non è neanche come se tutte queste metropoli si mettessero insieme. New York è altro. Per capirci: da sola, è la 14ª economia mondiale. Fosse uno Stato indipendente sarebbe nel G20. Il Pil è di 1,2 miliardi di dollari, come quello dell’intera Spagna, più di quello del Messico o di quello dell’emergente Corea del Sud, quasi il doppio di quello della Turchia che galoppa come pochi Paesi al mondo. Ma se il Pil lo dividi per i suoi 8,2 milioni di abitanti scopri che New York vale dieci volte l’Italia e tre volte e mezzo l’America. Fa girare la testa, New York. Ricca, splendente, dolce, spietata. In questo diamante di 784 chilometri quadrati ci sono oltre 200mila aziende. A Manhattan hanno sede 15 delle prime 20 banche del pianeta, 8 delle 10 società di investimento più importanti, più di 100 università, quasi mille tra giornali, televisioni, radio e società di produzione cinematografica. Wall Street resta ancora la Borsa più importante e grande del mondo. In città ci sono più di 200 rappresentanze diplomatiche: significa che non esiste un solo Paese di tutto il globo che non abbia un qualche interesse a New York.
Bloomberg è montato su quel diamante che galleggia tra l’Hudson e l’East River e l’ha guidato nel futuro.Rudy Giuliani diventò sindaco esattamente vent’anni fa e passerà alla storia per aver fatto la più incredibile operazione di risveglio di una metropoli dai suoi incubi: il crollo del tasso di criminalità, la trasformazione della Grande Mela in un posto in cui chiunque si sentisse sicuro. Ecco, Bloomberg ha preso il lavoro di Giuliani e l’ha completato: rispetto ai risultati di Rudy, negli ultimi 12 anni c’è stata una riduzione del 25 per cento degli stupri, del 28 per cento delle rapine, del 41 dei furti. Il 2012 s’è chiuso con 419 omicidi, il punto più basso nella storia della città. L’opera di moralizzazione di New York non ha contrastato solo la criminalità. Bloomberg sarà ricordato anche per la guerra al fumo, per la battaglia contro l’obesità, per quella contro le bibite gassate, per aver piantato 750mila nuovi alberi, per aver costruito 50 chilometri di piste ciclabili, per aver rinnovato il parco dei taxi facendolo diventare il più ecologico del mondo. Ha costruito quella che molti chiamano «nanny city», la città paternalistica che pretende di educare i suoi cittadini ad avere uno stile di vita salutare e buonista. L’ha fatto a botte di spesa pubblica, che con lui è aumentata di oltre il 50 per cento.
Un’esagerazione che ha trasformato in alcune circostanze il sindaco in un maestrino che impone alla gente le scelte da fare. Negli ultimi mesi, alcuni Stati degli Usa hanno addirittura fatto passare provvedimenti opposti, preoccupati che le manie salutiste di New York facessero presa. Perché Bloomberg attira. L’ha sempre fatto e lo farà ancora. Già, questo è il punto. Con un ascendente su un pezzo d’America e con un’influenza mediatica che scavalca i confini statunitensi, che cosa farà a 71 anni questo ricchissimo signore? «Sta pensando a una nuova partenza, come accadde quando lasciò Wall Street nel 1981 e poi nel 2001, quando entrò in politica», ha detto al New Yorker Kevin Sheekley, uno dei suoi strateghi. Per qualcuno la ripartenza è l’acquisto di un grande giornale: s’è parlato di New York Times e di Financial Times . Può essere, ma non è sufficiente, non per uno così, non per chi ha governato New York per tre mandati. Secondo Time che gli ha recentemente dedicato la copertina, Bloomberg passerà il resto della vita a fare comunque politica. Coi suoi soldi. Vuole cambiare il mondo: vuole sconfiggere la malaria, vuole ridurre la percentuale di fumatori del pianeta avvicinandola allo zero. Nanny city portata ovunque. Nanny World. Finanzierà chiunque possa portare al Congresso o alla Casa Bianca le sue idee. Candidati di destra o di sinistra, è uguale. Il sindaco vuol fare il lobbista. Per se stesso e per l’idea che ha di mondo.
Giuseppe De Bellis