Renato Franco, Corriere della Sera 5/11/2013, 5 novembre 2013
IL BIMBO EMIGRATO DIVENTATO STAR: LA MIA VITA SULLE NOTE DI «MARINA»
«Mi sono innamorato di Marina / una ragazza mora, ma carina / Marina, Marina, Marina...». Un motivetto anni Sessanta che è entrato nelle orecchie di tutti, volenti o nolenti, appassionati di musica o stonati. Chi la cantava? Qui l’occhio corre in cerca di un appiglio. Rocco Granata. Rocco chi? Eppure quella canzone è stata un successo non solo italiano, ma internazionale (più di 500 rifacimenti). Eppure in Belgio Rocco Granata è una star. Ora la sua storia è diventata addirittura un film e ieri sera l’anteprima a Genk (65 mila abitanti, siamo in Belgio) ha fatto scomodare 4.000 persone — inclusi i principi del Belgio Lorenzo e Claire, svariati ministri, il sindaco —, un intero multiplex (dieci sale) dove la sua storia è stata trasmessa a schermi unificati.
Granata parte da Figline Vegliaturo (oggi mille abitanti in provincia di Cosenza) per arrivare a conquistare l’America e il Canadà (lo dice così, con l’accento). Il padre, fabbro, nel 1948 va a cercare fortuna altrove. Miniere di carbone in Belgio. «Non eravamo poveri — racconta —. Il suo sogno era guadagnare di più e ingrandire la forgia di proprietà dei fratelli della moglie. Lui non sapeva cos’era una miniera. Si portava pane, salame e formaggio, poi però il pane diventava tutto nero». L’anno dopo moglie e figli lo raggiungono. «Avevo dieci anni, vivevamo in una baracca, senza bagno, giusto una stufa, io sapevo dire solo “football” e mi prendevano in giro: “mangiatore di spaghetti”». Il suo sogno era la musica, la studiava già in Italia e continua lì. Contro la volontà del padre. La parola lotta è quella che ripete più spesso. «Lottavo, lottavo, lottavo per andare avanti. A 13 anni andavo per locali a suonare canzoni di Nilla Pizzi, Claudio Villa, Luciano Tajoli. Ma mio padre non voleva, me lo diceva anche duramente, arrivò a buttare la mia fisarmonica fuori dalla porta».
La svolta è nel 1959 a un concorso. È in attesa sul palco, si mette a improvvisare e l’occhio cade sul poster di una marca di sigarette. Marina. Così nasce «una ragazza mora, ma carina». Perché «ma»? «Mio padre diceva di non sposare mai una bionda, perché sono belle ma non sono ragazze buone». Lo notano. Gli chiedono di vendere la canzone, 500 mila franchi: «Erano 12.500 dollari, mio padre non li guadagnava in 20 anni». Rifiuta. Testardo, lo si è capito. Vuol fare tutto lui. Incide il primo disco. Su un lato Marina , sull’altro Manuela , nessuno però lo vuole distribuire. Stampa a sue spese 300 copie e per un refuso Rocco Granata perde una «c», diventa Roco, che per un cantante, a meno che tu non sia Tom Waits, non è il massimo. Propone i primi 5 dischi a un negozio. Venduti il primo giorno. Da lì le sue note iniziano a diffondersi. Arriva negli Stati Uniti, in tv all’Ed Sullivan Show, in Italia a Sanremo. Marina è una hit mondiale, più di 500 versioni, da Dalida a Claudio Villa, dai Gipsy Kings a Morandi: «Toots Thielemans ne ha fatto un rifacimento tra jazz e bossa nova formidabile. Ma sono formidabili anche quelli di Dean Martin e Carosone».
Marina (il film) diretto da Stijn Coninx sarà al Festival di Roma come evento speciale sabato e uscirà il 9 gennaio. Nel cast Matteo Simoni (Rocco), Luigi Lo Cascio (il padre) e Donatella Finocchiaro (la madre). Racconta Lo Cascio: «È la storia esemplare di un ragazzo che si costruisce il destino con le sue mani, facendo sacrifici. Il padre vorrebbe per lui, sembra un ossimoro, sogni concreti, non la musica. Ma alla fine riesce a realizzare il suo desiderio». Ammette: «Conoscevo la canzone, non chi la cantasse. In Belgio Granata è una star assoluta, sono andato a cena con lui, sembrava di stare con Vasco Rossi».
Orgoglioso il 75enne Rocco Granata: «A Genk mi hanno dedicato pure una statua, ma Marina è di sangue calabrese. Mi dispiace che a Cosenza non ci sia niente a ricordarlo. Basterebbe un palo di cemento a corso Mazzini».
Renato Franco