Philippe Daverio, Corriere della Sera 5/11/2013, 5 novembre 2013
IL TEDESCO CHE VIVEVA CON L’ARTE «DEGENERATA»
All’origine di questa funesta faccenda stanno due personaggi che lasciano riflettere con ansia sulle perversioni dell’umanità. L’uno è il tetro imbianchino austriaco che divenne il Führer del Terzo Reich, l’altro è un signore dal cognome apparentemente ebraico ma che con il mondo di Davide nulla aveva più a che fare, tale Alfred Rosenberg, teorico del partito nazista, pagano dichiarato al quale si deve parte delle tesi che portarono a dichiarare «degenerata» l’arte che non fosse banale e figurativa. Fu processato a Norimberga e impiccato. La storia ha talvolta riscontri inattesi, se si pensa che a Parigi Léonce Rosenberg, non parente del primo e invece fiero della sua origine ebraica, era stato il mercante di Picasso e di de Chirico. Le dittature vogliono uno stile unico e di consenso. Zdanov per conto di Stalin epurò l’arte russa sin dalla metà degli anni 20. Nel 1937, per dare una indicazione precisa all’estetica che il regno dei 1000 anni voleva plasmare e sotto la pressione dello stesso Hitler che si reputava buon pittore e formidabile urbanista, viene decisa una mostra dal titolo «Entartete Kunst», prima a Monaco e poi a Berlino, che avrà un potente successo di pubblico e alla quale verranno convogliate folle di truppe cammellate. È un riassunto del meglio delle avanguardie composto da confische presso privati, gallerie e musei. Le opere devono sparire. Ma siccome valgono già del danaro si decide di non bruciarle come s’era fatto con i libri ma di metterle discretamente in vendita. Qui entra in scena un personaggio equivoco, Hildebrand Gurlitt. Nato a Dresda, figlio dello storico dell’arte Cornelius Gurlitt, con un fratello musicologo Wilibald e un cugino mercante d’arte Wolfgang, si dedica all’antropologia e finisce direttore del museo di Zwickau, posto che perde già nel 1930 perché non considerato «ariano» certificato, a riprova che l’antisemitismo era nell’aria già prima della presa del potere di Hitler. Va a dirigere il Kunstverein di Amburgo ma perde anche lì il posto nel 1933 quando ormai il potere nazi è affermato. Non esce di scena: è diventato mercante d’arte e si offre come acquirente per le opere dell’arte degenerata. Le acquista per esportarle. Invece se le tiene e il figlio le ha conservate nascoste come un bottino nella sua casa di Monaco, come gli accumulatori di pattume nelle trasmissioni tv americane.