Edoardo Cavadini, Libero 5/11/2013, 5 novembre 2013
ORA BARILLA SI FA «RIEDUCARE» DAI GAY
Dalla messa all’indice con l’accusa di essere un pericoloso omofobo all’assunzione del «gay più potente d’America», il passo non sembrerebbe così breve. Ma se di mezzo ci sono soldi (tanti), un marchio storico da difendere, e la pressione di media e lobby potenti, il rischio di una figuraccia si può correre tranquillamente. Così almeno deve aver pensato il presidente del gruppo Barilla, protagonista di una clamorosa piroetta che merita di essere spiegata.
È ancora fresco il video in cui un Guido Barilla contrito, pallido in viso e voce incerta, faceva pubblica ammenda per aver «colpito la sensibilità di molte persone in tutto il mondo». In quelle ore di fine settembre, il patron - che tiene le redini dell’impresa di famiglia assieme ai fratelli Luca e Paolo - era sottoposto a un bombardamento mediatico a tappeto per un’intervista alla Zanzara di Cruciani e Parenzo nella quale aveva ammesso - allora candidamente - che pur avendo rispetto per le persone gay «non farei uno spot con una famiglia omosessuale perché non la penso come loro e penso che la famiglia cui ci rivolgiamo noi è una famiglia classica». Il Re Leone, così chiamato in quel di Parma per la criniera sale e pepe, si era spinto oltre: «Se ai gay piacciono la nostra pasta e la nostra comunicazione mangeranno la nostra pasta, altrimenti ne mangeranno un’altra». Concludendo con un’affermazione di principio («Uno non può piacere sempre a tutti per non dispiacere a nessuno») che aveva fatto scattare l’applauso: finalmente qualcuno non ha paura di fare quel gesto straordinariamente rivoluzionario, irresponsabile, controcorrente come difendere la famiglia tradizionale. Un eroe post-moderno, avevamo pensato.
Ma già mentre le sue parole solcavano l’etere, su siti e social network era partita la caccia «all’omofobo, razzista, criminale», con promesse di boicottaggio di massa ai fusilli rigati e al pan bauletto prodotti nel mulino più famoso d’Italia. A rimorchio erano ovviamente arrivati anche gli strali della Cgil («patrimonio che rischia di essere buttato a mare da parole sciagurate»), di un premio Nobel ex testimonial (Dario Fo), del cantautore di sinistra amico di lunga data («è un povero cretino», copyright Roberto Vecchioni), tanto che qualche uomo dei numeri in azienda deve avergli tirato un boccolo, costringendo il buon Guido - prima sulle agenzie e poi davanti alla telecamera - a pubbliche scuse, talmente repentine e così poco spontanee da lasciare l’amaro in bocca.
Questi i fatti fino a ieri. Fino a quando, cioè, l’azienda ha comunicato due iniziative su «uguaglianza, inclusione e diversità» (un trittico che, curiosamente, sul sito ufficiale viene ripetuto più volte come un mantra da interiorizzare, o forse una tabellina da mandare a memoria pena bacchettate sulle nocche?) che inaugurano l’apposita sezione denominata - ovviamente - “Diversity & Inclusion”. Di cosa stiamo parlando? In primis il gruppo leader della pasta italiana ha creato - si legge - un apposito «board per aiutare Barilla a diventare un’azienda modello per diversità e inclusione, migliorando lo stato di diversità e uguaglianza tra il personale e nella cultura aziendale in merito a orientamento sessuale, parità tra i sessi, diritti dei disabili e questioni multiculturali e intergenerazionali». Del suddetto organismo farà parte, oltre al campione paraolimpico Alex Zanardi, anche David Mixner, esponente di spicco dei movimento Lgbt (Lesbo, gay, bisessuale e transgender) e - come scritto nella sua bio sul sito - «eletto da Newsweek il gay più potente d’America».
Insomma, il marchio che conta 140 anni di storia, quattro generazioni e 30 stabilimenti nel mondo ha ben deciso di (ri)educare i propri 8mila dipendenti mandandoli a lezione di «uguaglianza, inclusione e diversità» da un guru dell’omosessualità. Se tutto ciò farà parte di nuovi corsi di aggiornamento interni, se verrà contabilizzato con un integrativo in busta paga o se chi verrà beccato a bigiare sarà punito non è dato sapere. Certo tornano alla mente le ultime parole pronunciate nel famoso video da Guido Barilla: «Nelle prossime settimane mi impegno a incontrare gli esponenti delle associazioni che meglio rappresentano l’evoluzione della famiglia, tra i quali coloro che ho offeso con le mie parole» (si riferiva ai gay, ma il trauma era ancora fresco e quindi guai a nominarli). Detto, fatto: pare che questi siano i frutti della profonda riflessione di chi, per scampare a un vero linciaggio, aveva dovuto ammettere «ho molto da imparare».
E poi c’è la seconda iniziativa, questa molto più pop, fresca e trendy, ovvero un concorso che la Barilla ha indetto per premiare «i migliori video sulla diversità che saranno presentati alla comunità web che potrà esprimere il proprio apprezzamento, potrà condividerli e votarli». Riconoscimento finale in denaro per i vincitore incluso. Un’operazione di marketing vecchio stile, neanche tanto ingegnosa per chi ci ha abituato a pubblicità e colpi promozionali ricercati, belli da vedere, insomma un vero marchio di fabbrica. Ma tant’è. L’importante, pare di capire, è provare a uscire dal mirino degli strali della comunità non eterosessuale, e tornare a essere “presentabili” in Italia e nel mondo. Questione di vile denaro o sincero pentimento? Di certo il Guido Barilla della Zanzara appariva genuino. Questo, un po’ meno.