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 2013  novembre 05 Martedì calendario

LA NORMA D’ORO DEI GRAND COMMIS COSÌ CATRICALÀ E PATRONI GRIFFI GUADAGNANO PIÙ DEI MINISTRI


[dati alla fine]

QUANDO di recente il direttore generale del Tesoro Vincenzo La Via è andato in Consiglio dei ministri, è incappato in un imprevisto. I carabinieri all’ingresso l’hanno fermato, sospettando fosse un estraneo. C’è da capirli, perché la sua auto di servizio era una Fiat Punto, il massimo che abbia deciso di permettersi l’uomo incaricato di gestire il terzo più vasto debito al mondo. Non se n’erano viste molte al cancello di Palazzo Chigi, prima di quel giorno.
In cortile La Via ha lasciato la sua utilitaria fra molte auto blu lunghe il doppio, benché anche per il resto del governo sia tempo di austerità. Il decreto legge 54 del 21 maggio 2013, redatto dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Filippo Patroni Griffi, sancisce che i ministri «non possono cumulare il trattamento stipendiale». È la norma sulla trasparenza. Funziona così: chi è ministro non può ricevere anche il compenso da parlamentare, se è stato eletto, ma deve scegliere fra i due. Poiché lo stipendio lordo da ministro è di 63 mila euro l’anno e quello di deputati e senatori di 135 mila, tutti hanno optato per quest’ultimo; invece i ministri non parlamentari hanno diritto a essere equiparati, dunque anche loro prendono 135 mila.
Tutti pari dunque, o meglio quasi tutti. Perché il decreto redatto da Patroni lascia aperta un’opzione (articolo 3, comma 1 bis) che nei fatti permette a lui stesso e al viceministro dell’Economia, Antonio Catricalà, di guadagnare molto più degli altri membri del governo. Più del premier e dei ministri loro superiori per grado e responsabilità. E, naturalmente, è tutto legittimo. Quel piccolo comma nel decreto trasparenza rimanda infatti all’articolo 1 della legge 418 del 1999 che, appunto, equipara il trattamento dei ministri non parlamentari a quello dei parlamentari. A corredo poi ci sono anche altre due leggine del ’93 e dell’80, anni d’oro dell’edificazione del debito, che permettono a Patroni e Catricalà di conservare la paga dell’amministrazione pubblica dalla quale sono in aspettativa. Per l’appunto, sono entrambi presidenti di sezione del Consiglio di Stato. Catricalà è fuori ruolo da dodici anni e Patroni da due, ma ciò non impedisce loro promozioni e scatti di carriera nell’amministrazione d’origine. Risultato: Oberdan Forlenza, segretario generale della Giustizia ammini-strativa, comunica che il Consiglio di Stato versa sia a Patroni che a Catricalà 243.911,91 euro lordi l’anno per un lavoro che nessuno dei due svolge. Tutto perché il decreto 54 del 21 maggio di maggio rimanda a una legge del ’99 che, nel contesto di un’altra legge dell’80 (la 146, articolo 47, comma 2) e di una del ’93 rivista nel 2001 (165, articolo 68, comma 1), di fatto permette l’esatto contrario dell’equiparazione. E lo chiamano decreto «trasparenza».
I compensi di Patroni e Catricalà appaiono però un po’ meno imponenti in proporzione, se solo si dà un’occhiata alle retribuzioni dei dirigenti di prima fascia e dei capi gabinetto a Palazzo Chigi. Elisa Grande, vicesegretario generale, prende 236 mila euro lordi l’anno. A Guido Carpani, capo gabinetto del ministro della Pubblica amministrazione Giampiero D’Alia, ne spettano 225 mila. Oltre a loro altri 25 dirigenti viaggiano sopra i 200 mila, molto sopra i ministri e il premier che sono chiamati a servire. Ferdinando Ferrara, Diana Agosti (moglie di Catricalà e dirigente di carriera da tempo), Ferdinando Ferrara e Alberto Stancanelli sono a quota 218 mila. E in media, ognuno dei circa cento dirigenti di prima fascia della presidenza del Consiglio percepisce 188 mila euro lordi l’anno.
Il perché è semplice: raggiungere il massimo degli obiettivi e del rendimento, dunque ricevere il massimo dei premi di risultato e della parte variabile della paga, a Palazzo Chigi risulta frequente. E con una buona parte variabile, legata ai risultati, si raddoppia quasi la paga. Questa non è la Gran Bretagna, dove il premier David Cameron ha detto che i funzionari più efficienti per definizione dovevano essere tali: dunque non tutti possono essere i migliori da premiare, ma non più del 25% dei funzionari in ogni dipartimento, sulla base di criteri verificabili in dettaglio da tutti. A questo scopo, Cameron ha formato una commissione ad hoc di esterni all’amministrazione.
Se il resto delle amministrazioni d’Italia premia come Palazzo Chigi, il commissario alla spending review Carlo Cottarelli sa già che razza di lavoro lo aspetta. Nel frattempo, meno di 20 dei 90 miliardi di arretrati dello Stato sono già stati dati alle imprese. Gli insegnanti delle superiori che hanno fatto corsi di recupero, sono stati pagati tre mesi in ritardo e in certi casi non ancora. Non è certo colpa di Patroni o di Catricalà. Ma se non per solidarietà, almeno per sensibilità istituzionale, finché questi debiti non saranno saldati loro due potrebbero magari sorprenderci. E farsi pagare per il mestiere che fanno. Non quello da cui sono in congedo.
(Ha collaborato Riccardo Rimondi)

Dati:

LE RETRIBUZIONI SUPERIORI A 200 MILA EURO A PALAZZO CHIGI:

• Franco Gabrielli – 300
• Luigi Ferrara – 236,6
• Elisa Grande – 236,6
• Agosti Diana – 218,6
• Marcella Castronovo – 218,6
• Ferdinando Ferrara – 218,6
• Antonio Naddeo – 218,6
• Ferruccio Sepe – 218,6
• Alberto Stancanelli – 218,6
• Paola Paduano – 211,6
• Luca Antonini – 209,6
• Caterina Cittadino – 209,6
• Giovanni Serpelloni – 209,6
• Ermenegilda Siniscalchi – 209,6
• Renato Catalano – 206,6
• Paola D’Avena – 206,6
• Patrizia De Rose – 206,6
• Anna Lucia Esposito – 206,6
• Alessandra Gasparri – 206,6
• Giovanni Roberto Marino – 206,6
• Calogero Mauceri – 206,6
• Ilva Sapora – 206,6
• Angelo Borrelli – 203,6
• Donato Atturbato – 201,9
• Gerardo Capozza – 201,6
• Carlo Presenti – 200,6

(migliaia di euro)