Roberto Toscano, La Stampa 5/11/2013, 5 novembre 2013
UN SALTO NELLO SPAZIO PER CONTARE DI PIÙ SULLA SCENA MONDIALE
L’India punta su Marte. Con l’ambizioso lancio della Mars Orbiter Mission (Mom) l’India tende non solo a dimostrare di avere raggiunto il più elevato livello di sviluppo scientifico-tecnologico, ma più in generale ad affermare un rango globale che va molto al di là delle attività spaziali.
Ieri il «Times of India», uno dei principali quotidiani nazionali, commentava la vigilia del lancio toccando nel testo dell’articolo solo la dimensione scientifica dell’impresa ma, significativamente, intitolava: «La missione verso Marte mira a potenziare le credenziali dell’India».
Non da oggi lo spazio è stato uno dei terreni privilegiati per una competizione in cui la vera posta in gioco non erano la scienza e la tecnologia, ma il prestigio dei Paesi, il loro rango, il loro status. Di fronte alla messa in orbita di una capsula con a bordo Yuri Gagarin, nel 1961, l’America si sentì surclassata, umiliata, e trasse spunto da quella sfida per impegnarsi in uno straordinario sforzo capace di mobilitare con successo enormi capacità sia organizzative che scientifiche. Doveva dimostrare che non era stata battuta, che contava ancora più degli altri Paesi, e soprattutto più dell’Urss.
Come dice Nicolò Machiavelli, non è solo la forza a determinare il peso dei soggetti politici, ma anche la «fama». E l’India ci tiene molto alla propria fama, e anche in questo caso una delle molle essenziali riveste una natura chiaramente competitiva. Per l’America c’era l’Urss, per l’India soprattutto la Cina, che recentemente ha dimostrato un notevole attivismo in campo spaziale.
Non manca, negli ambienti politici e intellettuali indiani, chi manifesta una certa indifferenza rispetto a questo evento, riflettendo l’indiscutibile caduta del fascino delle imprese spaziali che si registra un po’ ovunque. E anche a livello popolare non si registrano grandi entusiasmi.
Ma la critica più sostanziale si riferisce piuttosto a una riflessione su quelle che dovrebbero essere le priorità di un Paese che è tuttora alle prese con enormi problemi sociali e con pesanti carenze infrastrutturali: la scienza e la tecnologia spaziali sono avanzate, ma l’istruzione pubblica a livello di scuola elementare è in condizioni penose; si raggiungono i pianeti ma le strade sono spesso impercorribili.
Niente di nuovo, certo, se si pensa a quali fossero le condizioni dell’Unione Sovietica alla fine degli anni ’50, al momento del suo straordinario sforzo e del clamoroso sorpasso degli Stati Uniti in campo spaziale. E in fondo anche rispetto agli Stati Uniti, seppure ad altri livelli, non si può certo dire che il colossale sforzo sostenuto per il programma spaziale rivestisse una priorità obiettiva rispetto ad altre finalità del Paese (sanità, istruzione, lotta alla povertà).
Eppure sarebbe un errore non attribuire a questo «exploit» spaziale un significato politico molto concreto e non secondario.
In un mondo che ha visto in pochi anni la fine del bipolarismo americano-sovietico e il rapido tramonto del sogno unipolare americano, l’India è obiettivamente uno dei pochi Paesi che possa aspirare a essere uno dei soggetti costituitivi di quel multipolarismo che sembra oggi essere l’unica opzione realistica per la gestione del sistema internazionale.
In fondo anche lo sforzo sostenuto dall’India per dotarsi di armi nucleari si può interpretare in questa chiave, mentre sarebbe riduttivo interpretarlo unicamente con riferimento alle tensioni con il Pakistan, e anche come elemento di equilibrio e deterrenza rispetto alla potenza della Cina.
Il valore strategico-militare delle armi nucleari è inferiore al loro senso politico. Basti considerare l’attaccamento di Francia e Regno Unito al possesso di armi nucleari: certo non interpretabile in chiave di deterrente militare (fra l’altro non si saprebbe bene nei confronti di chi).
Francia e Regno Unito si tengono ben stretto uno status nucleare che non ha alcuna giustificazione in termini di sicurezza, ma che sostiene l’inflessibile rivendicazione del loro status, per moltissimi versi obsoleto, come membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. L’India sta da tempo cercando di aggiungere elementi per sostenere la propria candidatura a un seggio permanente. L’arma nucleare costituisce evidentemente uno degli aspetti essenziali di questa aspirazione, ma rango e prestigio hanno bisogno di altre conferme, di altre «pezze d’appoggio».
Ed è qui che anche lo spazio conta, nella misura in cui soltanto un numero estremamente ridotto di Paesi è in grado di competere seriamente su questo terreno. L’India punta su Marte ma pensa a New York – e al proprio futuro di Grande Potenza.