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 2013  novembre 04 Lunedì calendario

QUANDO LA BOLOGNA DI LONGANESI «PECCAVA, MA ERA VIVA»

[Un vecchio articolo ritrovato de «Il Borghese»] –

Leo Longanesi (1905-57), che nac­que a Bagnacavallo, e visse a Roma, Napoli e Milano, considerava «sua» sol­tanto una città, Bologna, dove «ci ho la­sciato il cuore». E dove, fra il 1910 e il 1930, fece e disfece di tutto: frequentò li­ceo e università, senza finirla, collaborò a giornali, li fondò e li chiuse, iniziò la sua attività editoriale, frequentò i caffè lette­rari e il giro dei nottambuli, diventò ami­co dei gerarchi, poi fece loro la fronda. Si divertì, crebbe, lavorò, e poi se ne andò, dalla casa in via Irnerio, dalla sua Bolo­gna...
Ci tornerà, illuso di ritrovarla uguale, tanti anni dopo, scoprendo che il fervore della città si era appassito, la vitalità di al­lora era solo un ricordo. «C’erano i vi­veurs , quelli che prendevano la “bian­ca”, e che poi finivano i loro giorni con un colpo di pistola alla tempia, o che guada­gnavano una medaglia in guerra; ce n’erano di quei tipi,ma colorivano lacit­tà, arricchivano l’umore cittadino. Per­ché una città è sempre popolata di gente perbene e di gente permale:di chi fa l’ele­mosina e di chi sperpera e pecca. Sì, ami­ci, la mia città, ai miei tempi, peccava, peccava all’ingrosso,ed era felice e viva».
Era felice e viva... Perché Leo Longane­si quando tornò a Bologna, non la rico­nobbe. Lo raccontò in uno splendido pezzo uscito su Il Borghese il 23 dicembre 1955, che ora viene pubblicato in un li­briccino della casa editrice Henry Beyle, col titolo Faust a Bologna . Un elogio (fu­nebre) della città che fu. «Era una città ric­ca, Bologna, allora [...]. La notte era un nuovo giorno, popolato di tiratardi. E i ti­ratardi, si sa, peccano, a volte, ma discor­rono, discutono, giocano con le idee...». E ora, in visita al nuovo caffè cittadino, il Modernissimo , quello che vede Longane­si è una città spenta, di fronte a un televi­sore acceso.