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 2013  novembre 04 Lunedì calendario

OGNI ANNO, 181 MILIONI DI INTERCETTAZIONI: +22,6% DAL 2006


IL FOCUS
ROMA Al presidente della commissione giustizia del Senato, Francesco Nitto Palma, se chiedi a che punto è in Parlamento la riforma delle intercettazioni telefoniche ti risponde subito che «è una riforma che non interessa a nessuno portare avanti e definirla». Forse, neppure nelle stesse ore in cui un ministro di Giustizia si dice «certa di essere intercettata».
IL RAPPORTO SEVERINO
Eppure le cifre non consentono distrazioni: ogni anno in Italia, secondo il Rapporto Eurispes commissionato dal ministero di Giustizia (epoca Severino), si eseguono circa 181 milioni di intercettazioni e il fenomeno, guardando il numero di bersagli/utenze (come il gergo tecnico-investigativo li definisce) dal 2006 ad oggi è aumentato del 22,6 per cento. Con un aumento della spesa, in tempi di bilancio dello Stato al limite del default, del 6,8%: tra il 2008 e il 2010 la spesa per le intercettazioni passò da 266 a 284 milioni di euro. Di qui, pure il provvedimento dell’ex ministro Paola Severino con la direttiva per la gara unica nazionale sulle intercettazioni telefoniche, telematiche e ambientali. Inpratica, ogni procura era costretta a subire i prezzi a seconda del fornitore dei servizi. La gara unica, senza incidere su quantità e qualità delle intercettazioni ha già consentito notevolissimi risparmi di spesa ed un recupero di risorse umane presso gli uffici giudiziari.
TUTTI SOTTO ASCOLTO
Oggi la Cancellieri, intercettata. Ieri il capo dello Stato, sia pure indirettamente, nelle indagini sulla presunta trattativa Stato-mafia. Ancor più nel recente passato, l’ex ministro di Giustizia Mastella, intercettato illegalmente nel processo Why not che istruì l’ex pm De Magistris, e poi una banca dati nelle mani di un ex funzionario di polizia (milioni di controlli sul traffico telefonico di centri nevralgici del Paese, dalla presidenza del Consiglio a uffici giudiziari), lo stesso Berlusconi.
I DATI
Secondo i dati forniti dall’ufficio statistico dle ministero della Giustizia, tra le diverse tipologie di intercettazione, quelle telefoniche rappresentano il 90% del totale (125 milioni) quelle ambientali l’8,4% (11milioni) e, infime, quelle informatiche e telematiche solo l’1,6% (2.172 milioni). Ma si può cambiare strada? «Ogni qualvolta si tenta di farlo - disse Paola Severino nei giorni del conflitto tra la procura di Palermo e il Quirinale - si riaccende oltre lo scontro giustizialisti-garantisti. Quello scontro, come abbiamo visto in questi anni, non porta da nessuna parte perché è interesse di tutti procedere verso una graduale accentuazione dei valori della deontologia, che deve coinvolgere le parti in causa: magistrati, avvocati e giornalisti». Ma il caso Quirinale era del tutto estraneo al tentativo di riforma, l’ennesimo, che voleva compiere il ministro Guardasigilli dell’epoca, con l’imprimatur di Mario Monti. Ma sulla riforma delle intercettazioni converrebbe mettere il timbro «impossibile».
LA LEGGE DEL ’74
Ci aveva provato il governo Prodi, poi quello Berlusconi. Poi ancora i tecnici di Monti. La prima legge è del 1974, quindi non nasce ieri la riflessione anche giuridica sul tema delle intercettazioni. Ma ora è tutto fermo, su un binario morto. «Inutile calendarizzare i lavori - dice ancora Nitto Palma, presidente della commissione giustizia del Senato - il provvedimento è stato approvato alla Camera, ma è fermo». Dietro tutto ci sono i rischi: che si depotenzino le indagini contro il grande crimine, come dicono i magistrati oppure che si mini la libertà di stampa, come sostengono i giornalisti. Ma il punto centrale della riforma è tracciare una separazione netta tra le intercettazioni penalmente rilevanti e quelle irrilevanti. Ora è tutto fermo, sul binario morto dell’Italia che si divide «a rate» sul tema intercettazioni. Quando scadrà la prossima, si tenterà di correre ai ripari, con le analisi, ma spesso senza pagare il prezzo della concretezza.