Bianca Di Giovanni, l’Unità 4/11/2013, 4 novembre 2013
GLI EX TREMONTI-BOYS SONO AL SICURO, ANCHE MILANESE
Marco Milanese, fedele consigliere politico di Giulio Tremonti e ex deputato del Pdl, è tornato a insegnare alla scuola superiore dell’economia e delle finanze. Non sono bastate le inchieste sulla P3 e sulle vicende legate agli appalti Enav a fermare la carriera interna dell’ex finanziere «prestato» alla politica. I magistrati non hanno nemmeno fermato i suoi emolumenti, che oggi arrivano a 194.332 euro l’anno. La notizia è riportata dal sito fiscoequo.it, che a sua volta riporta un’interrogazione del M5S al ministero dell’Economia. Dalla replica si evince che il consiglio di disciplina della scuola ha sospeso l’azione disciplinare irrogata dal rettore. «L’incarico, scrivono i grillini, è stato conferito «nonostante una condanna in primo grado, un rinvio a giudizio ed un’inchiesta della magistratura che lo vede coinvolto proprio insieme all’ex ministro Tremonti».
Nella risposta il ministero dell’Economia ripercorre tutta la carriera del «professore», dalla nomina (non l’assunzione, in questo caso non serve il concorso, a proposito di «buona amministrazione») nel luglio 2004 all’aspettativa per mandato parlamentare alla richiesta di riammissione nel marzo 2013.
Così, in forza di regole e regolamenti, Milanese rientra e solo dopo il reintegro il Rettore «si ricorda» che ci sono delle inchieste giudiziarie aperte. Eppure le cronache di tutto il 2012 sono fitte di notizie al riguardo. Comunque il Rettore ci prova e chiede alle «procure della Repubblica di Milano, Napoli e Roma - si legge - i correlati elementi conoscitivi per l’eventuale esercizio del potere disciplinare». Insomma, si avvia la sospensione. Che fa a quel punto la Scuola? Il collegio di disciplina «considerata l’impossibilità di procedere ad autonomi accertamenti delle condotte contestate al professor Milanese - si legge nella risposta - trattandosi di fatti non ascrivibili all’esercizio delle funzioni di professore della Scuola, sui quali sono in corso complesse indagini penali, ha espresso il parere di sospendere i procedimenti disciplinari fino al termine di quelli penali». Verrebbe da ridere se non ci fosse da piangere. A parte l’opinabile giudizio di «estraneità» dei fatti rispetto alla sua attività di docente (sic), c’è da aggiungere che ha il sapore della beffa una decisione di un consiglio di disciplina che sospende la sospensione del Rettore, pur di reimmettere in organico una persona coinvolta in diverse indagini. Certo, vale sempre la regola della non colpevolezza, e in questo magari le regole sono tutte rispettate, ma la regola del buongusto è finita nel cestino.
Ci mancherebbe poi che quelli della Scuola superiore dell’economia e delle finanze non conoscono le regole: spesso sono loro a scriverle. E le sanno scrivere bene, se è vero (come è vero) che nei loro confronti non è valsa nessuna spending review, nessun taglio lineare, nessun «tetto» agli stipendi. Mentre si parlava di fannulloni, mentre oggi si polemizza sui precari della Pa, mentre interi settori dell’amministrazione sono a rischio default per mancanza di risorse, a quelli della Scuola non sono mai mancate. Il motivo è semplice: gli organismi dirigenti di quell’istituto hanno sempre inglobato in blocco gli uffici di diretta collaborazione con il ministro. Ai vertici della Ssf sono rimasti per anni i «Tremonti boys», con emolumenti stellari. «Scorrendo l’elenco dei professori ordinari - scrive Fiscoequo - troviamo, tra gli altri, Vincenzo Fortunato, ex capo di gabinetto di Tremonti, con 301.320 euro, Marco Pinto, ex capo dell’ufficio legislativo del Mef, con lo stesso stipendio, ora in aspettativa, e Gaetano Caputi, anch’egli un tempo all’ufficio legislativo del Mef e ora fuori ruolo in quanto direttore generale della Consob. Tutti personaggi che in forza di una "normetta" ad hoc sono stati nominati professori ordinari della Scuola senza alcun concorso e hanno utilizzato la Scuola per “arrotondare” il loro già generoso stipendio».
Va aggiunto che tra le «normette» ce n’era anche una che equiparava i docenti a quelli universitari, dando loro la possibilità di accedere a una cattedra dopo un passaggio (senza concorso) alla scuola. Questo, almeno, è stato corretto, non si sa se per amore di giustizia o se per forza corporativa degli atenei. Il resto è rimasto sempre uguale, dopo le modifiche al regolamento immese da Tremonti nel 2003.
Anche il secondo governo Prodi non è riuscito a smuovere granché. A cambiare sono state solo le cifre. Nel giro di 4 anni il bilancio della scuola è passato da 4,4 milioni nel 2001 a 39,6 nel 2004.